Maxicedola del 12% in arrivo con il certificate sulle big bank in Europa

Il certificate di Barclays con Isin XS3111141589 su Banca MPS, Banco BPM, Société Générale e Commerzbank staccherà il secondo maxi-premio pari a 10,60 euro il prossimo 17 dicembre. Basterà comprare il prodotto entro il 16 dicembre per avere diritto al "cedolone", a patto che nessuno dei sottostanti sarà crollato del 50% dal livello iniziale.
Avendo già pagato la prima maxicedola del 10,6%, il prezzo del certificate è interessante perché si trova molto sotto la parità a 88 euro. Per chi compra oggi il rendimento del prossimo maxi premio sale al 12% e quindi particolarmente adatto anche per compensare eventuali minusvalenze vicine alla scadenza.
A partire da giugno 2026, il certificate può scadere in anticipo se tutti i sottostanti si troveranno oltre il livello iniziale. In tal caso, l’investitore riceverà il maxi-premio di 10,60 euro e una sola cedola trimestrale di 1 euro (la prima a giugno). Comprando il prodotto oggi a 88 euro, con rimborso al valore nominale di 100 euro, il rendimento al momento dell’autocall (tra 6,3 mesi) raggiunge il 26,82%, pari a un ritorno annualizzato del 51,08%.
Dopo la maxicedola il certificate stacca premi trimestrali con memoria di 1 euro, con barriera cedolare al 60% del valore iniziale. Scadenza tra meno di cinque anni (settembre 2030) con protezione del capitale fino a cali del 40% dei sottostanti dal valore iniziale.
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Maxi-premio del 12% il 17 dicembre
Mercoledì 17 dicembre è in arrivo il secondo maxi-premio del 10,6% del nominale (100 euro), pari a un rendimento del 12% acquistando oggi il certificate di Barclays con Isin XS3111141589 a 88 euro, ampiamente sotto la pari.
Per incassare la maxicedola l’investitore dovrà avere inserito il certificate nel proprio portafoglio entro il 16 dicembre, ultimo giorno utile per acquistare il prodotto con il diritto al “cedolone”, che verrà pagato se nessuno dei quattro sottostanti non sarà sceso di oltre il 50% rispetto al livello iniziale. Si tratta di una condizione probabile sulla carta perché contrariamente il titolo dovrebbe più che dimezzare il proprio valore dal livello iniziale in meno di tre settimane.
Al momento, due sottostanti su quattro si trovano oltre il livello iniziale: Société Générale in rialzo del +6,7%, Commerzbank del +5,4%, Banco BPM segna un calo del -0,6% e Banca MPS del -6,4% dal valore iniziale.
Di seguito i livelli di riferimento del certificato:
Da non dimenticare che il maxi-premio è particolarmente appetibile per gli investitori con minusvalenze vicine alla scadenza all’interno del proprio zainetto fiscale. Essendo le cedole dei certificate considerate “redditi diversi”, si prestano a compensare eventuali perdite fiscali entro un periodo massimo di quattro anni dalla loro realizzazione. Il 26% di compensazione su un premio del 12%, è pari a un risparmio “fiscale” del 3,12%, ovviamente si tratta di tasse già pagate per cui si chiede il rimborso a fronte delle minusvalenze registrate ma che, senza una compensazione con plusvalenze da redditi diversi vanno spesso perse. Per questo motivo, il certificate risulta particolarmente interessante con l’avvicinarsi della fine dell’anno e delle varie scadenze fiscali.
Rendimento ancora più elevato in caso di autocall
In genere con lo stacco della maxicedola, il prezzo del certificate cala del valore vicino a quello distribuito. Una strategia potrebbe essere quella di incassare il maxi-premio e aspettare che il certificate si riporti vicino al valore nominale di 100 euro e cederlo prima della scadenza per massimizzare il rendimento nel tempo. Ad aiutare il certificate a portarsi vicino al nominale, prima della scadenza, è il meccanismo di autocall, per cui il prodotto viene rimborsato in anticipo a 100 euro se i sottostanti si porteranno sul livello iniziale alle date di valutazione a partire da quella di giugno, ovvero tra meno di otto mesi.
Il rendimento potrebbe salire sensibilmente in caso di rimborso anticipato. Il prodotto, infatti, prevede la possibilità di autocall (rimborso anticipato) a partire dalla data di osservazione del 12 giugno 2026. Se quel giorno, oppure in tutte le successive date di osservazione, tutti e tre i sottostanti mostreranno prezzi di chiusura pari o superiori ai valori iniziali, il certificate verrà rimborsato in anticipo sulla scadenza naturale.
