La Fed ha tagliato i tassi e aperto la porta ad altri due tagli entro fine anno

18/09/2025 06:00
La Fed ha tagliato i tassi e aperto la porta ad altri due tagli entro fine anno

Dopo il taglio della Fed, gli investitori si chiedono che cosa accadrà all’economia e quali saranno le prossime mosse della banca centrale

Una serie di scenari potrebbe concretizzarsi in futuro, dai più rialzisti ai più cupi. Il nostro scenario di base rimane sempre costruttivo, ma non escludiamo che un periodo segnato da enormi livelli di incertezza può rendere facile per gli investitori cadere in trappole comportamentali.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Richieste USA di sussidi settimanali alla disoccupazione (stima 245k contro 263k della scorsa settimana) e PhillyFed di agosto (stima 1.4 punti contro -0.3 punti di luglio), entrami alle 14:30.

Scende al 2% (dal +2.1%) la seconda lettura dell’inflazione YoY dell’Europa di agosto, perfettamente in linea con l’obiettivo della BCE. La Lagarde stessa nell’ultimo meeting a espressamente dichiarato che l’inflazione è esattamente dove la BCE vuole che sia. Ovviamente occorre capire se nei prossimi mesi rimarrà nell’intorno del 2% oppure, complici i dazi, non aumenti.

Come era nelle attese, la Fed ha tagliato i tassi di 25 bps e a sorpresa ha segnalato che altri due tagli sono in arrivo entro la fine dell’anno, mentre si intensificano le preoccupazioni sul mercato del lavoro statunitense. Nella dichiarazione successiva alla riunione, il comitato ha nuovamente definito l’attività economica come “moderata”, ma ha aggiunto che “l’aumento dell’occupazione ha rallentato” e ha osservato che l’inflazione ”è aumentata e rimane piuttosto elevata”. Una minore crescita dell’occupazione e un’inflazione più elevata sono in conflitto con il duplice obiettivo della Fed di prezzi stabili e piena occupazione. A questo punto, riteniamo che ci vorrebbe una significativa sorpresa al rialzo dell’inflazione o una ripresa del mercato del lavoro per far uscire la Fed dall’attuale traiettoria di allentamento monetario.

Le nuove proiezioni economiche mostrano che i membri del FOMC, nella mediana, prevedono ancora un'inflazione al 3% a fine anno, ben al di sopra dell'obiettivo del 2% di obiettivo, una stima invariata rispetto alle previsioni di giugno. Anche la previsione per la disoccupazione rimane ferma al 4.5%, mentre quella per la crescita economica è leggermente superiore, all'1.6% rispetto all'1.4% precedente.

Rispetto ai rischi di stagflazione che aveva spaventato gli investitori quando la Fed aveva rallentato i tagli per contenere l'inflazione, le nuove stime riflettono la convinzione della Fed che sia possibile prevenire un aumento della disoccupazione accelerando il ritmo delle riduzioni dei tassi, mentre l'inflazione dovrebbe rallentare gradualmente nel prossimo anno. La convinzione è quindi che i dazi imposti da Trump avranno soltanto un impatto temporaneo sull'inflazione. e le ultime previsioni sono coerenti con questa visione.

Non siamo d’accordo con questa visione, anche perché una volta cresciuti i prezzi rimangono al livello massimo raggiunto e, a parità di salario, riducono il potere d’acquisto reale di beni e servizi dei consumatori e/o il margine reddituale delle imprese. È quindi vero che l’impatto sarà temporaneo, ma gli effetti del rialzo dei prezzi si faranno probabilmente sentire almeno per tutto il 2026.

Gli investitori si chiedono ora che cosa accadrà all’economia e quali saranno le prossime mosse della banca centrale. Partiamo dall’analisi del mercato. L’S&P 500 è aumentato di oltre il 30% dal minimo dell’8 aprile e, nonostante le aspettative di rendimenti a una cifra bassa per il 2025 dopo due anni consecutivi con guadagni superiori al 20%, l’indice è già in rialzo di oltre il 10% dall’inizio dell’anno (YTD). Anche durante un periodo stagionalmente più debole nei mesi estivi, il trend rialzista delle azioni non ha mostrato segni di arresto.

La volatilità del mercato azionario nelle ultime settimane è diminuita, con il Volatility Index in calo di circa il 70% rispetto al picco di aprile. Anche i tassi d’interesse sembra si siano stabilizzati e l’indebolimento del dollaro statunitense ha rallentato. Ma sembra che il calo della volatilità non si sia ancora tradotto in un sentiment più positivo degli investitori. L’indagine sul sentiment dell’American Association of Individual Investors riflette ancora più orsi che tori. Il sentiment ribassista al 49.5% rimane insolitamente elevato e al di sopra della sua media storica del 31.0% per la 41ª volta in 43 settimane. Preoccupazioni come il potenziale di una bolla dell’IA, la stagflazione, le conseguenze ritardate di dazi più elevati, le valutazioni di mercato elevate, tra le altre, continuano a pesare sull’ottimismo degli investitori.

