Le mega gap USA dominano i listini: Come reagire?


I mercati azionari sono saliti nel 3T, nonostante i cali di settembre. Sui listini hanno dominato poche mega cap Usa. Come si dovrebbe reagire?

A cura di Christopher Hogbin, Head of Equities presso AllianceBernstein


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Le mega cap statunitensi

I mercati azionari hanno guadagnato terreno nel terzo trimestre, ma a settembre sono scesi dai massimi del 2020. L’andamento dei listini è stato dominato, sia al rialzo che al ribasso, da un numero molto ridotto di mega cap statunitensi. Come dovrebbero reagire gli investitori?

Nel terzo trimestre le azioni globali hanno registrato una performance del 6,7% in valuta locale, con la maggior parte dei listini in territorio positivo. Dall’inizio del 2020, tuttavia, i rendimenti hanno evidenziato un’ampia dispersione, con i titoli statunitensi in testa e l’indice tecnologico NASDAQ in rialzo del 25% sull’anno, a fronte di una flessione delle azioni europee e britanniche (cfr. Grafico a destra).

Cinque delle maggiori società quotate statunitensi hanno dominato i guadagni del mercato. A settembre, quando l’indice MSCI World Index ha perso il 2,9% rispetto ai massimi del 2020, questi stessi titoli hanno subito un calo maggiore rispetto alle altre componenti dell’S&P 500. Se escludiamo da tale indice Facebook, Apple, Amazon, Alphabet (la società madre di Google) e Microsoft, quest’anno il mercato statunitense non ha evidenziato variazioni di rilievo.

Perché i mercati sono arretrati a settembre?

Le flessioni dei mercati nel mese di settembre sono state il riflesso di timori concreti. Gli investitori nutrivano apprensioni per l’incapacità del Congresso statunitense di concordare ulteriori stimoli fiscali e per il crescente rischio di un esito caotico delle elezioni negli Stati Uniti nel quadro di un aumento dei casi di COVID-19 nella gran parte del mondo sviluppato. Questa incertezza si è manifestata nei segmenti più richiesti del mercato: tecnologia USA, azioni growth e momentum statunitensi. Tra queste, le maggiori imprese hanno beneficiato quest’anno di una serie di trend di crescita a lungo termine che sono stati accelerati dalla pandemia. Tuttavia, data la loro elevata concentrazione nei principali benchmark, a settembre le mega cap statunitensi hanno trascinato il mercato al ribasso.

Da fine marzo a settembre, l’andamento dei mercati è stato trainato da una potente combinazione di stimoli monetari e fiscali senza precedenti. Ci sono validi motivi per cui, a nostro avviso, i tassi d’interesse estremamente bassi e i programmi di stimolo dovrebbero continuare a sostenere i listini azionari. Ciò detto, crediamo anche che la battuta d’arresto di settembre sia da considerarsi come un evento sano, poiché le quotazioni di molti titoli si presume abbiano superato i fondamentali e le performance di mercato sono state perlopiù guidate da un gruppo molto ristretto di azioni.

Distorsioni significative in mercati ristretti

Prima del calo di settembre, l’elevata concentrazione dei mercati aveva ridisegnato i listini azionari. Alla fine di agosto i cinque colossi statunitensi pesavano una quota record del 39% del Russell 1000 Growth Index. Di conseguenza, le azioni statunitensi costituivano il 66,7% dell’MSCI World, un livello mai raggiunto prima.

Ma c’è dell’altro. La ponderazione di Apple nell’MSCI ACWI è ora superiore a quella dell’intero mercato britannico. Microsoft e Apple insieme valgono più dell’intero Russell 2000 Index, che rappresenta azioni di small cap. Inoltre, anche dopo la battuta d’arresto di settembre, il valore di mercato complessivo delle 100 maggiori società a stelle e strisce è rimasto superiore a quello di tutti i mercati sviluppati non statunitensi messi insieme (cfr. Grafico in basso).

Per gli investitori che non hanno mantenuto posizioni di rilievo nelle grandi società growth statunitensi, il 2020 è stato un anno frustrante. I portafogli privi di una significativa esposizione a queste azioni hanno sottoperformato. Dopotutto, questi titoli non sono come le vanescenti dot-com del 2000, molte delle quali sono scomparse con lo scoppio della bolla tecnologica. Le mega cap di oggi hanno capacità realmente peculiari altamente richieste durante la pandemia e modelli di business strategici che sostengono la crescita a lungo termine.

Mega cap statunitensi: imprese straordinarie, ma occhio ai rischi

Perché, dunque, gli investitori non dovrebbero semplicemente concentrarsi su questi cinque titoli? Ci sono diversi motivi per cui una significativa esposizione a questo gruppo di società potrebbe aggiungere rischi indesiderati a un portafoglio.

In primo luogo, l’andamento di queste azioni è determinato dal momentum. La nostra ricerca suggerisce che un portafoglio di tutti e cinque i titoli mega cap parametrato all’S&P 500 avrebbe circa il 25% del rischio legato al fattore momentum. Quest’ultimo è il secondo fattore più volatile nell’azionario globale, in una fase in cui la volatilità è vicina ai massimi degli ultimi 10 anni. In secondo luogo, gli investitori hanno già destinato ingenti flussi al settore tecnologico. Ad esempio, secondo i dati Morningstar, da gennaio ad agosto di quest’anno i portafogli tecnologici hanno registrato investimenti per circa 48 miliardi di dollari, a fronte degli appena 1,1 miliardi dell’intero 2019. Questa tendenza potrebbe rapidamente invertirsi qualora mutasse il sentiment nei confronti delle azioni tecnologiche.