Agli investitori spetterà un rimborso pari al 100% del valore nominale (100 euro), il pagamento del premio trimestrale e degli eventuali bonus non pagati e conservati in memoria. Da quel momento nessun altro premio sarà più pagato.
È evidente che tanto prima dovesse scattare l’autocall, tanto più alto sarebbe il rendimento medio annuo del prodotto. Ad esempio, in caso di rimborso già a giugno 2026, chi compra oggi il certificate a 88 euro chiuderebbe l’investimento fra meno di sette mesi con 10,60 euro di maxicedola, 1 euro del primo premio trimestrale e 12 euro di capital gain (differenza tra 100 euro di rimborso e il prezzo attuale di 88 euro). Il rendimento in meno di sette mesi (6,3 mesi) sarebbe del 26,82%, pari a un ritorno annualizzato che balzerebbe al 51,08% (26,82%/6,3mesi*12mesi).
Premi trimestrali con memoria dell’1%
Una volta staccato il maxi-premio il 17 dicembre, questo prodotto pagherà premi trimestrali con memoria dell’1% sul nominale (100 euro), condizionate al rispetto di una barriera al 60%, il che vuole dire che sono ammessi ribassi del peggiore dei sottostanti fino a un massimo del 40% del livello iniziale.
Nel caso in cui, a una data di osservazione, anche solo uno dei sottostanti quotasse al di sotto della barriera, il premio non verrà pagato, ma resterà in pancia al prodotto e verrà corrisposto alla prima data di valutazione successiva, in cui tutti i sottostanti saranno tornati sopra la barriera.
Quindi, basterà che tutti i sottostanti si trovino sopra la barriera all’ultima data di osservazione (12 settembre 2030) per avere la certezza di incassare tutte le 18 cedole trimestrali previste e chiudere l’investimento con 28,60 euro di premi (contando anche il secondo maxi-premi di 10,60 euro). Acquistando il certificato oggi a 88 euro, il rendimento totale è del 46,14% in meno di cinque anni (4,77 anni), pari a un ritorno annualizzato del 9,67%.
Ecco il conto: 28,60 euro di premi (18 euro di cedole trimestrali più 10,60 euro di maxi-premio) più 12 euro di capital gain (differenza tra 100 euro di rimborso e il prezzo attuale di 88 euro), il risultato è 40,60 euro. Dividiamo questo numero per il prezzo di acquisto (usiamo quello attuale) di 88 euro e arriviamo a un rendimento da qui alla scadenza (12 settembre 2030) del 46,14%. Ora annualizziamo il rendimento per capire, all'anno, quanto rende il certificate e confrontarlo con gli altri prodotti sul mercato della stessa tipologia: dividiamo 46,14% per 4,77 (anni di vita residui del prodotto) e arriviamo a un ritorno del 9,67% annualizzato.
La forza di questo prodotto rimane comunque la probabilità del rimborso anticipato che fa lievitare il rendimento.
Due possibili scenari alla scadenza finale
Qualora durante la vita del certificate non si verificasse il rimborso anticipato, alla scadenza naturale del 12 settembre 2030 gli investitori si troveranno di fronte a due scenari distinti, direttamente legati all’andamento dei sottostanti. La barriera di protezione del capitale è fissata al 60% del valore iniziale e viene osservata unicamente alla scadenza, offrendo protezione contro ribassi fino al 40% dei sottostanti dal livello iniziale.
Nel primo scenario, se alla data di valutazione finale (12 settembre 2030), il peggiore tra i sottostanti (Banca MPS, Banco BPM, Société Générale e Commerzbank) si manterrà al di sopra o uguale alla barriera, il certificate verrà rimborsato al valore nominale di 100 euro. A questo importo si sommeranno l’ultima cedola di 1 euro e gli eventuali premi non pagati e trattenuti nella memoria, per un totale di 28,60 euro. Considerato il prezzo di acquisto di 88 euro, il rendimento complessivo raggiungerebbe il 46,14% in un orizzonte temporale di 4,77 anni (9,67% annualizzato).
