La Fed aumenta i tassi, e ora?


L’aumento dei tassi USA, che segue quello delle BCE della scorsa settimana, è atteso causare un forte rallentamento della crescita economica che potrebbe portare alla recessione.

A cura di Antonio Tognoli Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso CFO Sim


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Settimana densa di dati importanti quella che si apre oggi, con il 2 novembre la FED dovrebbe annunciare un aumento dei tassi di 75 bp. Si comincia oggi con le vendite al dettaglio della Germania MoM di settembre in uscita alle 8:00 (stima -0,3% contro -1,3% di agosto). In seguito il PIL QoQ dell’Europa del 3Q22 (stima 1% contro 0,8% del 2Q22) prezzi consumo dell’Europa YoY di ottobre alle 11:00 (stima 10,2 contro 9,9% di settembre), PIL YoY dell’Italia del 3Q22 alle 10:00 (stima 2% contro 5% del 3Q21) e per finire PMI Chicago di ottobre alle 14:45 (stima 47 punti contro 45,7 di settembre).

Venerdì scorso l’inflazione di ottobre della Germania è risultata più elevata delle stime (10,4% contro 10,1 stimato), ma migliore è stata la crescita QoQ del PIL (+0,3% contro -0,2% del 2Q22), grazie alla crescita dei consumi. Gli analisti ritengono comunque che il prossimo trimestre farà registrare il segno meno, così come i successivi due.

In Italia l’inflazione di ottobre è balzata all’11,9% (contro il 9,6% atteso), livello decisamente più elevato anche rispetto alla Francia (6,2%) e alla Spagna (7,3%). In linea con le attese è risultata invece la fiducia dei consumatori del Michigan di ottobre (59,9 punti contro 59,8 stimato).

L’aumento di 75 bp da parte della FED (che sarebbe il quarto del 2022) porterà la forbice dei Fed Funds nel range 3,75% - 4,00%. Il mercato monetario sembra già prezzare nei rendimenti un livello dei Fed Funds intorno al 5% e prevede che a partire da Marzo 2023 la banca centrale USA potrebbe aver esaurito il ciclo di aumento dei tassi. Da qual momento in avanti potrebbe cominciare a ridurre nuovamente i tassi (vedremo a che livello starà la crescita economica). Più volte Powell ha ricordato come le decisioni della FED in tema di tassi saranno “Data Driven”, per cui diventa importante monitorare il flusso di dati mensili sull'inflazione e soprattutto sulla disoccupazione.

L’aumento dei tassi USA, che segue quello delle BCE della scorsa settimana, è atteso causare un forte rallentamento della crescita economica che potrebbe portare alla recessione.

I mercati finanziari che, come noto, tendono ad anticipare le tendenze macroeconomiche, potrebbero interpretare l’aumento dei tassi di interesse come un segnale di fiducia nell’economia. E questo perché ad una contrazione segue sempre una nuova crescita (dopo la pioggia torna sempre il sereno). Il rischio è quello che però si gonfi una bolla finanziaria.

Ma c’è anche l’effetto ricchezza: i depositi e i fondi patrimoniali tendono per esempio ad aumentare il loro valore. Ma diminuisce però il potere d’acquisto delle famiglie e si riduce la possibilità di chiedere denaro in prestito alle banche.

L’euro debole rispetto al dollaro e le altre valute, favorisce le aziende export oriented, ma mette in difficoltà quelle import oriented. Possibile quindi che ci sia un re-orientamento verso paesi meno costosi (è un caso che la politica monetaria cinese sia accomodante facendo scendere il valore dello yaun?).

La domanda è se l’azzardo delle banche centrali nell’alzare i tassi e lasciarli in zona restrittiva porterà effettivamente ad un controllo dell’inflazione e una moderata decrescita economica, oppure condurrà il sistema economico verso la recessione e con un’inflazione che fatica a ridursi (in altre parole, vicino alla stagflazione).

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