Natixis, "Conosci i rischi di questo scenario?"


Crollo. Rimbalzo. E ora? Via via che i mercati guadagnano terreno e le nostre prospettive diventano più positive, è importante valutare i futuri scenari di rischio.

A cura di Esty Dwek, Head of Global Market Strategy, Natixis


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Una seconda ondata

Una delle principali preoccupazioni per i mercati finanziari è una seconda ondata di COVID-19, in particolare un secondo lockdown, che bloccherebbe nuovamente l’attività economica e distruggerebbe la ripresa incipiente. Tuttavia, crediamo che questo scenario sia poco probabile, almeno per il momento. Innanzitutto, molte regioni sono ancora alle prese con la prima ondata di contagi.

Ma soprattutto, sebbene l’attenzione sia concentrata sul numero di casi, l’indicatore chiave è il numero di ricoveri. Il numero di casi può infatti variare per molte ragioni, che si tratti dei test effettuati, di cluster specifici od altro. Inoltre, la ragione principale del lockdown era la necessità di appiattire la curva dei contagi, in modo che i nostri sistemi sanitari fossero in grado di prestare assistenza ai casi più critici. La maggior parte dei paesi sviluppati sembra avere raggiunto l’obiettivo e, nonostante la riapertura, il numero di ricoveri non registra un forte aumento. Un certo incremento del numero di casi rimane possibile e non dovrebbe sorprendere, ma finché resterà su livelli gestibili, non c’è motivo di ricorrere a nuove misure di confinamento. Inoltre, un nuovo lockdown sarebbe molto difficile in termini di messaggi, di costo economico – in un momento in cui l’entità dei danni è ancora incerta – e di rispetto delle misure da parte della popolazione. Anche se la situazione in alcune regioni richiede un attento monitoraggio, Natixis non crede che ciò rappresenti un rischio imminente per i mercati.

Il ritorno del rischio geopolitico

I rischi geopolitici sono tornati in primo piano, a partire da un inasprimento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, innescato dai tentativi dei due paesi di incolparsi reciprocamente per la pandemia di coronavirus e dall’adozione della legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, che tuttavia si è rapidamente trasmesso ai rapporti commerciali. Nonostante il rischio che queste tensioni restino sullo sfondo almeno fino alle elezioni statunitensi, specialmente con il tentativo di Joe Biden di “rincarare la dose” nei confronti del presidente Trump, crediamo che continueremo a vedere molte parole e pochi fatti. L’economia statunitense è fragile e, in vista dell’appuntamento di novembre, non avrebbe molto senso introdurre nuovi dazi o mettere in pericolo la ripresa. Adottare un tono duro nei confronti della Cina potrebbe aiutare a conquistare voti, ma delle azioni concrete su questo fronte potrebbero essere molto più rischiose.

Con l’avvicinarsi di novembre, le elezioni statunitensi saranno al centro dell’attenzione dei media e gli investitori dovranno valutare quale candidato sia più favorevole al mercato. I repubblicani sono generalmente considerati come più favorevoli, ma la prospettiva di altri quattro anni di guerre commerciali appare spaventosa, specialmente senza una rielezione a frenare Donald Trump. Allo stesso tempo, una presidenza Biden potrebbe comportare un aumento delle imposte, una prospettiva altrettanto preoccupante per il mercato. Secondo Natixis, dovremo aspettarci una maggiore volatilità via via che le elezioni si avvicinano, soprattutto considerando che nell’ultimo periodo i sondaggi si sono rivelati poco affidabili, ma ciò non dovrebbe condurre a una correzione sostanziale.

Infine, sullo sfondo, restano da definire i rapporti commerciali fra Europa e Regno Unito dopo la Brexit. Considerando che mancano solo poche settimane alla data limite per il prolungamento del periodo di transizione dopo dicembre 2020, e che probabilmente il Regno Unito non chiederà una nuova proroga, potrebbe persistere il rischio di una “hard Brexit”. I negoziati commerciali non registrano progressi significativi, anche se sembra che ci sia stato qualche miglioramento nell’ultimo periodo. Natixis non si aspetta un accordo commerciale completo entro la fine dell’anno, ma è probabile che si possa raggiungere un’intesa su alcuni aspetti strategici sufficiente a consentire di avviare la fase post-Brexit e negoziare un accordo più ampio in seguito. Inoltre, tenuto conto della cattiva gestione della pandemia da parte del Regno Unito, è possibile che i rischi pesino maggiormente dal lato britannico piuttosto che da quello europeo, che ha (infine) colto l’occasione di questa crisi per adottare misure in vista di una maggiore cooperazione ed integrazione.

Danni e conseguenze ancora incerti

I mercati, che anticipano i dati economici, si concentrano già sulla ripresa della crescita e sul 2021, ma di fatto non conosciamo ancora l’entità dei danni causati dalla crisi pandemica. Ci si aspetta in effetti un aumento dei fallimenti e, anche con la riapertura, non sappiamo quante aziende riusciranno a ripartire con le misure di distanziamento sociale ancora in vigore.

