Niente flessioni dei tassi se l’inflazione non si raffredda


Powell probabilmente manterrà una politica monetaria restrittiva più a lungo rispetto a quanto ci si potesse aspettare alla fine del 2022, e le dichiarazioni dei membri del FOMC vanno proprio in quel senso.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Prezzi al consumo YoY di gennaio della Germania in uscita oggi alle 8:00 (stima 8,7% contro 8,6% di dicembre) indice IFO di febbraio (stima 91,4 punti contro 90,2 di gennaio) e inflazione dell’Italia YoY di gennaio alle 10:00 (stima 11,6% invariata rispetto a dicembre), richiesta dei sussidi settimanali alla disoccupazione USA alle 14:30 (stima 200k contro 194 della scorsa settimana) e la revisione del PIL USA del 4Q22 (stima 2,9% in linea con il dato del 26 gennaio scorso, contro 3,2% del 3Q22).

Ieri l’indice ZEW di febbraio è risultato peggiore delle aspettative (21,8 punti contro 22 attesi, ma migliore del dato di gennaio, pari a 16,9 punti). Meglio delle stime invece il PMI composito di febbraio (50,5 punti contro 47,2 atteso).

Stasera verranno pubblicate le minute della FED relative al meeting dell’1-2 febbraio scorso. Non crediamo che ci saranno novità particolari, anche perché si riferiscono ovviamente al giudizio dei membri del FOMC prima dei dati rilasciati successivamente che indicano un’inflazione che fatica a scendere sotto la spinta di una dinamica del lavoro ancora molto forte e salari crescenti.

L’inflazione USA di gennaio infatti, pur essendo risultata in riduzione rispetto a dicembre (6,4% contro 6,5%) è stata più elevata rispetto al consensus degli analisti che si aspettavano una discesa al 6,2%. Non particolarmente bene nemmeno l’inflazione core, che ha registrato un aumento dello 0,4% su base mensile (+0,4% anche a dicembre), mentre il dato tendenziale aumenta del 5,6% (5,5% a dicembre).

Anche l’inflazione dei servizi di base rimane elevata, soprattutto per effetto della domanda di lavoro che supera costantemente l’offerta di lavoratori disponibili e che sta portando i datori di lavoro ad aumentare i salari nel tentativo di trattenere e attrarre lavoratori.

Questo significa che Powell probabilmente manterrà una politica monetaria restrittiva più a lungo rispetto a quanto ci si potesse aspettare alla fine del 2022 e di conseguenza più lungo è atteso rimanere anche lo squilibrio economico. Le ultime previsioni indicano un livello dei Fed funds pari al 5,25% - 5,50% nel corso del 1Q23 che probabilmente rimarrà tale almeno fino a tutto il 3Q23.

Su tutte, le dichiarazioni di Michelle Bowman, membro del Board of Governors della FED il quale, nel corso di un evento a Orlando, ha detto che ulteriori aumenti dei tassi saranno appropriati per portare il tasso sui fed funds ad un livello restrittivo per un tempo sufficientemente lungo per ripristinare la stabilità dei prezzi.

In altre parole, non crediamo che la FED possa diminuire i tassi di interesse portandoli vicino a quello neutrale (2,25%) fintantoché non vedrà un raffreddamento strutturale delle pressioni sulla domanda di beni e servizi che consenta un rientro significativo dell'inflazione nell’intorno del 2% di obiettivo.

Che cosa significa questo per i mercati? Mai come in questo momento di incertezza generale, riteniamo che occorra una strategia che associ alla salvaguardia del capitale, l’esigenza di reddito. In quest’ottica riteniamo corretta una selezione dei titoli guidata da un approccio value, volto a privilegiare società che storicamente hanno distribuito dividendi.

Il che significa la ricerca di quelle società in grado di generare utili anche in un contesto particolarmente sfidante, come quello che si prospetta per il 2023, e siano caratterizzate da resilienza ai rischi geopolitici che mostrano purtroppo una tendenza crescente.

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