L'oro ancora in recupero e la volatilità potrebbe diminuire secondo gli analisti

La materia prima gialla era stata colpita dalla necessità di liquidità da parte degli operatori nonostante questi avessero aperto le posizioni come argine alla volatilità
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Prezzo dell'oro in ripresa
Il prezzo dell'oro prosegue il suo recupero dopo che nei giorni scorsi la tempesta sui mercati avevano spinto il prezzo del bene rifugio per eccellenza a 1.400 dollari l'oncia. Oggi l'oro torna sopra i 1.500 dollari, anche se resta lontano dal picco di 1.700 dollari toccato il 9 marzo scorso.
La pandemia da coronavirus aveva destabilizzato i mercati, attaccando sia il mercato azionario che quello delle materie prime, con il greggio che scivolava anche a 20 dollari al barile, sulla scia delle basse previsioni sull'inflazione e la domanda mondiale di petrolio.
L'oro veniva colpito da improvvise liquidazioni delle posizioni speculative sui future a cui si aggiungeva la necessità di chiudere le posizioni in oro nei portafogli internazionali, nonostante fossero state aperte come argine alla volatilità.
Secondo James Luke, co-gestore del fondo Schroder ISF Global Gold di Schroders, “i rivenditori di oro fisico stiano registrando vendite a livelli record” ma “la volatilità del settore dovrebbe diminuire nel prossimo futuro”.
Alla base di questa previsione restano gli interventi sui tassi di interesse che in questi giorni stanno decidendo le banche centrali di tutto il mondo, uniti a importanti programmi di Quantitative Easing, come quello deciso ieri dalla BCE.
Le cause del calo
Se gli istituti centrali nel 2019 hanno acquistato quantità record di oro col fine di aumentare le loro riserve monetarie, il calo dell'oro è causato anche da componenti strutturali, alla base delle performance della materia prima gialla.
Questo è causato “in primo luogo dal debito globale molto elevato che potrebbe pesare sulla crescita globale: le politiche monetarie dovrebbero essere sempre meno convenzionali portando a tassi di interesse reali molto negativi e a un focus sempre maggiore sui rischi del debito sovrano”, spiega Luke.
A questo si aggiunte il fattore dollaro, “sopravvalutato su base storica” secondo questo esperto, il quale potrebbe “arretrare favorendo l'ascesa del dollaro”. “Crescerà infatti l’attenzione verso il deficit Usa e verso la sostenibilità fiscale: una tendenza che potrebbe diventare ancora più importante dopo le elezioni di novembre 2020, indipendentemente da chi sarà il vincitore”, prevede Luke.
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