Nel secondo scenario, se anche solo uno dei sottostanti scendesse sotto la barriera alla scadenza, il rimborso del capitale sarebbe commisurato alla performance del titolo peggiore. Ad esempio, un ribasso del 50% del worst of comporterebbe un rimborso pari a 50 euro, a cui però si aggiungerebbero le eventuali cedole già incassate durante la vita del prodotto che andrebbero a mitigare la perdita sul capitale.
Attualmente, i sottostanti mostrano un margine di sicurezza rispetto alla barriera: Société Générale è distante il 43,8%, Commerzbank il 43,1%, Banco BPM il 39,7% e Banca MPS il 35,9%, rafforzando le probabilità di uno scenario favorevole a scadenza.
Numeri solidi nel terzo trimestre con il risiko bancario senza freni
Il 2025 si conferma l’anno del risiko bancario in Europa, con colossi come Banca MPS, Banco BPM, Commerzbank e Société Générale pronti a giocare partite decisive che potrebbero ridisegnare gli equilibri del mercato del credito del Vecchio Continente. Anche i risultati del terzo trimestre 2025 confermano la solidità di questi quattro gruppi bancari nel panorama europeo.
Banca MPS
Proseguono anche nel terzo trimestre il rafforzamento della qualità dei risultati e il miglioramento della profittabilità. Il terzo trimestre dell’istituto senese si è chiuso con un aumento dell’utile netto a 474 milioni di euro, superiore ai 407 milioni dello stesso periodo del 2024 e alle previsioni del consensus raccolte dalla stessa banca, ferme a 366 milioni.
I ricavi si sono attestati a circa 1 miliardo, stabili sullo scorso anno grazie a maggiori commissioni e ricavi da trading che hanno compensato il calo del margine di interesse, anche in questo caso superando il consensus (973 milioni).
Tali risultati recepiscono gli effetti dell’acquisizione di Mediobanca e delle relative controllate, oggetto di consolidamento a partire dalla data del 30 settembre 2025. Pertanto, lo stato patrimoniale consolidato include, linea per linea, i saldi del gruppo Mediobanca alla data del 30 settembre, mentre il conto economico consolidato includerà, invece, il contributo del gruppo di Piazzetta Cuccia solo a partire dal 1° ottobre 2025.
Management ottimista anche per il futuro: parlando nel corso della call con gli analisti, l’ad Luigi Lovaglio ha affermato di vedere nel 2025 un utile pre-tasse “ben sopra 1,6 miliardi di euro”.
Ricordiamo che il 24 gennaio scorso, Banca MPS ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) su Mediobanca, provocando un terremoto ai vertici della finanza italiana. L'8 settembre è terminata l'Ops di MPS sulle azioni ordinarie Mediobanca, iniziata il 14 luglio (in origine Ops, si è trasformata in Opas a seguito della decisione della banca senese di aggiungere a quanto messo già sul piatto una componente cash, in contanti, di 0,90 per azione).
Il risultato ha stracciato le previsioni più ottimistiche, consentendo a Banca MPS di conquistare l’86,3% circa del capitale di Mediobanca e riducendo le quote dei maggiori azionisti di MPS. Delfin si ritrova con il 18%, Caltagirone con l'11%, il MEF con il 5% e Banco BPM con il 2%. Ma soprattutto la valanga di adesione all'offerta di acquisto e scambio rende più vicino il delisting di Mediobanca dalla Borsa e in parallelo la fusione fra le due banche. Probabile poi che le attività verranno riorganizzate secondo le specializzazioni di entrambi gli istituti di credito conservando entrambi i marchi.
Al centro del progetto c’è l’idea di replicare, anche se in versione “premium”, il modello di FinecoBank: una banca-piattaforma dove concorrono tecnologia, consulenza e automazione. Secondo fonti vicine al dossier, infatti, l’obiettivo è integrare Banca Widiba (che fa parte di MPS) all’interno della rete di Mediobanca Premier/Private, valorizzando il brand Mediobanca Premier e quello Widiba. Il gruppo stesso indica che lo sviluppo della divisione wealth è "la priorità" del piano strategico 2023-26.
Occorre ricordare che, per opporsi alla scalata di MPS, Mediobanca aveva messo sul piatto una controffensiva con l’acquisizione di Banca Generali per 6,3 miliardi di euro, finanziata cedendo la propria quota in Generali. L’operazione, presentata come una spinta verso una “partnership industriale”, è stata però fermata dall’assemblea degli azionisti: solo il 35% dei votanti ha votato a favore, con 10% contrari e un’amazzonia di astensioni (32%), incluse quelle di Delfin e Caltagirone. Questo rifiuto ha compromesso la difesa strategica di Alberto Nagel, che aveva puntato su Banca Generali per rafforzare il gruppo e neutralizzare l’offensiva di MPS.
