Le lezioni che ci lascia il 2023


Tognoli individua alcune delle principali lezioni macro del 2023. Nello specifico, che cosa abbiamo imparato?

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Settimana non particolarmente densa di dati, in attesa delle decisioni della FED e della BCE, che saranno note la prossima settimana: la FED si riunisce il 12 -13 dicembre, mentre il giorno successivo è il turno della BCE. Entrambe non sono attese aumentare i tassi. Seconda lettura del PIL Italiano del 3Q23 in crescita dello 0,1% (zero la prima lettura), inflessione rispetto al +0,3% del 2Q23.

Il 2023 non è sicuramente stato un anno facile per i mercati finanziari. Anno in cui comunque abbiamo imparato alcune lezioni importanti. Tra queste sicuramente il fatto che le dinamiche macro contano. Ovvero che le forze grandi e generali al di fuori dei driver più tradizionali dei rendimenti di mercato, come valutazioni, crescita degli utili e tassi di interesse, possono determinare i prezzi degli asset relativi e assoluti. In questo spirito, discutiamo di seguito di alcune delle principali lezioni macro del 2023. Nello specifico, che cosa abbiamo imparato?

L'economia degli USA è ancora lo spettacolo più grande del pianeta Terra. Un anno fa, il consenso era unanime: dopo una serie di aggressivi aumenti dei tassi d'interesse, l'economia degli Stati Uniti stava andando verso una recessione nel 2023. Ma invece di crollare, l'economia ha continuato a crescere. A spingere la crescita sicuramente le robuste spese fiscali, un mercato del lavoro frizzante che ha aumentato il reddito reale disponibile e la spesa dei consumatori. Ma anche i crescenti investimenti di capitale, soprattutto in concomitanza con la spesa del settore pubblico per le infrastrutture. Il tutto condito da un settore privato USA flessibile e dinamico.

La lezione è che ignorare o sottovalutare l'economia degli Stati Uniti è un rischio da non correre. Stiamo parlando di un PIL da 27 trilioni di dollari che è il migliore della categoria in molte e diverse attività economiche. Gli USA sono una superpotenza nell'agricoltura e nell'aerospaziale, nell'energia e nell'intrattenimento, nella tecnologia e nei trasporti, nell'istruzione superiore e nell'assistenza sanitaria, e in molte altre attività come finanza, spazio, assicurazioni. Lo stesso Buffett ha sempre sostenuto di non scommettere mai contro l'America.

La seconda cosa che abbiamo imparato da questo 2023 è che la Cina ha bisogno di un nuovo modello di crescita. Un anno fa, il consenso era che la Cina, come una molla avvolta, era pronta a rimbalzare dopo la riapertura post-pandemica. La molla non è mai scattata completamente però. Un settore immobiliare sovradimensionato e eccessivamente indebitato, gravosi debiti locali, una popolazione in età lavorativa in declino, crescente disoccupazione giovanile, calo degli investimenti diretti esteri, hanno fatto si che la Cina si confrontasse con una grande muraglia di preoccupazioni circa la futura crescita economica. Il modello di crescita guidato dagli investimenti dovrà quindi essere rivisto.

Il nuovo modello di crescita potrebbe concentrarsi sul consumatore cinese, visto che le spese per il consumo personale in Cina rappresentano solo il 40% del PIL rispetto per esempio al 70% degli Stati Uniti. Tuttavia, le politiche incentrate sulla crescita trainata dal consumo (ad esempio la riforma sanitaria, una rete di sicurezza sociale più ampia) devono ancora concretizzarsi, generando così l'incertezza continua sulle prospettive di crescita della Cina.

La terza lezione riguarda il fatto che i deficit di bilancio, in realtà contano eccome. Dopo un lungo sonno, i vigilanti del bond, ovvero gli investitori che contrastano le spese governative sperperatrici vendendo titoli, sono tornati, risvegliati dal crescente deficit di bilancio USA e dalla conseguente necessità di gestire un debito pubblico statunitense ancora più consistente. Se gli investitori hanno imparato qualcosa quest'anno, è appunto che i deficit contano. Pertanto, possiamo dire addio alla Modern Monetary Theory, ovvero la teoria che sostiene che un alto livello di debito/PIL non debba limitare la spesa deficitaria.

I deficit di bilancio federali non sono certo una novità: il governo ha registrato un deficit ogni anno in questo secolo e per gran parte dell'era postbellica. Tuttavia, sono le dimensioni (1,7 trilioni di dollari nell'anno fiscale 2023), la velocità (+23% rispetto al 2022) e le prospettive del deficit di bilancio preoccupano gli investitori. A causa dell'aumento dei tassi, i costi degli interessi sono infatti aumentati di quasi il 40% l'anno scorso, mentre continua ad espandersi la spesa obbligatoria per programmi come Medicare, Medicaid e la Previdenza Sociale, così come per la spesa in difesa.

