La Fed vuole l'inflazione più alta per ridurre il debito pubblico?


L’Euforia intorno ai magnifici 7 potrebbe ampliarsi ad altri settori, a patto che la Fed continui a soddisfare la domanda di asset a rischio.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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PMI composito dell’Europa di marzo (stima 49.9 punti contro 49.2 di febbraio) e PMI servizi sempre di marzo (stima 51.1 punti contro 50.2 di febbraio) entrambi in uscita alle 10:00. Prezzi alla produzione di febbraio sempre dell’Europa alle 11:00 (stima -0.5% contro -0.9% di gennaio). Alle 14:30 è atteso il dato USA dei sussidi settimanali alla disoccupazione (stima 214k contro 210k della scorsa settimana).

Disoccupazione di marzo in crescita al 7.5% in Italia (7.2% attesa e 7.3% in febbraio). Sul fronte USA segnaliamo la vistosa crescita degli occupati ADP di marzo (184k contro 148k attesi e 155k di febbraio) grazie ancora al settore dei servizi (+142k). Inoltre, marzo si è rivelato sorprendente anche per gli aumenti salariali e i settori che li hanno registrati: edilizia, servizi finanziari e settore manifatturiero. In leggera flessione i PMI di marzo: composito 52.1 punti (52.2 atteso e 52.5 di febbraio) e servizi, pari a 51.7 punti (in linea con le attese, ma in calo rispetto ai 52.3 punti di febbraio). In contrazione anche l’ISM non manifatturiero che si ferma a 51.4 punti (52.8 atteso e 52.6 in febbraio). I dati delle scorse settimane e quelli attuali, non depongono a favore di una Fed che ha fretta di abbassare i tassi.

La domanda che ci facciamo, se vogliamo un po’ provocatoria, è se non sia la svolta della Fed che sta riaccendendo le aspettative d’inflazione. Dopo che la Fed ha segnalato la fine della sua campagna di restrizione monetaria alla fine del 2023, i mercati azionari sono ripartiti a razzo in tutto il mondo. Gli indici di mercato azionario globali, come l'Indice MSCI World, sono aumentati del 25%, gli indicatori principali hanno iniziato a migliorare, le misure delle condizioni finanziarie si sono notevolmente allentate, le previsioni economiche per la crescita del PIL nel 2024 sono aumentate, e le misure dell'inflazione si sono nuovamente alzate.

Quello che abbiamo osservato è che sia l’inflazione headline che il PCE e le loro versioni core hanno toccato il fondo intorno al momento della svolta della Fed e sono aumentate più del previsto nel 2024. Nell’ultima conferenza stampa Powell ha riconosciuto questo aumento ma ha scelto di minimizzarne l'importanza, limitandosi a segnalare che i numeri del CPI e del PCE erano piuttosto alti. Comunque alla fine, nonostante l'aumento delle previsioni sia per la crescita sia per l'inflazione e il leggero ribasso delle previsioni sul tasso di disoccupazione, il FOMC ha mantenuto le sue previsioni per tre tagli dei tassi nel 2024.

Pur riconoscendo i rischi che il recente aumento dell'inflazione lascia presagire, Powell confida che la tendenza alla disinflazione continui, giustificando così le sue proiezioni di tagli dei tassi. Sebbene i dati economici siano rimasti sufficientemente misti da causare una divergenza persistente e insolitamente pronunciata tra le opinioni degli economisti, la Fed ha scelto di credere che l'inflazione continuerà a diminuire verso il suo obiettivo del 2%.

La sua svolta ha portato ad un notevole alleggerimento delle condizioni finanziarie che sembra aver fermato il rallentamento economico e fatto scattare una ripresa della crescita. Questo è evidente, ad esempio, guardando l’indice Conference Board dei principali indicatori (LEI) che, guidato dall'impennata dell'indice S&P 500, è aumentato a febbraio per la prima volta in due anni, segno che l'economia sta accelerando di nuovo dopo la fase di rallentamento post-pandemica. Da segnalare, inoltre, l'indicatore Global Wave della ricerca globale di BofA che ha raggiunto il minimo ed ha iniziato a riprendersi, come sempre accade quando l'attività economica globale e il ciclo dei profitti iniziano a riprendersi.

