Mps, le alternative alla fusione accendono il Parlamento


Il M5s propone un rafforzamento della partnership con Amco in vista di un’uscita del Tesoro anche senza una fusione con un altro istituto. Equita ritiene l’ipotesi “di difficile realizzazione”. Intanto l’emendamento di un tetto a 500 milioni ai benefici fiscali derivanti dalle Dta, bocciato ieri dalla Commissione Bilancio della Camera, sarebbe “rientrato dalla finestra”.


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Mps al centro del dibattito parlamentare

Secondo quanto riportano oggi da diverse testate, una parte del Movimento 5 stelle starebbe spingendo in direzione di un rafforzamento nella partnership tra Banca Mps e Amco, società interamente controllata dal Tesoro, che proprio nei giorni scorsi ha chiuso l’operazione per la creazione di una bad bank con Mps in cui far confluire 8 miliardi di crediti deteriorati. In questo modo la banca potrebbe “andare sulle sue gambe” anche senza essere acquisita da un altro istituto in vista della graduale uscita della mano pubblica dal capitale (prevista entro il 2021).

La ratio alla base dell’ipotesi M5s sarebbe il controllo congiunto da parte del Mef su entrambi gli organismi (da ieri il Mef è sceso dal 68 al 64% di Mps). Ipotesi bocciata fin da subito dagli analisti. Secondo Equita Sim, ad esempio, il progetto sarebbe «di difficile realizzazione e incontrerebbe ostacoli sia dal punto di vista politico sia da parte dei regulator europei che della DG Comp, oltre ad avere secondo noi poco senso dal punto di vista industriale».

A complicare la faccenda l’emendamento, proposto dai 5 stelle, su un tetto a 500 milioni ai benefici fiscali derivanti dalle Dta (ossia la la conversione di imposte differite attive in crediti d'imposta) in caso di aggregazioni. Ieri la Commissione Bilancio della Camera ha dichiarato “inammissibile” l’emendamento volto a rendere più appetibile il boccone Mps, ma questa mattina sarebbe riapparso tra i documenti pronti per il voto alla nuova legge di Bilancio (sarà pubblicata in GU il 31 dicembre dopo l’iter parlamentare).

Alle 12 Mps resta comunque in guadagno dell’1,28% sul listino principale di Piazza Affari, scambiata a 1,18 euro.

La dote per il futuro sposo

Secondo quanto riporta oggi la Repubblica, intanto, a chi compra Mps andrà una dote fino a 7,8 miliardi di euro. Il quotidiano riporta i calcoli effettuati dal consulente del Tesoro, Mediobanca secondo cui il valore creato dall’asset per il compratore di aggira tra 5,2 e 7,8 miliardi: da 4,3 e 6,5 volte la market cap di Mps.

Gli azionisti di Unicredit, principale indiziata per una potenziale fusione, restano in allerta. La banca milanese ha frenato il ribasso a cui era andata incontro da martedì (oggi alle 12 si muove sopra la parità, +0,26% a 8 euro) ma la decisione del passo indietro del Ceo Mustier allo scadere del mandato potrebbe aumentare gli ostacoli lungo la strada di una M&A tanto voluta dal Tesoro.

Gli azionisti Unicredit certo non gradirebbero un altro aumento di capitale (per risolvere il gravame dei 10 miliardi di cause legali) dopo quello da 13 miliardi di 3 anni fa.

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