Lira turca a nuovi minimi storici dopo il taglio del tasso di interesse


La valuta sta perdendo oltre il 20% nel corso di quest’anno, affondata dalle scelte di politica monetaria del Presidente Erdogan e dal dilagare dell’inflazione nel paese.


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Lira turca sempre più giù

Stesso copione, stesso film già visto per la lira turca. La valuta tocca nuovi minimi storici nei confronti del biglietto verde, a quota 9,60 lire per dollaro, sulla scia delle nuove decisioni della banca centrale del paese.

A questo punto, il crollo da inizio anno per la moneta è arrivato al 25%, con oltre il 7% perso nel solo mese di ottobre, ancora non terminato.

Il calo ha portato la performance della valuta a essere la peggiore tra i mercati emergenti nel 2021, seguita dal leu rumeno, sceso di oltre il 6% da inizio anno.

La banca centrale taglia il costo del denaro

Ieri la banca centrale turca ha tagliato nuovamente il suo tasso di interesse, portandolo al 16% dal precedente 18%, dopo che già a settembre il tasso era stato tagliato dell’1%.

Quella di ieri rappresenta una riduzione superiore a quanto previsto dagli analisti, che si attendevano un taglio compreso tra 0,5 e 1 punto percentuale, mentre la decisione dell’istituto è risultata del 2%.

Le scelte di Erdogan

La decisione conferma le politiche precedenti del capo della banca centrale, Sahap Kavcioglu, condizionato dal Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, il quale sta puntando sulla crescita economica in vista delle prossime elezioni.

Solo qualche settimana fa, Erdogan aveva licenziato due vicegovernatori e un membro del comitato della politica dell’istituto, dopo che a marzo era stato sostituito il governatore Naci Agbal, colpevole di ‘troppa indipendenza’ dal presidente.

Erdogan, dunque, conferma le sue intenzioni di voler influire sulle scelte della banca centrale, nonostante le critiche di analisti e mercati internazionali circa le interferenze del governo, considerate un pericolo per l’indipendenza dell’istituzione.

Il pericolo inflazione

La Turchia dovrebbe vedere una crescita importante del PIL nel 2021, pari al 9%, anche grazie alla svalutazione della lira che ha portato ad un aumento sensibile delle esportazioni.

A questa crescita, però, fa da contraltare il continuo galoppare dell’inflazione, ormai prossima al 20%, definita dallo stesso Erdogan “la madre e il padre di tutti i mali”, colpendo fortemente il potere di acquisto delle famiglie.

Solo nel mese di settembre le stime dell’ufficio di statistica turco hanno calcolato una crescita del tasso annuo inflazionistico pari al 19,58%, con una crescita dell’1,25% sul mese precedente.

Secondo i calcoli del gruppo indipendente per l’inflazione (Enag), invece, il reale tasso ha toccato il 40%, livello difficilmente sostenibile per l’economia nazionale.

Inoltre, le scelte espansive di Erdogan rischiano di far aumentare ancora di più i prezzi nel paese nel prossimo futuro, visto il perdurare della sua scelta ridurre il costo del denaro, contrariamente a quanto stanno facendo tutte le banche centrali del mondo.

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