Lira turca sempre più verso l’abisso dopo il taglio dei tassi

Influenzata dalle scelte del presidente Erdogan, la Banca centrale turca ha ridotto il tasso di interesse nonostante un’inflazione vicina all’80%, livelli record degli ultimi 24 anni.
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Lira affonda ancora
Se non altro è da riconoscergli una certa coerenza nelle sue idee e nella decisione nel portarle avanti.
Recep Tayyip Erdoğan, Presidente turco, ha imposto ieri un nuovo taglio dei tassi di interesse, l’ennesimo del suo mandato, e la lira ha subìto un nuovo affondo.
Dopo la decisione di ieri, il dollaro toccava il record di 18,1488 nei confronti della valuta turca, forza confermata questa mattina a 18,10.
Debolezza ormai cronica per la lira turca, vista flessione del 27% rispetto al biglietto verde nel corso di quest’anno.
Inflazione e tasso di interesse
Mentre le banche centrali di tutto il mondo alzano i tassi di interesse per combattere un’inflazione ‘solo’ vicina alle due cifre, ieri la Banca centrale della Repubblica di Turchia proseguiva la sua ‘marcia’ controcorrente e riduceva il costo del credito di un altro punto, portandolo al 13%, nonostante un indice dei prezzi al consumo aumentato del 79,6% nei 12 mesi a luglio, livello più alto degli ultimi 24 anni.
Secondo l’istituto centrale, il balzo dell’inflazione “è determinato dagli effetti ritardati e indiretti dell'aumento dei costi energetici derivanti dagli sviluppi geopolitici, dagli effetti delle formazioni dei prezzi che non sono supportate dai fondamentali economici, dai forti shock negativi dell'offerta causati dall'aumento dei prezzi globali dell'energia, dei prodotti alimentari e delle materie prime agricole”.
La banca turca ha dichiarato di attendersi un “processo di disinflazione da avviare sulla base delle misure adottate e implementate con decisione per rafforzare la stabilità finanziaria e dei prezzi sostenibili, insieme alla risoluzione del conflitto regionale in corso”, sembrando così accennare al ruolo del presidente nella mediazione per l’accordo sulle esportazioni di grano dall’Ucraina ai mercati mondiali.
Accordo che ha permesso la riduzione a placare i timori di una carenza di cibo in molti paesi poveri che dipendono dall’Ucraina, nonostante il prosieguo della guerra, a cui si è aggiunto il calo dei prezzi dell’energia di questi mesi, riducendo in parte l’inflazione che ha raggiunto un tasso mensile del 2,37% a luglio, in calo rispetto al picco del 13,6% di gennaio e con l'aumento più basso dall'ottobre dello scorso anno.
La decisione, comunque, ha lasciato perplessi molti analisti: “proprio quando si pensa che la CBRT non possa fare scelte più folli, si spinge a un altro livello di follia”, sottolineava Tim Ash, associato della Chatham House di Londra.
L’influenza di Erdoğan
In questi mesi Erdoğan ha influenzato direttamente le scelte di politica monetaria di quella che dovrebbe essere un’istituzione indipendente, licenziando i governatori non ‘allineati’ alle sue scelte di politica espansiva.
Il presidente turco punta alla svalutazione della valuta con il fine di sostenere l’industria, rendendo più competitive le esportazioni, noncurante, ad esempio, dell’aumento del costo delle materie prime importate.
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