La scelta della Fed di sbilanciarsi è stata proprio ciò di cui avevano bisogno i mercati finanziari per salire prontamente e portarsi verso nuovi massimi storici. Come importante canale di trasmissione della politica monetaria, il forte aumento dei prezzi delle azioni sta alimentando una crescita rapida del patrimonio netto delle famiglie e per questa via supporta i consumi e i prezzi delle abitazioni. Nonostante infatti il rallentamento delle vendite di case quando i tassi ipotecari sono aumentati nel 2022, i loro prezzi hanno continuato a crescere più velocemente dell'inflazione. Abbiamo inoltre notato che, negli ultimi due mesi, l'attività edilizia si è stabilizzata e ha cominciato di nuovo a migliorare.

La performance positiva di un'ampia gamma di asset rischiosi è tipica quando le aspettative di crescita nominale aumentano, il Global Wave cresce e il ciclo dei profitti torna a salire. Tuttavia, segnali diffusi di un'economia statunitense e globale che accelera di nuovo aumentano anche il rischio che l'inflazione possa stagnare nell'intervallo tra il 3% e il 4% nel prossimo futuro. E questo in assenza di guadagni sostenuti di produttività.

Finora, tutte e quattro le misure dell'inflazione che monitoriamo (CPI e PCE headline e core) hanno avuto una media di circa il 4%, o più, negli ultimi quattro anni. La svolta della Fed con l'inflazione ancora ben al di sopra del target ha quindi rinnovato i dubbi sul suo impegno verso il target del 2%.

La costante sottovalutazione dell'inflazione è stata una caratteristica anche degli anni '70. L'ampio alleggerimento delle prospettive dei tassi d'interesse della Fed nonostante un'economia in crescita, piena occupazione e inflazione ancora sostanzialmente al di sopra del target, potrebbe spiegare perché asset di copertura contro l'inflazione, come l'oro, abbiano raggiunto nuovi massimi.

Le aspettative di guadagni crescenti in un'economia con una crescita più forte e un'inflazione più alta stanno sostenendo le azioni anche di altri settori (oltre ai magnifici 7). Le speranze per una ripresa ciclica economica cominciano infatti ad essere ad essere gradualmente incorporate nei titoli che sono rimasti indietro rispetto ai grandi leader della tecnologia che hanno visto i loro guadagni decollare lo scorso anno grazie alle aspettative sull'AI e all'attuazione di misure di efficienza che hanno aumentato i loro margini.

I ritardatari ciclici che sono stati danneggiati dai tassi d'interesse elevati e dalla crescita più lenta, stanno ora cominciando a riflettere le speranze per una più forte ripresa economica su vasta scala, con una domanda robusta e un aumento del potere di prezzo. Mentre l'AI sta contribuendo ad alimentare una frenesia di eccessi valutativi nel settore tecnologico, la prospettiva dei suoi benefici non del tutto ancora quantificabili che si diffondono nell'economia più ampia, apre la porta anche ad una sorta di euforia irrazionale più ampia, a patto però che la Fed continui a soddisfare la domanda di asset a rischio.

Di fatto, mentre la Fed sostiene che la politica monetaria sia restrittiva e abbia bisogno di essere allentata, i mercati si comportano come se questa fosse già accomodante. La liquidità ancora presente nel sistema, alimentata dai guadagni della borsa, unita all’uso senza precedenti della spesa per il deficit in un'economia pienamente impiegata, tende a rafforzare le azioni rispetto ai titoli a reddito fisso, che sembrano essere entrati in un mercato orso secolare nonostante le speranze dei mercati finanziari per tassi d'interesse molto più bassi nei prossimi due anni.

Una crescita economica più forte unita all'inflazione più alta degli ultimi 40 anni, non sono propriamente la tradizionale ricetta per tassi d'interesse sostenibilmente più bassi. Come nota l'edizione del 25 marzo 2024 del Wall Street Journal sulla sua prima pagina, le vendite in aumento dei titoli del Tesoro preoccupano gli investitori: l'emissione annuale è quasi raddoppiata dall'inizio della pandemia, senza segni di attenuazione.

Dal secondo dopoguerra, l'unica strategia per ridurre un fastidioso debito è stata quella di inflazionarlo il più possibile. Questo può aiutarci a spiegare perché i titoli del Tesoro degli Stati Uniti hanno perso valore reale per cinque anni.

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