La Fed vista ferma, a quando il primo taglio dei tassi? Le previsioni degli analisti

La Fed vista ferma, a quando il primo taglio dei tassi? Le previsioni degli analisti

La due giorni di riunione dell’istituto centrale dovrebbe concludersi con un nulla di fatto sui tassi di interesse e l’attenzione si rivolgerà soprattutto alle dichiarazioni rilasciate dal Presidente Jerome Powell dopo la decisione.

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Pausa con divisioni per la Fed?

Il Federal Open Market Committee si prepara a uno dei meeting più delicati e potenzialmente polemici dell’anno, in programma oggi e domani, con la decisione di politica monetaria che sarà comunicata domani 30 luglio alle ore 20:00 italiane. A seguire, il presidente del Federal Reserve System, Jerome Powell, terrà la consueta conferenza stampa alle 20:30 italiane.

“Le nostre attese sono fissate per nessuna variazione dei tassi di interesse, che dovrebbero restare fermi nell’attuale range 4,25%-4,50%”, scrive Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia. Tuttavia, prosegue, “i riflettori saranno puntati non tanto sulla decisione in sé, quanto sul livello di consenso interno alla Fed e sulle indicazioni prospettiche che emergeranno dalla conferenza stampa.

Secondo le indiscrezioni di stampa e le dichiarazioni pubbliche delle ultime settimane, infatti, almeno due membri del Board of Governors (il comitato direttivo Fed che coordina la politica monetaria e partecipa al FOMC assieme ai 5 presidenti delle FED regionali), Michelle Bowman e Christopher Waller, potrebbero votare contro il mantenimento dei tassi sui livelli correnti, esprimendo dissenso formale a favore di un taglio immediato del costo del denaro. Si tratterebbe di un evento eccezionale: i dissensi nel Board sono molto rari, ma due voti contrari da parte di governatori (non presidenti regionali) sarebbero un segnale chiaro di tensioni interne sulla direzione della politica monetaria.

Bowman e Waller sostengono le idee del presidente Trump di avere una Fed più dovish modello BCE e, nei giorni scorsi, hanno espresso preoccupazioni crescenti per il rallentamento della domanda interna, i segnali di allentamento nel mercato del lavoro e una dinamica dei prezzi che, seppur ancora sopra target, mostra un rallentamento costante.

Il loro voto contrario “dovrebbe essere interpretato come un segnale accomodante dal mercato e alimentare ulteriormente le speculazioni secondo cui, una volta che altri membri nominati da Trump saranno entrati a far parte del Consiglio dei governatori della Fed (dal primo trimestre del 2026), i tassi di interesse dovrebbero scendere più rapidamente”, secondo Blerina Uruci, Chief U.S. Economist di T. Rowe Price.

“Con il loro dissenso formale si potrebbero ampliare ulteriormente le spaccature all’interno della Fed soprattutto nei rapporti tra Powell e i membri più legati a Trump. Tutto in un contesto sempre più mediatico con Trump che cerca una giusta causa per rimuovere anticipatamente Powell dalla presidenza del FOMC (mandato scade nel 2026). In un recente video virale, Trump ha accusato Powell di avere speso troppi soldi federali per la ristrutturazione dei palazzi della Federal Reserve, un chiaro tentativo di delegittimazione e di mettere ulteriori pressioni per le dimissioni”, spiega Diodovich.

Cosa dirà Powell

Nonostante le pressioni interne e le attese dei mercati, Diodovich crede “che Jerome Powell sia intenzionato a mantenere la rotta della prudenza. Negli ultimi interventi pubblici, il presidente della Fed ha sottolineato la necessità di “vedere conferme robuste” che l’inflazione stia tornando in modo duraturo verso il 2% prima di tornare a tagliare i tassi di interesse. Ha anche ribadito che un taglio prematuro potrebbe mettere a rischio i progressi fatti sul fronte della stabilità dei prezzi”.

Il Presidente “sa bene che la Fed sta camminando su un filo sottile: da un lato, c’è l’urgenza di evitare che i tassi sui livelli correnti possano incominciare a soffocare l’economia; dall’altro, il rischio che un allentamento anticipato possa riaccendere le pressioni inflazionistiche, specie in un contesto globale segnato da nuova incertezza geopolitica e commerciale”, aggiunge Diodovich.