Banco BPM
Il terzo trimestre 2025 ha visto l’istituto di Piazza Meda registrare un margine d'interesse di 757,9 milioni di euro, in calo del 3,5% rispetto allo stesso periodo del 2024. Le commissioni nette di 621,6 milioni sono diminuite dell'1,4% t/t, con quelle sui prodotti di risparmio e investimento che evidenziano però un incremento del 2,8% grazie al contributo delle società del gruppo Anima, pari a 120,3 milioni di euro. In calo l'apporto della banca commerciale e degli altri servizi (-5,4% rispetto al 30 giugno 2025). Il risultato dell'attività assicurativa è stato pari a 34,8 milioni, in calo dai 42,8 milioni nel secondo trimestre. Il risultato lordo dell'operatività corrente scende a 684,6 milioni rispetto ai 754,2 milioni del periodo aprile-giugno.
Tenuto conto della quota di risultato di pertinenza di terzi, negativa e pari a 4,9 milioni, il terzo trimestre 2025 si chiude con un risultato netto di periodo positivo per 450,3 milioni, sceso rispetto ai 703,8 milioni nel secondo trimestre 2025. Il risultato netto adjusted trimestre è pari a 449 milioni, rispetto al dato di 524,2 milioni del 30 giugno 2025.
Banco BPM ha confermato la guidance sul risultato netto atteso per il 2025, pari a un utile netto di 1.950 milioni, “pienamente raggiungibile pur tenendo conto dell’incertezza dell’attuale scenario”, ha commentato l'ad Giuseppe Castagna, che ha poi affrontato le strategie future. "Certo, non abbiamo paura di concentrarci sul raggiungimento del nostro obiettivo per il 2026 e di valutare anche eventuali opportunità provenienti dal mercato in termini di M&A".
Risiko bancario che sembra non voler terminare dopo l’acquisizione di Mediobanca da parte di Banca Monte dei Paschi di Siena e il fallimento dell’operazione Banco Bpm tentata e non riuscita di UniCredit. Indiscrezioni di stampa diffuse dall’agenzia Reuters indicano che il governo italiano punterebbe a mantenere il suo 4,9% in Banca MPS, puntando su una futura nuova operazione di M&A per ridurre ancora il capitale detenuto.
Fonti dell’agenzia indicano che l’esecutivo non avrebbe ancora abbandonato il piano di integrare MPS con Banco BPM e l’operazione potrebbe essere tentata dopo il completamento del processo di integrazione della banca senese con Piazzetta Cuccia, anche se potrebbero volerci mesi o anni.
Le future mosse di Banco BPM, però, potrebbero vedere protagonista un’altra banca, ovvero Crédit Agricole, già partner commerciale dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna e suo maggiore azionista con il 20,1%, quota incrementata con lo scopo di respingere l’assalto di UniCredit.
A settembre la Reuters riferiva che la banca francese aveva incaricato alcuni consulenti per definire la propria strategia in Italia e aveva avuto colloqui con il governo italiano per discutere di una possibile combinazione della sua rete con Bpm. Tuttavia, un accordo tra Bpm e Crédit Agricole Italia sarebbe difficile da strutturare in modo da soddisfare sia gli azionisti di Piazza Meda sia della banca francese, sempre secondo le fonti dell’agenzia. Inoltre, l’operazione passerebbe sotto la scure del golden power, anche se Roma non avrebbe le basi legali per bloccare un accordo con la banca francese.
Intanto, la banca verte ci spera: “Siamo molto attenti a quanto Banco BPM potrebbe offrirci in un piano di fusione e se così fosse lo vedremmo molto positivamente”, dichiarava l’ad di Crédit Agricole, Olivier Gavalda. “Al momento ci stiamo concentrando sulla nostra crescita organica e sulla nostra capacità di svilupparci da soli in Italia”.
Commerzbank
L’utile netto della banca tedesca è calato inaspettatamente del 7,9% nel terzo trimestre, a causa di un maggior carico fiscale e di un aumento dei costi, scendendo a 591 milioni di euro rispetto ai 642 milioni dello stesso periodo del 2024 e deludendo le previsioni del consensus pubblicato dallo stesso istituto di 659 milioni.
