Le nuove sfide per il mercato obbligazionario globale

L'escalation di tensioni commerciali ha scosso il comparto obbligazionario. Tra l’ombra di nuovi dazi, downgrade dei rating sovrani e rotazioni strategiche di portafoglio, la lettura di Wellington Management offre una bussola per orientarsi nel nuovo equilibrio globale.
Indice dei contenuti
- 1. Tensioni commerciali e incertezza legale sulle politiche fiscali USA
- 2. L’ascesa dei rendimenti e il ritorno dei “bond vigilantes”
- 3. Gli effetti del downgrade e la riscoperta dei bond alternativi
- 4. Inflazione, tassi e le mosse delle banche centrali
- 5. Ritorni inattesi: GSE e NatWest riemergono dal passato
Tensioni commerciali e incertezza legale sulle politiche fiscali USA
Le turbolenze sui dazi sono proseguite con nuovi sviluppi politici e giuridici. Come spiega Marco Giordano, Investment Director di Wellington Management, la Corte del Commercio Internazionale ha bloccato la maggior parte dei dazi imposti dal presidente Trump, affermando che il deficit commerciale non costituisce un’emergenza sufficiente a giustificare simili misure. Tuttavia, l’amministrazione ha presentato appello, alimentando ulteriore incertezza normativa.
Anche i negoziati con i partner commerciali hanno avuto sviluppi irregolari: mentre il Regno Unito è riuscito a ottenere un accordo limitato, la Cina e il Giappone restano in una posizione interlocutoria, e le trattative con l’Unione Europea hanno preso slancio solo verso fine mese. L’urgenza di trovare entrate per finanziare l’estensione dei tagli fiscali e rassicurare i falchi del deficit spinge gli USA a mantenere comunque in essere misure tariffarie, anche in forma attenuata.
L’ascesa dei rendimenti e il ritorno dei “bond vigilantes”
Il mese è stato segnato da un forte aumento dei rendimenti sui titoli a lunga scadenza. I Treasury USA a 30 anni, in particolare, hanno catalizzato l’attenzione per il loro ruolo nel “basis trade” e per l’effetto domino su altri mercati sviluppati, dove i rendimenti hanno superato i +50 punti base.
Secondo Wellington Management, la pressione sui tassi ha costretto governi e banche centrali a reagire: in Giappone, si valuta una riduzione delle emissioni di debito a lungo termine; nel Regno Unito, la Bank of England ha rimandato le vendite di bond per evitare nuove scosse. La domanda contenuta all’asta dei Treasury a 20 anni ha confermato che i mercati si stanno posizionando con cautela rispetto al rischio sovrano USA, in particolare dopo la decisione di Moody’s di declassare il rating da Aaa a Aa1.
Come rileva Giordano, l’allarme lanciato da Moody’s è il terzo in sequenza dopo Fitch (2023) e S&P (2011), e riflette il deterioramento della sostenibilità fiscale americana. Il deficit previsto al 7% del PIL per il 2025, insieme al livello record dei dazi, lascia presagire ulteriori pressioni al ribasso sul giudizio creditizio statunitense.
Gli effetti del downgrade e la riscoperta dei bond alternativi
La dimensione colossale del mercato dei Treasury e il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale suggeriscono che non vi sarà una fuga dagli asset americani. Tuttavia, come spiega Wellington Management, il downgrade aumenta la richiesta di premi a termine più alti, rendendo i Treasury meno appetibili in assenza di consolidamento fiscale.
La credibilità finanziaria degli Stati Uniti è dunque in gioco, e il mercato sta cominciando a considerare valide alternative rifugio. Tra queste, guadagnano terreno i titoli pubblici europei, giapponesi e australiani, oltre a valute più stabili. La fine dell’eccezionalismo USA, già visibile nei flussi obbligazionari, potrebbe accentuarsi nei prossimi trimestri.
Nel frattempo, l’Unione Europea ha approvato in maggio il fondo SAFE per investimenti nella difesa e sicurezza, da 150 miliardi di euro, segnando un passo verso maggiore integrazione fiscale. Anche se il budget è inferiore rispetto agli impegni tedeschi, rappresenta un segnale politico rilevante per la stabilità dell’area euro.
Inflazione, tassi e le mosse delle banche centrali
Maggio non ha riservato sorprese dirompenti nelle decisioni delle banche centrali. BCE, BoE e RBA hanno tagliato i tassi, mentre la Fed ha preferito attendere nuovi dati. La Bank of Japan ha mantenuto la sua strategia prudente, citando le incertezze del commercio globale.
L’inflazione, tuttavia, rimane ostinatamente elevata. I dati headline e core superano ampiamente il target del 2%, e i mercati iniziano a scontare l’ipotesi che la Fed non effettui alcun taglio nel 2025. Il tasso di policy implicito per la BoE è salito dal 3,5% al 3,82% nel mese, segnalando un ritorno di aspettative restrittive anche in Europa.
Secondo la fonte, la pressione inflazionistica e la volatilità sui tassi mettono in discussione i piani di allentamento monetario, rafforzando la posizione dei bond a breve termine rispetto a quelli di lungo periodo.
Ritorni inattesi: GSE e NatWest riemergono dal passato
A distanza di 17 anni dalla crisi del 2008, Fannie Mae e Freddie Mac sono tornate sotto i riflettori: l’amministrazione USA ha ipotizzato un futuro ritorno in borsa, con il presidente Trump favorevole a mantenere una garanzia implicita statale. Il processo sarà graduale, ma indica un cambio di passo nella gestione del sistema ipotecario americano.
Parallelamente, NatWest (ex Royal Bank of Scotland) è tornata interamente privata dopo che il governo britannico ha ceduto l’ultima quota acquisita nel salvataggio del 2008. Una pietra miliare che segnala il completamento del ciclo post-crisi per alcuni attori finanziari storici.
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