L’inflazione USA metterà in difficoltà la Fed?

Il dato odierno sui prezzi ha mostrato come, almeno per ora, i dazi non abbiano avuto un grosso impatto, elemento che potrebbe condizionare l’istituto centrale la prossima settimana quando deciderà sulla sua politica monetaria.
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Inflazione USA in raffreddamento
Inflazione negli Stati Uniti e Federal Reserve a stretto contatto, con l’istituto centrale che la prossima settimana (17 e 18 giugno) terrà la sua riunione di politica monetaria.
I dati diffusi oggi mostrano un indice dei prezzi al consumo ‘core’ (esclusi alimentare ed energia) in crescita dello 0,1% da aprile, secondo i dati diffusi oggi dal Bureau of Labor Statistics, mentre rispetto al maggio 2024 l’indice è aumentato del 2,8%, restando invariato rispetto al mese precedente. L'indice dei prezzi al consumo complessivo è aumentato dello 0,1%, con un aumento del 2,4% su base annua.
“I dati hanno mostrato che le pressioni inflazionistiche sono basse e non c’è stato alcun significativo impatto dei dazi, almeno per il momento”, secondo Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.
"L'inflazione a maggio è stata inferiore alle aspettative, il che suggerisce che i dazi non stanno avendo un impatto immediato significativo, poiché le aziende hanno utilizzato le scorte esistenti o hanno lentamente adeguato i prezzi a causa dell'incertezza della domanda”, spiega Alexandra Wilson-Elizondo, co-CIO globale di Multi-Asset Solutions in Goldman Sachs Asset Management, che aggiunge: “sebbene potremmo assistere ad alcuni aumenti dei prezzi dei beni in seguito, si prevede che i prezzi dei servizi rimarranno stabili, il che suggerisce che qualsiasi aumento dell'inflazione sarà probabilmente temporaneo”.
Le previsioni sulla Fed
A questo punto, la situazione per Jerome Powell potrebbe essere scomoda: cosa dirà il boss della Fed la prossima settimana nel corso della conferenza stampa per spiegare le regioni del mantenimento dei tassi quando per quattro mesi consecutivi abbiamo visto letture dell'indice dei prezzi al consumo vicine all'obiettivo di inflazione? Su Powell, inoltre, continueranno a pesare le pressioni di Donald Trump per un taglio.
Se “l’inflazione si sta raffreddando senza compromettere lo slancio", evidenzia Haris Khurshid, Chief Investment Officer di Karobaar Capital, ora “un taglio dei tassi è di nuovo in gioco, non c'è dubbio. Il secondo dipenderà dall'indice dei prezzi alla produzione (PPI), in particolare se avrà lo stesso andamento”.
Gli swap sull'inflazione hanno mostrato che gli operatori prevedono che l'indice dei prezzi al consumo (IPC) principale su base annua aumenterà fino a raggiungere un picco di circa il 3,2% verso fine anno. Questo dato è inferiore a quello di un mese fa, quando gli operatori avevano previsto un picco dell'IPC di circa il 3,6%. I future sui tassi d'interesse mostrano un aumento delle scommesse su due tagli dei tassi da parte della Fed entro fine anno.
Ian Lyngen di BMO Capital Markets afferma che in effetti questo rapporto sull'IPC "al margine" supporta la previsione mediana dei responsabili delle politiche della Fed di un tasso di riferimento invariato da marzo, quando i responsabili politici avevano previsto tagli di 50 punti base per il 2025.
"Nel lungo termine, permangono ancora preoccupazioni sul fatto che i dazi di Trump siano inflazionistici, ma questo rapporto è stato migliore del previsto e alimenta la speranza che la Fed possa intervenire con tagli dei tassi entro la fine dell'anno", ha affermato Robert Pavlik, senior portfolio manager di Dakota Wealth.