Il primo rischio riguarda i consumi, poiché dei livelli di disoccupazione persistentemente elevati potrebbero comportare una contrazione dei consumi in futuro, anche se Naticis non sottovaluta il consumatore americano e i primi segnali indicano che le spese dovrebbero riprendere parallelamente al ritorno alla normalità. Anche l’effetto contagio dei fallimenti sui mercati del debito deve essere monitorato con attenzione, considerando che sul mercato dei titoli high yield statunitensi i default potrebbero avvicinarsi al 10%.

Pur credendo che le banche centrali aiuteranno ad evitare i peggiori scenari di default che paralizzerebbero i mercati del credito, manteniamo un orientamento più prudente verso il segmento high yield, alla luce dei rischi esistenti. Naturalmente, si possono individuare selettivamente delle opportunità, ma un’allocazione più sostanziale appare rischiosa in questo momento. In una prospettiva futura, ma non così lontana secondo le persone a cui Natixis ha posto la domanda, c’è il rischio di bolle finanziarie, poiché le valutazioni sono notevolmente aumentate sulla scia del rimbalzo del mercato: alcune regioni hanno raggiunto dei massimi storici, e i flussi dovrebbero proseguire, data l’entità delle iniezioni di liquidità operate dalle banche centrali in tutto il mondo. Poiché in passato le bolle sono state una preoccupazione per le banche centrali, le vedremo intervenire anche nell’attuale contesto? Il presidente Powell ha risposto in modo deciso: la Fed non si preoccupa per le bolle, si concentra sulla disoccupazione. Ciò non significa che non possa verificarsi una bolla, ma la banca centrale statunitense non interverrà per contenere la performance.

La liquidità illimitata evoca anche lo spettro dell’inflazione, ma finora lo stimolo è consistito in gran parte in misure di sostegno o di sostituzione del reddito, e la velocità della moneta non registra un’accelerazione, il che lascia supporre che per il momento le pressioni inflazionistiche restano deboli. La perdita di produttività dovuta alle nuove misure di contenimento della pandemia potrebbe comportare un aumento dei costi per i consumatori, ed anche il rimpatrio di settori produttivi strategici potrebbe condurre ad un aumento dell’inflazione a più lungo termine, ma nessuno di questi fenomeni appare imminente. E le banche centrali consentirebbero all’inflazione di superare gli obiettivi, qualora si materializzasse.

Il rischio di delusione

Il rischio che ci preoccupa maggiormente è il rischio di delusione. In effetti, i mercati sono posizionati per una perfetta ripresa a “V”, che difficilmente si concretizzerà senza scossoni. Via via che ci avviciniamo alla pubblicazione dei dati relativi al secondo trimestre e dei risultati societari, gli annunci potrebbero deludere i mercati.

Finora i dati hanno sorpreso al rialzo, specialmente negli Stati Uniti, spingendo gli indici delle sorprese economiche a livelli record ma, con la progressiva ripartenza dell’economia e l’aumento delle attese, i dati potrebbero non essere sufficientemente solidi per le attuali aspettative di mercato. In effetti, nel momento in cui Powell ha fornito una valutazione più parca delle prospettive di ripresa, i mercati hanno registrato forti ribassi. Tuttavia, l’attività ha ripreso a maggio. Certo, la ripresa sarà scaglionata e graduale, e occorrerà molto tempo per tornare a livelli pre-crisi, ma la maggior parte delle principali economie sembra essere ripartita: probabilmente il peggio è passato.

Nell’imminenza dell’estate, i risultati del secondo trimestre potrebbero tracciare un trimestre cupo che molti avrebbero preferito dimenticare. Inoltre, i dati potrebbero evidenziare il fatto che il livello di partenza della ripresa dei ricavi è molto più basso del previsto; pertanto, il recupero potrebbe richiedere più tempo. Natixis ritiene quindi probabile una maggiore volatilità, come pure delle fasi di correzione del mercato. Ciò detto, i rischi di ribasso sembrano più contenuti in questo momento, dato che c’è ancora molta liquidità nei portafogli, la maggior parte degli investitori ha mancato il rimbalzo e le previsioni di consenso rimangono relativamente “bearish”. Ciò non significa che Natixis si aspetta che la traiettoria di recupero dei mercati sia una linea retta, ma ritiene poco probabile che si possa assistere a una liquidazione in massa, o che si possano ritestare i minimi di marzo, poiché le eventuali correzioni, anche lievi, saranno probabilmente considerate come dei punti di entrata.

Conclusione

Natixis pensa che sia troppo presto per assumere un approccio eccessivamente aggressivo nell’ambito della propria asset allocation, e non ama l’idea di rincorrere il rimbalzo; cerchiamo piuttosto di approfittare di queste opportunità per costruire le nostre posizioni a lungo termine.

In effetti, sebbene gli scenari di rischio abbondino, Natixis non si aspetta che essi possano causare un’inversione della recente tendenza rialzista. D’altra parte, i mercati “scontano” già gran parte delle buone notizie attese, e potrebbero avere bisogno di ulteriori sorprese al rialzo per poter compiere un nuovo balzo significativo. Nell’attesa, Natixis pensa che la rotazione a favore degli asset europei e dei settori value possa proseguire nel breve termine. Esorta inoltre a comprare ciò che comprano le banche centrali: il credito corporate, con una preferenza per i titoli investment grade, dati i rischi precedentemente esposti in relazione al segmento high yield.

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