Dopo il taglio dei tassi e le nuove stime della Fed, una serie di scenari potrebbe concretizzarsi in futuro, dai più rialzisti ai più cupi. Il nostro scenario di base rimane sempre costruttivo, ma non escludiamo che un periodo segnato da enormi livelli di incertezza può rendere facile per gli investitori cadere in trappole comportamentali e lasciare che le emozioni offuschino le decisioni di investimento.

Crediamo quindi che gli investitori debbano considerare alcune analisi mentre navigano nel resto del 2025 e oltre. Tra queste:

  • sfruttare la volatilità del mercato azionario. Un solido slancio continua a sostenere le azioni statunitensi, mentre i venti favorevoli provenienti dalla forte crescita degli utili societari e dalle prospettive di condizioni finanziarie più accomodanti spingono i listini verso nuovi massimi. Tuttavia, gli investitori potrebbero trovarsi ad affrontare condizioni altalenanti nei mercati azionari. Dato il solido contesto fondamentale, gli investitori con un orizzonte di lungo periodo potrebbero considerare i pull back come opportunità di acquisto per ribilanciare e capitalizzare il miglioramento delle dinamiche di mercato al fine di diversificare i portafogli;

  • puntare sui megatrend che plasmano il futuro. Riteniamo di trovarci nelle fasi iniziali di un superciclo pluriennale. I megatrend legati all’IA, infrastrutture, aerospazio e difesa, e generazione di energia dovrebbero trascendere la volatilità di breve periodo e saranno probabilmente i principali motori della crescita economica nel lungo termine;

  • sfruttare rendimenti obbligazionari più elevati per generare reddito. Sebbene i rendimenti obbligazionari abbiano mostrato una tendenza ciclica al ribasso in un contesto di raffreddamento del mercato del lavoro, i livelli attuali forniscono ancora una buona capacità di generazione di reddito per gli investitori. Inoltre, i rendimenti reali, ossia al netto dell’inflazione, restano interessanti in un’ottica storica, un cambiamento positivo per i risparmiatori che nel periodo post-GFC hanno sperimentato rendimenti reali bassi o negativi. Guardando avanti, è probabile che i rendimenti continuino a scendere visto che la Fed ha ripreso a tagliare i tassi. In questo contesto, gli investitori dovrebbero considerare di ridurre la liquidità e allungare la duration almeno fino al proprio obiettivo strategico, per sfruttare i rendimenti ancora elevati e contribuire a proteggersi dal calo dei tassi sulle giacenze di cassa;

  • concentrarsi sulla diversificazione. Negli ultimi anni c’è stato molto dibattito sulle strategie tradizionalmente diversificate, in particolare sull’allocazione 60/40 (60% azioni/40% obbligazioni2). La logica alla base del 60/40 è semplice: usare le azioni per l’apprezzamento del capitale e la crescita di lungo periodo e le obbligazioni per generare reddito e mitigare il rischio azionario durante le fasi ribassiste. Tale strategia è chiaramente venuta meno nel 2022, in mezzo a mercati orso sia per le azioni sia per le obbligazioni. È stato il peggior risultato della strategia dal 2008 e ha acceso discussioni sulla sua continua validità. Quell’insuccesso, tuttavia, si è rivelato di breve durata: il 60/40 si è riscattato negli anni successivi, con rendimenti del 18% nel 2023 e del 15% nel 2024. E nel 2025, anche se i rendimenti obbligazionari sono balzati in seguito alla turbolenza sui dazi, le obbligazioni hanno comunque offerto una certa stabilità durante la svendita del mercato azionario. Crediamo quindi che gli investitori rimangano favorevoli a un’allocazione significativa alle obbligazioni all’interno di portafogli diversificati;

  • la pazienza sui mercati aiuta. Investire a lungo termine è proprio questo. Costruire ricchezza richiede tempo e implica restare investiti anche quando il mercato affronta inevitabili alti e bassi. Estendere gli orizzonti temporali ha storicamente contribuito a smussare i rendimenti e ad aumentare le probabilità di esiti positivi nel tempo. Dal 1950, i rendimenti totali dell’S&P 500 sono stati positivi solo nell’80% dei periodi mobili a un anno, contro il 97% dei periodi mobili a 10 anni. In quanto investitori di lungo periodo, sottolineiamo l’importanza di un processo di investimento disciplinato volto a mantenere l’esposizione alla propria asset allocation strategica di lungo termine.

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