La recessione non fermerà la BCE


La recessione rafforza la posizione delle colombe, ma non fermerà la BCE, perché l’inflazione è ancora troppo elevata.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Richiesta dei sussidi settimanali USA alla disoccupazione in uscita oggi alle 14:30 (stima 260k contro 262k della scorsa settimana).

Passate le adunanze delle due banche centrali, gli investitori aspettano di capire se nel corso dei diversi meeting che ci separano dalla prossima decisione sui tassi (il 26 luglio la FED e il 27 la BCE) e in cui sono attesi parlare i due presidenti, sia possibile capire se l’orientamento di politica monetaria possa in qualche modo modificarsi.

Il Consiglio della BCE è infatti atteso riunirsi il 22 giugno e il 5 luglio a Francoforte. Ci saranno novità rispetto a quanto affermato dalla Lagarde la scorsa settimana? Crediamo di no. Sarebbe infatti piuttosto strano che con l’inflazione che fatica a scendere pur in presenza di una recessione, a distanza di una settimana l’orientamento restrittivo della politica monetaria possa cambiare.

Chiaro che la recessione rafforza la posizione all’interno del Consiglio di coloro che vorrebbero mettere in pausa l’aumento dei tassi in Europa. Non crediamo tuttavia che questo possa fermare la BCE dall’aumentare i tassi per ridurre l’inflazione, anche perché la crescita del PIL non rientra negli obiettivi della banca centrale.

Il rischio di una persistente inflazione è infatti ancora concreto e costringerà la BCE a mantenere alti i tassi di interesse. I membri della Commissione hanno inoltre messo in guardia i singoli paesi dall'effettuare spese che possano rilanciare la spesa, perchè questo sarebbe in contrasto con la politica monetaria restrittiva e imporrebbe un ulteriore inasprimento.

La BCE ha infatti indicato che aumenterà i tassi di interesse per la zona euro di ulteriori 25 bp il 27 luglio prossimo, portandoli quindi sopra il 4%. Del resto, davanti al Parlamento Europe, la Lagarde ha affermato senza mezzi termini che la BCE è determinata ad aumentare i tassi a livelli sufficientemente restrittivi per riportare l'inflazione al suo obiettivo del 2% nel medio termine.

Le stime della BCE indicano che la stretta monetaria dovrebbe ridurre il PIL in media di 2 punti percentuali nel periodo 2022-2025, con un picco previsto per il 2023. Con l’inflazione dell’area Euro al 6,1% (e quella core al 5,3%), non ci sembra che le parole della Lagarde lascino spazi a dubbi: il prossimo 27 luglio la BCE aumenterà i tassi di ulteriori 25 bp.

Proseguendo su questa strada, è probabile che anche il PIL del 2Q23 risulterà in contrazione. E questo per diversi motivi, tra i quali: gli effetti del rialzo dei tassi che si fanno sempre più concreti e visibili sull’economia reale, la crescita dei prezzi che sta riducendo i consumi (numerosi analisti indicano che il paniere dei beni che determina il dato di inflazione, non rappresenti la reale flessione del potere d’acquisto), la minore propensione delle banche a prestare denaro alle imprese.

Siamo convinti che le due crisi consecutive che abbiamo e stiamo vivendo (Covid e guerra) abbiano danneggiato la capacità produttiva dell'Europa e aumentato ulteriormente i rischi di inflazione. Sebbene le aziende abbiano trovato modi per migliorare l'efficienza energetica nell'ultimo anno, riteniamo che i prezzi dell'energia costantemente più elevati ridurranno la produzione dell'area dell'euro in media di oltre l'1% nel medio termine, con perdite maggiori nelle economie a più alta intensità energetica come la Germania o l'Italia. In Germania l’effetto recessivo si è già manifestato mentre l’Italia appare, per il momento, più resiliente. Vedremo.

C’è un altro fattore in campo: la struttura del mercato del lavoro del post Covid. Riteniamo che la nuova struttura che si va profilando ridurrà strutturalmente nel corso del tempo l’offerta di lavoro e complicherà l'abbinamento dei lavoratori con i posti di lavoro vacanti.

Spesso le stime degli economisti tendano a sottovalutare il danno permanente delle crisi, realizzando la loro piena portata solo con un ritardo. Storicamente, nei periodi di ripresa, le stime di debolezza economica nei paesi europei sono state riviste al ribasso di un intero punto percentuale un anno dopo il fatto e anche di più successivamente.

Per quanto riguarda gli investimenti, preferiamo rimanere prudenti per diversi motivi. Tra i quali:

  • L'inflazione si sta lentamente raffreddando e si stanno manifestando alcuni segnali di psicologia dell'inflazione. Ma considerata ancora l'incertezza sulle aspettative di inflazione, la probabilità che la FED taglierà i tassi in tempi brevi è molto bassa;
  • L'economia statunitense si sta raffreddando. Il PIL dovrebbe iniziare a rallentare sostanzialmente nel 2Q23, con una contrazione in tutto il 2H23. La resilienza del consumatore statunitense è la variabile chiave da tenere d'occhio;
  • La riapertura della Cina si sta esaurendo e la strada non è lineare. Il rimbalzo è orientato verso la domanda interna, mentre il lato manifatturiero è debole e l'incertezza sui dati immobiliari è in aumento;
  • I mercati sono troppo compiacenti e ignorano i rischi. Ci sono segnali di gap tra fondamentali e valutazioni eccessive in molte aree.

Detto questo, crediamo che gli investitori non possano ignorare i rischi potenziali ancora a lungo. Una prudente asset allocation riteniamo che debba considerare:

  • Cross asset. Rimaniamo moderatamente preoccupati per i profitti futuri, il che ci porta a rimanere difensivi su azioni e credito. Sui bond Europei, continuiamo a privilegiare una bassa duration in attesa di maggiore serenità (magari rinunciando a qualche decimo di rendimento);
  • guardiamo con favore al debito dei mercati emergenti. Qui, il sentiment sta migliorando poiché le banche centrali sono state in anticipo sulla curva nell'aumento dei tassi (soprattutto in LatAm) e nel controllo dell'inflazione. La pausa delle FED è potenzialmente positiva. Siamo tuttavia consapevoli dei rischi di liquidità;
  • Riteniamo corretto prendere in considerazione il rafforzamento delle coperture sulle azioni e mantenere una visione leggermente positiva sull'oro.
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