Con il debito pubblico rispetto al PIL ai massimi storici, c'è poco spazio per una significativa espansione fiscale nei prossimi anni, un fattore che potrebbe pesare sulla crescita complessiva nel breve e medio termine.

La quarta lezione è che non bisogna ignorare la geopolitica. È sempre pericoloso dire "questa volta è diverso" ma, osservando il panorama geopolitico odierno, effettivamente questa volta è diverso. L'invasione russa dell'Ucraina, la guerra in Medio Oriente, i conflitti in corso in Africa, le tensioni tra Stati Uniti e Cina su Taiwan indicano un disordine multipolare e il montare di rischi connessi della geopolitica sugli investimenti.

A complicare l'attuale elevato senso di incertezza c'è l'asse emergente tra Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. Una coalizione che rifiuta apertamente e attivamente l'ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti degli ultimi 75 anni. Le guerre calde e fredde degli anni '20 significano un aumento delle spese militari globali, con la spesa annua per la difesa globale che ha superato i 2 trilioni di dollari per la prima volta nel 2021. In testa ci sono gli USA il cui bilancio della difesa ha raggiunto un record di 858 miliardi di dollari nel 2023. Nel frattempo, diverse nazioni in Europa (Polonia, Germania e Francia, ad esempio) e in Asia (Giappone) stanno anche registrando livelli record di investimenti in spese militari per prossimi anni.

Lo stesso vale per la Cina, le cui spese militari nel 2021 (293 miliardi di dollari) sono state più di 25 volte il livello del 1990 (circa 12 miliardi di dollari), secondo i dati della Banca Mondiale. La conseguenza su base secolare è che la spesa globale per la difesa sta aumentando ed è pronta a superare i 3 trilioni di dollari annualmente in un futuro neanche troppo lontano.

L’ultima lezione è che TINA (There Is No Alternatives to equity) vale sempre meno: ci sono alternative alle azioni. Di nuovo, questa volta è diverso. Il periodo in cui non c'erano alternative alle azioni sembra essere alle spalle. Asset a basso rischio come contanti e obbligazioni forniscono ora rendimenti reali e offrono opportunità liquide flessibili agli investitori. Un'era di tassi di interesse più alti per più a lungo, significa che i contanti non sono più spazzatura o un asset a basso rischio a rendimento negativo che pesava sui rendimenti del portafoglio.

I fondi del mercato monetario sono tornati di moda. Senza dimenticare però che comunque i tassi sui contanti possono anche diminuire rapidamente. Per le azioni, la situazione si è ribaltata: i venti portanti secolari del passato (crescita stabile, non inflazionistica accoppiata con la globalizzazione e la deregolamentazione) sono ora più svantaggiati (elevato costo del capitale, ampi deficit di bilancio, catene di approvvigionamento a costo più elevato).

La conseguenza è che le azioni hanno maggiore concorrenza quando si tratta di allocazione degli asset. Detto questo, è importante notare i rendimenti superiori a lungo termine delle azioni rispetto ad altre classi di attività. Riflettendo l'economia dinamica e resiliente degli Stati Uniti, le azioni dell’S&P 500 hanno superato significativamente altre classi di attività nel tempo, con un rendimento annuo dell’11,2% tra il 1945 e il 2022, ben al di sopra del 5,1% delle obbligazioni, del 5,7% del credito, del 3,8% dei contanti e del 3,7% dell’inflazione.

TINA potrebbe quindi essere fuori moda, ma le azioni no. Detto questo, dove guardare per gli investimenti? Da tempo sosteniamo che un investimento di successo dipende dal mantenere un approccio bilanciato, disciplinato e diversificato nella costruzione del portafoglio, con esposizione in tutte le classi di attività. Siamo convinti che il ciclo secolare rialzista per le azioni statunitensi è lontano dall'essere finito, supportato da un trend secolare dell’economia in crescita.

Guardando al 2024, la dinamica macro tornerà a contare perché, ci piaccia o no, viviamo in un'epoca modellata da forze macro fuori misura. Una guerra nel cuore dell'Europa e del Medio Oriente, una guerra fredda tra le due economie più grandi del mondo, cambiamenti climatici imprevedibili, massicci deficit del settore pubblico. La lista potrebbe continuare e giustifica il fatto che gli investitori, pur prestando attenzione alle metriche tradizionali di investimento, prestino anche attenzione anche alle mega forze macro all’opera. Il passato è raramente prologo, ma le lezioni dell'anno scorso non dovrebbero essere dimenticate dagli investitori.

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