Per Lyngen, “i dati sull'inflazione hanno dato agli operatori finanziari il permesso di aggiungere qualche punto base in più alle loro scommesse sui tagli dei tassi entro la fine dell'anno, sebbene non abbiano superato le previsioni della Fed di due tagli in tale arco temporale. La continua convergenza tra mercati e responsabili politici attesta la natura ‘al meglio delle possibilità’ dei dati e rafforza l'idea che l'inflazione e la crescita negli Stati Uniti siano in un equilibrio migliore di quanto si pensasse in precedenza”.
L’inflazione deve ancora arrivare
Tutto scontato, dunque, si va verso un taglio? Come sempre, niente è sicuro. Skanda Amarnath, direttrice esecutivo di Employ America, segnala il potenziale aumento dei costi dell'elettricità. "Sebbene in apparenza i dati sull'inflazione sembrino piuttosto incoraggianti, un'inflazione dei beni modesta e alcuni dei dati più deboli sull'inflazione immobiliare sono il risultato del soft landing ottenuto lo scorso anno. Nel frattempo, è probabile che assisteremo a un'accelerazione significativa dell'inflazione dei beni e dell'elettricità più avanti quest'estate, entrambe minacce che minacciano di mantenere i tassi di interesse più alti per un periodo più lungo, aumentando di conseguenza il rischio di recessione”.
Per Seema Shah, Chief Global Strategist di Principal Asset Management, ci vorranno mesi per avere una lettura chiara sui prezzi: “L'inflazione odierna, inferiore alle previsioni, è rassicurante, ma solo fino a un certo punto. Gli aumenti dei prezzi indotti dai dazi potrebbero non riflettersi sui dati dell'IPC per ancora qualche mese, quindi è decisamente troppo prematuro presumere che lo shock dei prezzi non si materializzerà. Proprio come i dati sull'attività economica, i dati sull'inflazione attuale lasciano pochi segnali e probabilmente dovremo aspettare fino alla fine dell'estate prima che gli impatti dei dazi inizino a farsi sentire, sia nei dati sui margini di profitto che in quelli sull'inflazione”.
Secondo Jochen Stanzl, analista capo di mercato di CMC Markets, “È possibile che l'inflazione indotta dai dazi debba ancora arrivare: l'inflazione tende a reagire con un ritardo molto lungo ai cambiamenti delle condizioni sottostanti. Ma, per il momento, gli investitori stanno scrollandosi di dosso questa preoccupazione, insieme al possibile rischio di recessione: i dati sull'inflazione di oggi sono una buona notizia per i rialzisti del mercato azionario”.
Fed ancora in disparte?
“Le condizioni economiche statunitensi con un mercato del lavoro in leggero declino e un’inflazione sotto controllo aumentano le probabilità per un possibile taglio dei tassi di interesse nel secondo semestre”, spiega Diodovich che però aggiunge: “Nel breve termine non esistono al momento le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie da parte della Fed. Crediamo che sia altamente probabile che la Fed possa continuare a monitorare l’andamento delle variabili macroeconomiche (in particolare inflazione, PIL e disoccupazione) e decidere nel corso dei prossimi mesi la direzione della politica monetaria. I tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo. Le nostre attese NON prevedono alcun taglio da parte dell’istituto almeno fino a settembre. Condividiamo l’opinione del Presidente della Fed di Chicago, Austan Goolsbee, che un taglio potrebbe essere effettuato dopo settembre quando saranno risolte tutte le controversie con i paesi colpiti dai dazi”.
Anche l'economista di CIBC Capital Markets, Ali Jaffery, non sembra ancora dare il via libera: le aziende "avrebbero potuto cercare di gestire le prime fasi della guerra commerciale accettando i dazi, nella speranza che prevalesse la calma". Ma se gli aumenti dei dazi dovessero rimanere in vigore, "report sull'inflazione più deboli come quelli di oggi non saranno la norma e, in questo scenario, ci aspettiamo un aumento dei prezzi core dell'1% nel tempo e una riduzione permanente dello 0,5% del Pil a causa dei dazi e dell'incertezza. Queste forze terranno la Fed in disparte fino a dicembre".
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