Nessuna buona notizia dal PIL dell’Europa

Secondo lettura del PIL dell’Europa QoQ del 4Q24 pari al +0.1%, leggermente superiore alle attese (zero), ma in flessione rispetto al +0.4% del 3Q24. Non è ovviamente una buona notizia, soprattutto in vista della possibile flessione attesa indotta dai dazi della nuova amministrazione americana. Flessione del Pil che, secondo Goldman Sachs potrebbe essere tra lo 0.3% e lo 0.5% nel 2025. Ovviamente il tutto dipenderà dal momento in cui entreranno in vigore e dalla loro intensità.
A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM
Settimana non particolarmente densa di dati importanti almeno fino a mercoledì 19 dove ci sarà il meeting non di politica monetaria della BCE e presumibilmente ci sarà qualche notizia relativa ai possibili contro dazi dell’UE verso gli Stati Uniti. Appuntamento importante inoltre venerdì 21, dove saranno resi noti i PMI sia dell’Europa che dagli Stati Uniti.
Decisamente peggiori delle attese le vendite dal dettaglio USA MoM di gennaio (-0.9% contro -0.2% atteso e +0.7% di dicembre). Al di la della negatività del dato puntuale, l’importante è capire la continua crescita dei prezzi comincia a pesare sui consumi e quindi smorzare la crescita del PIL.
Si, continuiamo a parlare di tariffe, perché queste rimangono al centro delle discussioni economiche. Secondo la nostra opinione, le tariffe rimarranno probabilmente uno strumento rozzo della diplomazia statunitense (detto peggio, ma sembra quello che ha detto Panetta) e, di conseguenza, rappresentano una variabile imprevedibile per l'evoluzione futura della crescita economica reale, degli utili aziendali, dell'inflazione e di altri parametri chiave.
Basandoci su varie fonti, riportiamo di seguito alcuni potenziali effetti macroeconomici delle tariffe:
Non favorevoli agli utili: secondo BofA Global Research, un’imposizione del 25% di dazi su Canada e Messico e un aumento del 10% sui dazi alla Cina potrebbe causare un calo del 2% degli utili delle aziende dell’S&P 500. L'impatto sugli utili dipenderà dal grado di ritorsione da parte degli altri paesi. Stimano inoltre un calo dell’8% degli utili per azione dell’S&P 500 se le attuali tensioni si trasformassero in una vera e propria guerra commerciale bilaterale;
Non favorevoli alla crescita negli Stati Uniti: se attuate completamente, le tariffe del 25% su Canada e Messico e un aumento del 10% sui dazi alla Cina potrebbero inoltre far calare dell’1% il PIL reale statunitense.
In Messico e Canada: le stime recenti suggeriscono un impatto maggiore sul PIL di Canada (-5%) e Messico (-8%) nel caso di tariffe al 25% imposte dagli Stati Uniti. Circa il 14% del PIL canadese e il 16% del PIL messicano dipendono dalle esportazioni di beni dirette agli Stati Uniti, secondo Bloomberg.
Nel mondo: le simulazioni degli analisti suggeriscono che un aumento generalizzato del 10% delle tariffe statunitensi potrebbe portare ad una riduzione dello 0,2% della crescita globale, secondo la Banca Mondiale, assumendo però che non ci siano ulteriori ritorsioni da parte degli altri paesi.
Sfide per l’inflazione: stime recenti (BofA Global Research e Goldman Sachs) indicano che un aumento del 10% delle tariffe sui prodotti cinesi potrebbe aggiungere 5-10 punti base all'inflazione core delle spese per consumi personali (PCE). Se le tariffe al 25% su Messico e Canada fossero sostenute, l'inflazione headline PCE potrebbe aumentare dello 0,7%, secondo Bloomberg. Considerando che Canada e Messico forniscono più del 70% delle importazioni di petrolio greggio alle raffinerie statunitensi, i prezzi del carburante potrebbero aumentare fino a 50 centesimi al gallone nel Midwest, secondo il Consiglio per le Relazioni Estere (CFR). Il Messico è anche il principale fornitore di prodotti freschi per gli Stati Uniti (aspettatevi prezzi più alti per avocado e altri prodotti simili).
Sfide per le piccole imprese: tariffe sostenute rappresenterebbero un maggiore ostacolo per le piccole e medie imprese rispetto alle grandi aziende. Si prevede un calo potenziale dell’8% degli utili delle aziende del Russell 2000 e del 4% per quelle dell’S&P 400 nel caso di dazi al 25% su Messico e Canada e al 10% sulla Cina. Una guerra commerciale bilaterale sarebbe ancora più dannosa per queste aziende, con stime che indicano un calo del 28% degli utili per le Small Cap e del 7%-8% per le Mid Cap (secondo BofA Global Research).
Per l’industria automobilistica: alcuni settori rimangono più esposti all'impatto delle tariffe. Ad esempio, gli Stati Uniti importano più di 200 miliardi di dollari di veicoli e parti automobilistiche da Messico e Canada. Sarebbe necessario un aumento di 3.300 dollari per unità sui prezzi dei veicoli per compensare il costo delle tariffe al 25%.
Poco gettito fiscale generato: le tariffe proposte su Messico, Canada e Cina genererebbero circa 100 miliardi di dollari all’anno, una cifra trascurabile rispetto alle entrate governative totali (secondo il Tax Foundation).
Tenendo conto di tutto ciò, le implicazioni complessive macro economiche e di mercato delle tariffe dipenderanno ovviamente dalla loro durata e dalla loro intensità, oltre che dalle eventuali misure di ritorsione più o meno forti dei paesi interessati.
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