Mercato del lavoro Usa sotto stretta osservazione


La disoccupazione Usa è in crescita, ma rimane vicino ai livelli pre-covid, i più bassi degli ultimi cinque anni.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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La disoccupazione settimanale dovrebbe fornire le prime anticipazioni sulla percentuale dei non occupati di dicembre che, ricordiamo, sarà resa nota il 6 gennaio prossimo ed è previsto crescere al 3,8% (contro il 3,7% di dicembre).

Il tasso di disoccupazione è cresciuto dal picco minimo del 3,5% dello scorso settembre, ma rimane comunque vicino ai livelli pre-pandemia, che sono ancora i più bassi degli ultimi cinque anni. Tuttavia, sono sempre maggiori i segnali che indicano un mercato del lavoro in fase di rallentamento.

Nonostante il tasso di partecipazione al lavoro sia sceso e la crescita della retribuzione oraria media sia in flessione, il mercato non sta ancora mostrando un reale aggiustamento di lungo periodo, quale risposta alla rapida stretta monetaria. Gli effetti di un rialzo dei tassi richiedono infatti del tempo (6/9 mesi) prima di essere pienamente visibili.

La situazione dell’occupazione rimane sotto stretta osservazione come uno dei segnali attesi degli effetti della lotta all'inflazione. Un relativo peggioramento del mercato del lavoro è quindi, paradossalmente, auspicato dai mercati finanziari.

Da circa due anni il mercato del lavoro USA, un tempo molto flessibile, ha assunto caratteristiche di rigidità a causa soprattutto della carenza di manodopera. Le imprese hanno difficoltà ad assumere e stanno aumentando i salari per attirare i candidati e trattenere i dipendenti, contribuendo per questa via a far salire i prezzi.

D’altro canto, un tasso di disoccupazione persistentemente basso è anche visto dagli investitori come un segno che l'economia rimane solida e lascia più spazio di manovra alla FED, che quindi rischia così meno di far precipitare l'economia in una potenziale recessione.

Anche con una disoccupazione al 3,8%, la crescita dei posti di lavoro resta comunque positiva, ancor che in rallentamento. Lo scenario appare favorevole per la politica: i lavoratori rientrano nella forza-lavoro, attenuando i timori sulla carenza di manodopera e, allo stesso tempo, contenendo le pressioni sulla crescita salariale. Il tasso di disoccupazione aumenta dai minimi di ciclo, ma non di molto, evitando una recessione, con conseguente attenuazione dell’inflazione.

Non c’è un evidente ed urgente bisogno che la FED si muova per salvare un’economia in sofferenza, né con tutta probabilità si manifesteranno preoccupazioni di surriscaldamento se la tendenza alla ripresa della forza lavoro dovesse rimanere forte fino all’autunno. Resta da capire (ed è bene che la FED lo chiarisca il più presto possibile) se una crescita della retribuzione oraria media superiore al 5% sia compatibile con un’inflazione del 2%.

Per come si va delineando lo scenario economico attuale e con il mercato del lavoro solido, ma non surriscaldato, le probabilità che la FED tagli i tassi nel 2023 si fanno meno realistiche. Anche se una rondine non fa primavera, riteniamo che gli ultimi dati di novembre sui posti di lavoro rappresentino un ulteriore passo verso un possibile atterraggio morbido.

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