In terzo luogo, i crescenti timori per il predominio delle grandi società tecnologiche o di matrice tecnologica che si rivolgono ai consumatori accresce il rischio di un giro di vite normativo. È impossibile prevedere quale sarà lo sviluppo della regolamentazione, soprattutto in un anno elettorale, ma tali iniziative potrebbero infliggere un duro colpo ai modelli di business e alla redditività futura di queste aziende. Infine, la detenzione di tutti questi titoli espone gli investitori ad un significativo rischio di concentrazione del portafoglio in un gruppo di aziende che evidenziano un andamento molto simile. Ciò significa che le brutte notizie per una società potrebbero influire sui corsi azionari dell’intero gruppo.

A scanso di equivoci, non stiamo dicendo che gli investitori dovrebbero evitare del tutto i titoli delle mega cap statunitensi. Tuttavia, riteniamo che queste grandi imprese dovrebbero essere mantenute a un livello di ponderazione adeguato, in linea con una chiara filosofia d’investimento sostenuta dalla ricerca fondamentale e soggetta a rigorosi controlli del rischio.

Posizionarsi correttamente in una fase di volatilità

Nel contesto attuale una buona gestione del rischio è essenziale. Nonostante il robusto sostegno politico che favorisce le performance azionarie, le fonti di volatilità non mancano. Il mondo è ancora alla ricerca di un vaccino contro il COVID-19 che possa aiutare i paesi a riaprire completamente le loro economie. I disordini sociali negli Stati Uniti hanno messo in luce la polarizzazione dell’opinione pubblica statunitense in vista di un’accesa contesa elettorale che potrebbe sfociare in un esito controverso dopo il voto di novembre. In aggiunta, la diagnosi di COVID-19 fatta al presidente Trump all’inizio di ottobre crea ulteriore incertezza sui mercati.

Risultati elettorali contrastanti aggraverebbero i rischi d’investimento. Uno stallo a Washington potrebbe ostacolare l’azione di stimolo; è inoltre difficile prevedere la natura dei possibili interventi normativi prima che si contino i voti, specialmente in campo tecnologico e finanziario. Notoriamente, è arduo fare pronostici sulla risposta dei mercati. Nel 2016 era opinione diffusa che una vittoria di Trump avrebbe generato pressioni sui mercati, ma in realtà la volatilità post-elettorale è stata di breve durata e ha lasciato posto a un rialzo sostenuto delle borse.

Nel frattempo, in Europa, la Brexit si è confermata fonte di incertezza a fine trimestre. Le tensioni commerciali USA-Cina rimangono irrisolte; Cina e India, dal canto loro, si sono recentemente affrontate lungo il confine himalayano, alimentando i timori di uno scontro militare fra le due nazioni più popolose del mondo.

Come possono dunque posizionarsi gli investitori azionari in un quadro così aleatorio? È possibile studiare un’allocazione che non sia eccessivamente suscettibile al rischio geopolitico o al rischio di concentrazione del mercato? Riteniamo che le seguenti linee guida possano contribuire a indicare la strada.

  • Ampliare le fonti di crescita: le mega cap statunitensi non sono le uniche società che hanno dato prova di buona tenuta durante la pandemia. In effetti, in molti settori è ancora possibile trovare imprese in grado di accrescere i propri utili a lungo termine di almeno il 10% all’anno. Anche nel settore tecnologico, diverse aziende innovative (oltre ai già noti colossi) offrono un potenziale dirompente.
  • Espandere le allocazioni difensive: durante il crollo del primo trimestre, abbiamo scoperto che a offrire protezione in fase di crisi sono stati settori diversi rispetto al passato. Peraltro, alcuni comparti difensivi, come i beni di prima necessità e i servizi di pubblica utilità, al pari di una selezione di titoli sanitari, appaiono oggi relativamente sottovalutati. Le allocazioni difensive possono aiutare a cogliere il potenziale del mercato azionario, contribuendo al contempo a stabilizzare le performance durante le fasi di volatilità. Tuttavia, è importante assicurarsi che un portafoglio difensivo sia costruito in modo da offrire una protezione adeguata a fronte delle sfide senza precedenti che ci troviamo ad affrontare nel 2020.
  • Pensare in un’ottica globale: per gli investitori che si focalizzano principalmente sul proprio paese d’origine, vale la pena considerare la possibilità di diversificare l’esposizione geografica. Alcuni mercati azionari, soprattutto in Europa, non si sono ancora ripresi del tutto dal crollo del primo trimestre causato dal coronavirus. Le valutazioni regionali presentano un’insolita dispersione (cfr. Grafico in basso a sinistra). Si possono inoltre trovare sacche di opportunità in paesi e settori di tutto il mondo che non sono al centro dell’attenzione degli investitori, sia tra i mercati emergenti che in quelli sviluppati.
  • L’imprescindibilità del fattore value: i titoli value hanno continuato a sottoperformare le azioni growth (cfr. Grafico a destra), a causa di una mancanza di crescita ciclica che ha generato una scarsità delle imprese che offrivano crescita strutturale. I bassi tassi d’interesse sostengono inoltre i titoli delle imprese in forte espansione. Quando le economie saranno finalmente uscite dalla pandemia, le società sottovalutate con buone prospettive di crescita ciclica potrebbero tornare a essere apprezzate, fornendo un potenziale di rendimento diversificato agli investitori con una maggiore propensione al rischio.

La tentazione di affollarsi insieme ad altri investitori nei titoli più popolari e brillanti è certamente forte. Se non altro, però, l’andamento dei mercati a settembre serve a rammentarci che ciò che sale bruscamente può anche scendere con la stessa velocità. In un mercato gravato da diverse incognite, riteniamo che la ricerca fondamentale mirata ad ampliare le fonti di rischio e di rendimento di un portafoglio sia più importante che mai per costruire portafogli azionari con ammortizzatori di breve termine e capacità di tenuta a lungo termine.

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