Nel 2025 l’India non supera la Cina

12/09/2025 05:30
Nel 2025 l’India non supera la Cina

L’india ha sovraperformate la Cina fino al 2024, ma nel 2025 lo scenario si è ribaltato, soprattutto per i dazi inaspettatamente alti imposti da Trump

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Inflazione della Germania di YoY agosto prevista in crescita al +2.2% (da +2% di luglio), quella francese è attesa crescere dello 0.9% (da +1% di luglio), mentre ferma al +2.7% è attesa quella della Spagna. Leggermente in flessione la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di settembre (stima 58 punti contro 58.2 di agosto).

In crescita al +2.9% (+2.7% a luglio) e in linea con le attese l’inflazione degli Stati Uniti YoY di agosto. Più alti delle attese i sussidi settimanali alla disoccupazione (263k contro 235k) e in crescita rispetto ai 236k della scorsa settimana. I dati non sbrogliano la matassa della Fed che il 17 settembre dovrà decidere se ridurre i tassi, sostenendo la piena occupazione, oppure lasciarli invariati per agire contro l’inflazione che al +2.9% è fuori target.

Come era nelle attese della vigilia, la BCE ha deciso di mantenere invariati i tassi di interesse. Le nuove proiezioni economiche presentano un quadro di inflazione media simile a quello previsto a giugno: +2.1% nel 2025, +1.7% nel 2026 e +1.9% nel 2027. L'economia dovrebbe crescere dell'1.2% nel 2025 (stima rivista al rialzo rispetto allo 0.9% previsto a giugno. Leggera flessione al +1% nel 2026, mentre risulta invece invariata al +1.3% quella per il 2027. I portafogli APP e PEPP stanno diminuendo a un ritmo misurato e prevedibile, poiché l'Eurosistema non reinveste più i rimborsi del capitale sui titoli in scadenza. Nessuna novità nel corso della conferenza stampa, dove la Lagarde ha ribadito che il percorso della politica monetaria non è definito, pur in presenza di tassi che ha definito in equilibrio e la BCE continuerà di volta in volta a fare riferimento ai dati.

Per la gran parte di questo decennio, gli investitori hanno preferito l’India (l’elefante) alla Cina (il drago). Ciò si basava sull’aspettativa che l’India rappresentasse la storia di crescita più promettente nell’universo EM e che, a differenza della Cina, non fosse nel mirino del protezionismo statunitense. La sovraperformance dell’India ha alimentato il sentiment degli investitori: tra il 2020 e il 2024, l’indice MSCI India ha sovraperformato il suo omologo cinese di quasi il 100%. Nel 2025, però, lo scenario si è ribaltato: il guadagno da inizio anno (YTD) di quasi il 30% dell’MSCI China ha oscurato l’andamento piatto dell’India. L’India non aveva sottoperformato l’indice MSCI EM in misura così ampia da decenni.

Cosa sta succedendo? In primo piano ci sono sicuramente i venti contrari sul fronte commerciale, con gli Stati Uniti che hanno imposto inaspettatamente un dazio aggiuntivo del 25% all’India come punizione per l’acquisto di petrolio russo (l’India ora importa oltre un terzo del suo petrolio dalla Russia, rispetto all’1% prima dell’invasione dell’Ucraina nel 2022). È facile capire come con le tensioni elevate tra gli Stati Uniti e l’economia più in rapida crescita al mondo, la posta in gioco sia significativa: il paese dipende dagli Stati Uniti per un terzo dei suoi investimenti esteri e per il 20% delle sue esportazioni di merci, per non parlare dell’afflusso di imprese statunitensi che potrebbero potenzialmente spostare maggiore capacità manifatturiera dalla Cina all’India.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, malgrado le speranze di emergere come alternativa alla Cina nelle catene di fornitura, la quota dell’India nella manifattura globale è cambiata di poco negli ultimi 15 anni. Quota che potrebbe cambiare poco nei prossimi anni qualora le aziende statunitensi preferissero approvvigionarsi da altre parti del mondo a basso costo, come per esempio in come Vietnam e Bangladesh.

Nonostante una crescita del PIL reale ancora notevole (+7.8% nel 2Q25), la sottoperformance del mercato azionario indiano potrebbe continuare nel breve termine, dato un indebolimento delle prospettive sugli utili societari e un possibile colpo alla crescita qualora i dazi punitivi dovessero rimanere a lungo e magari intensificarsi.

Dall’altro lato, un miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti sarebbe un’evoluzione positiva, soprattutto dopo un consistente derating valutativo nell’ultimo anno. Aumentare la quota di investimenti esteri sarà infatti fondamentale per la crescita futura dell’India. Lo scorso anno la quota dell’India dei flussi globali di investimenti diretti esteri (IDE) è stata di appena il 2%. Finora in questo secolo, l’India ha raccolto un quarto degli afflussi cumulati di IDE attratti dalla Cina.

Nel frattempo in Cina, anche grazie in parte alla forza del settore tecnologico, il momentum azionario è migliorato notevolmente quest’anno. E pure il sentiment è cresciuto: secondo l’ultima indagine di BofA Global Research tra i gestori di fondi in Asia, la Cina è emersa come il secondo mercato preferito dell’Asia Pacifico dopo il Giappone. Restano però numerosi venti contrari macroeconomici. Tra i quali la persistente debolezza del comparto immobiliare, la fiacca domanda dei consumatori e la sovraccapacità produttiva. Riguardo a quest’ultima, vale la pena monitorare i più recenti tentativi del governo di affrontare la “involution”, ovvero l’eccesso di concorrenza sui prezzi che comprime i margini di profitto e limita la crescita dei salari.

Sul fronte mercati finanziari, vediamo gli analisti continuare a ritenere appropriata un’allocazione strategica alle azioni dei mercati emergenti all’interno di un portafoglio ben diversificato. Tuttavia, come evidenziato sopra, le prospettive variano da paese a paese e dipendono in parte dagli sviluppi della politica commerciale globale. Crediamo quindi che sia da privilegiare un approccio di gestione attiva.

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