La BCE ignora l’arrivo della recessione: “avanti col rialzo dei tassi”

Il Fondo Monetario Internazionale avvisava ieri dell’arrivo di una recessione in Italia e in Germania per il prossimo, mentre per l’eurozona si attende una brusca frenata, ma oggi un membro del board della BCE dichiarava che l’istituto centrale europeo proseguirà per la sua strada anche in caso di una forte frenata dell’economia.
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Avanti tutta coi tassi
Gli avvisi dell’arrivo di una recessione per Italia e Germania nel 2023, con un forte rallentamento dell’economia per l’eurozona il prossimo anno, non spingono la Banca centrale europea a cambiare idea sulla strada dell’aumento dei tassi di interesse.
A confermarlo è stato il membro del consiglio direttivo dell’istituto europeo, Francois Villeroy de Galhau, secondo il quale “le preoccupazioni sull’arrivo di una recessione nell’area euro non devono impedire alla BCE di alzare i tassi”.
Piuttosto, gli alti livelli di inflazione implicano “che la BCE deve essere determinata”, aggiunge Villeroy, il quale pone l’accento sull’entità della stretta monetaria, ribadendo che il tasso dovrebbe raggiungere il livello neutrale, ovvero “un po’ meno del 2%”, entro la fine dell’anno.
Per ora, la scelta tra una stretta da 50 punti o da 75 punti base risulta “prematura”, aggiungeva il banchiere, considerando la volatilità attuale dei mercati.
L’avviso del FMI
Ieri il Fondo Monetario Internazionale aveva previsto una crescita del PIL nell’eurozona al 3,1% nel 2022 (+0,5% rispetto a luglio), a cui potrebbe seguire una brusca frenata, un +0,5% nel 2023 che rappresenta una profonda revisione al ribasso rispetto all’1,2% stimato sei mesi fa.
Aria di recessione per Italia e Germania, avvisava il FMI, con la contrazione per l’economia italiana vista dello 0,2% il prossimo anno, mentre addirittura peggiore sarà quella dei tedeschi, con un -0,3% (+0,8% stimata a luglio).
“Il peggio deve ancora arrivare”, avvisava il capo-economista FMI, Pierre-Olivier Gourinchas, viste anche le previsioni sulla crescita globale, ridotte al 2,7% per il 2023 rispetto al 2,9% attese a luglio, rappresentando la crescita più debole dal 2001, fatta eccezione per le recessioni innescate dalla crisi finanziaria e dal Covid 19.
Il quadro resta dominato dai rischi al ribasso, con la “potente” destabilizzazione alimentata dalla guerra in Ucraina, con un 25% di probabilità che la crescita globale scivoli sotto il 2%, un evento storico osservato negli ultimi 50 anni solo cinque volte, spiegava l’FMI.
“Più di un terzo dell’economia globale si contrarrà nel 2023”, aggiungevano, sottolineando come il prossimo sarà avvertito come un anno di recessione.
In questo contesto, fra le priorità di azione identificate dal Fondo c’è una lotta senza tregua all’inflazione. “Le banche centrali devono continuare ad agire in modo risoluto per riportare l’inflazione al loro target”, viste le previsioni di un aumento dei prezzi al consumo a livello globale dal 4,7% del 2021 all’8,8% nel 2022, per poi calare al 6,5% nel 2023, ovvero livelli ben lontani dall’obiettivo del 2% delle maggiori banche centrali e che mostrano come la strada sia ancora lunga.
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