La mossa di Biden sulle scorte spinge ancora in basso il prezzo del petrolio
Gli Stati Uniti hanno deciso il rilascio delle scorte strategiche di petrolio più grande della loro storia, mentre l’Opec+ resiste alle pressioni e conferma il limitato aumento della produzione.
Petrolio in calo
Non si ferma il calo del petrolio dopo la decisione arrivata ieri sera da parte del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di attingere alle riserve strategiche di petrolio, il più grande utilizzo nella storia del paese.
Il future maggio sul WTI scende sotto la soglia dei 100 dollari, mentre il Brent segue la scia a 102 dollari al barile, dopo che già ieri avevano ceduto oltre il 6%.
Vendite anche sui titoli petroliferi di Piazza Affari, dove Saras, Tenaris ed Eni cedono l’1% e sottoperformano il Ftse Mib, appena sopra la parità dopo circa un’ora di scambi nel corso mattinata.
Il rilascio delle scorte USA
Per il momento, dunque, sembra funzionare la strategia di Biden, deciso nell’affrontare il caro-benzina nel suo paese attraverso il rilascio delle scorte strategiche.
Gli Stati Uniti utilizzeranno fino a 1 milione di barili al giorno per un periodo previsto di sei mesi, arrivando così alla cifra totale di 180 milioni di barili.
Si tratta del “più grande rilascio di riserve petrolifere della storia”, spiegava Biden, parlando di una mossa “senza precedenti”.
Secondo il Presidente, gli “americani pagano le scelte di un dittatore” come Putin e le sue decisioni in materia di energia permetteranno di “alleviare le loro sofferenze”.
A questo punto, sarà importante capire quanti mesi durerà la strategia sulle scorte, visti gli ultimi dati disponibili presso la Strategic Petroleum Reserve, pari a 568 milioni di barili.
La decisione di Biden, infatti, arriva quando il Dipartimento dell’Energia USA dispone della quantità più bassa di scorte dal maggio 2002.
Le decisioni dell’Opec+
Il giorno scelto da Biden per la decisione sulle scorte arriva in una data non casuale, vista la contemporanea riunione dei produttori di petrolio (Opec) e dei suoi alleati (Opec+), dopo le pressioni dei mesi scorsi sul cartello per aumentare la produzione di petrolio arrivate da diversi paesi occidentali.
Ieri, però, l’Opec+ ha tirato dritto sulla sua strada, confermando l’aumento della produzione pari a 432 barili al giorno già previsto per il prossimo mese di maggio e ampiamente atteso dagli analisti.
Inoltre, il cartello continua a ignorare le ulteriori pressioni dovute alle mosse militari della Russia sull’Ucraina, dopo che già l’Opec aveva avvisato di voler lasciare fuori la politica al momento di prendere le sue decisioni, mantenendo così i russi all’interno dell’alleanza dei produttori.
Alla base della decisione, spiega il documento approvato dopo la riunione, c’è la valutazione relativa ai “fondamentali del mercato del petrolio” quella del consenso sulle prospettive”, i quali “indicano un mercato ben equilibrato e che l'attuale volatilità non è causata dai fondamentali, ma dagli sviluppi geopolitici in corso”.
Proprio a causa della situazione in Ucraina, però, l’Opec+ ha riconosciuto che l’economia globale subirà un duro colpo a causa del protrarsi del conflitto in Ucraina, secondo un documento interno del gruppo e visionato dall’agenzia Reuters.
“Il sentiment dei consumatori e delle imprese dovrebbe calare non solo in Europa, ma anche nel resto del mondo, considerando l'impatto inflazionistico che il conflitto ha già causato”, si legge nel documento.
Il prossimo meeting Opec+
La prossima riunione dell’Opec e dei suoi alleati si terrà il 5 maggio 2022 e sarà interessante osservare se la situazione in Ucraina potrà modificare le scelte dei produttori.
“Quando guardi alla struttura delle curve forward, si evince che questo non è un mercato ben fornito e che c'è un notevole shock di offerta da qui in avanti nel corso del 2022”, sottolinea Edward Bell, direttore senior del gruppo bancario Emirates Nbd.
“Non credo però che questo spingerà davvero l'Opec+ a cercare di aumentare la loro scala di produzione a un ritmo più veloce”, prevede l’esperto, viste anche le disponibilità dormienti nei pozzi statunitensi.
Analisti rivedono al rialzo le stime 2022
Il contesto attuale di mercato, fortemente ‘assetato’ di petrolio anche a causa dell’incertezza sulle forniture russe, potrebbe portare ad un rialzo delle quotazioni del petrolio, al di sopra della soglia dei 100 dollari.
Questa previsione è emersa da un sondaggio effettuato dalla Reuters tra 40 economisti ed analisti finanziari di tutto il mondo.
Il Brent, prevedono questi esperti, dovrebbe raggiungere un prezzo medio di 103,07 dollari al barile nel corso del 2022, mentre il greggio WTI potrebbe viaggiare ad una quota media di 98,49 al barile.
Si tratta delle stime più alte mai viste nei sondaggi Reuters dall’inizio dell’anno, a conferma delle continue pressioni attualmente in corso sul mercato del petrolio.
Si tratta di un forte scostamento rispetto ai sondaggi precedenti, i quali davano il Brent a 91,15 dollari mentre il WTI era fermo a 87,68.
Considerando che le esportazioni russe rappresentano circa il 7% dell’offerta globale, con l’invasione dell’Ucraina la carenza di approvvigionamento globale si è avvicinata a 5-6 milioni di barili al giorno, mentre la domanda è salita a livelli record.
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