A incidere sul risultato, secondo quanto spiegato dal management, è stato l’aumento dal 22% al 36% del proprio tax rate del periodo, a cui si è aggiunta la crescita del 5% dei costi, in parte a causa delle maggiori spese per il personale. I ricavi nel terzo trimestre sono saliti del 7% a 2,9 miliardi.
Nonostante il calo registrato, Commerzbank conferma il proprio obiettivo di utile per l’intero esercizio 2025 di 2,9 miliardi di euro al lordo degli oneri di ristrutturazione e, al netto di questi costi, la banca prevede un risultato netto di circa 2,5 miliardi di euro.
Tra le altre previsioni, Commerzbank alza le sue attese di reddito netto da interessi per il 2025, portandole da 8 a 8,2 miliardi e conferma la sua guidance sul reddito da commissioni di circa il 7% e l’obiettivo di un rapporto costi/ricavi di circa il 57%. La banca prevede ora un risultato di rischio inferiore a 850 milioni per l'intero anno, mentre in precedenza aveva previsto circa 850 milioni. Il coefficiente CET 1 dovrebbe rimanere almeno al 14,5% entro la fine dell'anno, dopo la prevista restituzione del capitale e le spese di ristrutturazione.
Nel frattempo, la scalata silenziosa di UniCredit in Commerzbank è arrivata a un nuovo punto di svolta: il gruppo guidato da Andrea Orcel detiene oggi circa il 26% dei diritti di voto nella banca tedesca, dopo aver convertito una parte consistente delle posizioni derivate in azioni fisiche. L’obiettivo dichiarato è spingersi fino al 29% circa, restando sotto la soglia del 30% che obbligherebbe a un’offerta pubblica d’acquisto.
Sul fronte regolamentare, UniCredit ha ottenuto via libera dalla Bce e dalle autorità tedesche della concorrenza, ma lo scenario resta tutt’altro che lineare. Il governo di Berlino ha ribadito la sua opposizione, definendo “sconnesso e ostile” l’approccio del gruppo italiano e chiarendo che non intende cedere ulteriori quote della banca simbolo del credito tedesco. Il management della banca tedesca ha ribadito la difesa dell’indipendenza e anche i sindacati di Commerzbank hanno espresso forte preoccupazione a Bruxelles, paventando rischi occupazionali e dubbi sulla reale sostenibilità industriale di un’eventuale fusione.
Il Ceo di Unicredit non ha escluso la possibilità di un’offerta pubblica di acquisto ostile, qualora lo scenario lo imponesse. “Abbiamo speso miliardi per costruire la nostra quota e questo ci conferisce diritti. Se le cose non vanno bene, bisogna agire per cambiarle”, ha spiegato Orcel, lasciando aperta l’ipotesi di chiedere un seggio nel consiglio di sorveglianza.
Rispondendo alle critiche della Ceo di Commerzbank, Bettina Orlopp, Orcel ha chiarito che la presenza di un rappresentante UniCredit nel board non configurerebbe un conflitto di interessi, grazie alle regole di governance vigenti in Germania.
L’integrazione di Commerzbank con la controllata bavarese HypoVereinsbank, controllata di UniCredit, resta lo scenario preferito da Orcel, che insiste sui possibili benefici occupazionali: “Se Commerzbank resterà indipendente, nei prossimi cinque-sette anni dovrà probabilmente tagliare più posti di lavoro rispetto a un’eventuale acquisizione”.
Il Ceo ha ribadito che l’operazione mira a rafforzare i ricavi più che a ridurre i costi, con l’intenzione di preservare e potenziare la rete territoriale della banca tedesca. Per ora, Unicredit è “esattamente dove vuole essere” e procede con calma. “Nessuno sa davvero quale sia il piano, ma questo non significa che non ci sia. Perché noi abbiamo un piano”, ha detto Orcel.
Société Générale
La banca francese ha chiuso il terzo trimestre del 2025 con risultati superiori alle attese. L’utile netto di gruppo è aumentato dell’11% a 1,52 miliardi di euro, contro 1,37 miliardi dell’anno precedente e ben al di sopra delle stime medie degli analisti (1,31 miliardi secondo Visible Alpha).
Il risultato è stato trainato da una riduzione dei costi più marcata del previsto e da un miglioramento della redditività nella banca retail francese, dove l’utile operativo è salito del 18%. Le spese di gestione si sono attestate a 4,06 miliardi di euro, sotto le attese di 4,14 miliardi, mentre il rapporto cost/income è sceso al 61%, ben al di sotto dell’obiettivo annuale inferiore al 65%.