Powell “dovrebbe sottolineare ancora una volta l’importanza dei dati e l’approccio meeting-by-meeting”, secondo gli analisti di Bank of America, ipotizzando che “una domanda potrebbe riguardare la conferma della mediana del dot-plot di giugno, che indicava 50 punti base di tagli per il 2025: se il Governatore dovesse ribadire che la Fed può restare in attesa, il mercato lo interpreterebbe come un segnale restrittivo. Una risposta più accomodante riguarderebbe una conferma di inizio delle riduzioni nell’anno. Potrebbero essere fatte domande anche sull’aumento dell’inflazione dei beni (escluse le auto). Se Powell rispondesse segnalando di attendersi un maggior trasferimento dei costi nei prossimi mesi, verrebbe interpretato in modo hawkish. Segnali più positivi arriverebbero con dichiarazioni in merito alla normalizzazione del settore immobiliare, con i prezzi dei servizi che restano contenuti e le aspettative di inflazione stabili. Sul mercato del lavoro, sarà da vedere come verranno discussi i fattori di domanda e offerta nel mercato del lavoro”.

A quando il primo taglio dei tassi di interesse?

Il consensus di mercato è orientato verso un primo taglio dei tassi a settembre, con una probabilità che oscilla tra il 60% e il 65% secondo i principali modelli di probabilità derivati dai Fed Funds futures (come ad esempio il FedWatch di CME Group). Il rallentamento nei dati sull’occupazione, la bassa inflazione core PCE su base mensile e la stabilizzazione delle aspettative inflazionistiche hanno rafforzato questa visione.

Tuttavia, “riteniamo più probabile che la Fed possa aspettare fino al meeting di dicembre per iniziare nuovamente un ciclo di allentamento”, prevede Diodovich, sottolineando “l’incertezza degli economisti legata all’impatto dei nuovi dazi statunitensi sui prezzi al consumo, introdotti in risposta a squilibri commerciali con la Cina e altri Paesi, che rende particolarmente difficile per la banca centrale valutare con precisione il sentiero dell’inflazione nei prossimi mesi”.

Inoltre, “il potenziale impatto sui consumi e sulla fiducia delle imprese potrebbe richiedere più tempo per manifestarsi nei dati macroeconomici. In questo contesto, la Fed potrebbe preferire un approccio ‘wait-and-see fino a fine anno, raccogliendo maggiori evidenze prima di muoversi”, conclude Diodovich.

Secondo Francois Rimeu, Senior Strategist di Credit Mutuel Asset Management, la Fed “dovrebbe confermare il suo approccio cauto e bilanciato ma lasciare aperta la possibilità di tagli ai tassi entro la fine dell'anno, in base all'evoluzione di diversi fattori chiave: l'ampiezza, la tempistica e la durata di un potenziale recupero dell'inflazione, l'andamento del mercato del lavoro e la fiducia del Comitato (FOMC) nel corretto ancoraggio delle attese di inflazione. L'impatto sul mercato dovrebbe rimanere molto limitato a seguito di questa riunione. Il simposio di Jackson Hole (21 - 23 agosto) potrebbe dare l'opportunità di riesaminare il percorso monetario alla luce dei dati di prossima pubblicazione”.

Guardando al resto dell'anno, per Uruci “sarà difficile ignorare l'accelerazione dell'inflazione e un taglio prematuro dei tassi in un momento in cui le prospettive di inflazione sono finalmente equilibrate non sarebbe giudicato con leggerezza dalla storia. Penso che Powell cercherà di indirizzare il comitato verso il mantenimento del prossimo taglio il più a lungo possibile. Combinando questo ragionamento con le mie prospettive relativamente ottimistiche per l'economia, ritengo che un taglio in ottobre sia più probabile che in settembre. Questa visione si rivelerebbe errata se il mercato del lavoro subisse un crollo nei prossimi due rapporti e le revisioni dei benchmark in agosto fossero ancora peggiori del previsto. A mio avviso, questo rimane un rischio residuo”.

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