I ricavi complessivi sono stati pari a 6,66 miliardi di euro, in calo del 2,7% su base annua, principalmente per effetto delle dismissioni di asset non strategici, ma ha comunque battuto le previsioni (6,41 miliardi). A perimetro costante, i ricavi sono invece cresciuti del 3,8%, grazie alle divisioni di banca retail, private banking e assicurazioni. Nelle attività di mercato, la performance è rimasta solida: i ricavi del trading su obbligazioni e valute sono aumentati del 12%, compensando la flessione del 6,7% nel comparto azionario.
Il Common Equity Tier 1 (CET1), misura della solidità patrimoniale, è salito al 13,7%, contro il 13,2% di un anno fa e sopra il target minimo del 13%. Nonostante il margine di capitale in eccesso, l’amministratore delegato Slawomir Krupa ha scelto la cautela: “Non intendiamo operare con un livello di capitale significativamente superiore al 13%, ma dobbiamo rimanere ragionevolmente prudenti, viste le condizioni macroeconomiche e di mercato.”
Da quando Krupa ha assunto la guida della banca, nel 2023, Société Générale ha accelerato il piano di semplificazione del gruppo attraverso la vendita di attività non core, la riduzione dei costi e il rafforzamento del capitale. I risultati mostrano che la strategia sta dando frutti con il titolo ha raddoppiato il suo valore nel 2025, dopo anni di sottoperformance. La redditività del capitale tangibile (ROTE) è salita al 10,7% nel trimestre e al 10,5% sui nove mesi, già oltre l’obiettivo annuale del 9%. Il costo del rischio è rimasto sotto controllo, a 369 milioni di euro, in calo rispetto ai 406 milioni del 2024.
La banca digitale BoursoBank, considerata una delle punte di diamante del gruppo, ha superato la soglia di 8 milioni di clienti a luglio, in anticipo rispetto agli obiettivi, contribuendo alla crescita della divisione retail in un mercato domestico sempre più competitivo. Krupa ha confermato che la banca è “sulla buona strada per raggiungere tutti gli obiettivi annuali”, mantenendo un focus su efficienza operativa, solidità del capitale e disciplina dei costi.
Il parere degli analisti sulle quattro banche
Il sentiment degli analisti sui quattro titoli sottostanti si conferma complessivamente positivo, rafforzando ulteriormente le prospettive favorevoli per il prodotto.
Banco BPM è seguita da 18 analisti: di questi, 5 raccomandano l’acquisto (buy), 10 suggeriscono di mantenere la posizione (hold) e 3 hanno un giudizio di vendita (sell). Il target price medio si attesta a 13,09 euro, che implica un potenziale upside del 6% rispetto ai corsi attuali a Piazza Affari.
Su Commerzbank, il sentiment si presenta più positivo: su 21 analisti che monitorano il titolo, 8 consigliano buy, 8 suggeriscono hold e 5 dicono sell. Il prezzo obiettivo medio è di 33,85 euro, con un upside potenziale dell'1% rispetto alle quotazioni correnti a Francoforte.
Il quadro più favorevole riguarda Société Générale, coperta da 24 analisti: 17 raccomandano buy, 5 indicano hold e 2 consigliano sell. Il target price medio è pari a 64,11 euro, con un potenziale upside del 7% sui corsi attuali a Parigi.
Infine, su Banca MPS, tra i 12 analisti che monitorano il titolo, 9 consigliano buy, 3 suggeriscono hold e nessuno sell. Il prezzo obiettivo medio è di 9,60 euro, che implica potenziale di crescita del 21% rispetto alla quotazione attuale a Piazza Affari.
Attenzione: Il Certificate XS3111141589 è soggetto ad un livello di rischio pari a 5 su una scala da 1 a 7.
Ricordiamo che investire in certificati espone l’investitore al rischio fallimento dell’emittente e a quello di azzeramento di un sottostante, casi che possono comportare la perdita dell’intero investimento.
Barclays gode di un buon rating:
- A1 da parte di Moody
- A+ da parte di S&P
I potenziali rendimenti indicati sono sempre al lordo della tassazione.
Prima di ogni investimento leggere sempre tutti i documenti scaricabili dalla pagina del prodotto dell’emittente.
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