Non c'è da temere il contagio della crisi di SVB e Credit Suisse


I problemi di SVB e Credit Suisse potrebbero scatenare una crisi finanziaria globale, simile al post fallimento Lehman Brothers? La situazione attuale è molto diversa da quella del 2008/09, ma questo non significa che non ci saranno conseguenze, come un aumento dell'incertezza, che sui mercati si traduce in volatilità.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Tasso di disoccupazione della Germania di marzo in uscita oggi alle 9:55 (stima 5,5 invariato rispetto a febbraio). Inflazione di marzo (stima 7,2% contro 8,5% di febbraio) e tasso di disoccupazione dell’Europa di febbraio entrambe alle 11:00 (stima 6,7% invariato rispetto a gennaio). Sul fronte USA alle 15:45 è atteso il PMI Chicago di marzo (stima 43,6 punti, invariato rispetto a febbraio) e alle 16 la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di marzo (stima 63,4 punti contro 67 di febbraio).

Ieri l’inflazione delle Germania YoY di marzo è risultata più elevata rispetto alle stime (7,4% contro 7,3% stimato), ma in flessione rispetto a febbraio, pari all’8,7%. Peggio delle aspettative sono risultate anche le richieste settimanali dei sussidi alla disoccupazione USA (198k contro 196k atteso e 191k della scorsa settimana), così come la lettura finale del PIL del 4Q22, diminuito al 2,6% (2,7% la seconda lettura).

Dopo i problemi di SVB e Credit Suisse, ci siamo più volte interrogati se questo potesse scatenare una crisi finanziaria globale, simile al post fallimento Lehman Brothers, anche nel resto del mondo e in particolare in Europa. Da più parti si è correttamente osservato come la situazione attuale sia molto diversa da quella che abbiamo avuto nel 2008/09. In primo luogo, perché le banche hanno posizioni patrimoniali e di liquidità decisamente migliori e ben al di sopra dei requisiti minimi e la loro situazione è complessivamente più solida, grazie ad una regolamentazione più stringente. In secondo luogo, anche la situazione macroeconomica è decisamente migliore con problemi di competitività delle economie europee più contenuti rispetto al periodo 2008/09. Infine, cosa non da poco, l'approccio di politica economica è completamente diverso.

Che non vuol dire che i noti eventi non avranno conseguenze. Fra tutti un aumento dell'incertezza, che sui mercati si traduce in volatilità. Come abbiamo diverse volte messo in luce, sul fronte regolatorio i problemi delle due banche porteranno ad un ulteriore inasprimento degli standard creditizi anche nell'area dell'euro. Inasprimento che significa minore crescita, ma anche minore inflazione, la cui dinamica è però ancora tutta da valutare.

La BCE rimane ferma sull’obiettivo del 2% di inflazione, anche se è perfettamente conscia che non potrà essere raggiunto a breve ma probabilmente nell’arco dei prossimi due o tre anni. Anche se ci aspettiamo che l'inflazione primaria diminuirà piuttosto rapidamente nei prossimi sei o sette mesi, grazie agli effetti di base che giocano a favore di una sua rapida riduzione, quello che assume particolare rilievo è la traiettoria dell’inflazione core, piuttosto che il raggiungimento dell’obiettivo del 2% dell’inflazione primaria.

Ci sono elementi positivi e negativi che giocano a favore e contro la disinflazione. Tra i primi sicuramente il calo dei prezzi dell'energia, il risolversi delle strozzature sul lato dell'offerta e gli effetti che la politica monetaria restrittiva comincia ad avere sui presti bancari e le condizioni di finanziamento. Tra gli aspetti meno positivi troviamo l’accelerazione degli aumenti salariali che ha un impatto diretto sui prezzi dei servizi. Ma anche la politica fiscale e il modo in cui questa si evolve nel tempo e la riapertura della Cina, che è sicuramente positivo per la crescita ma può aggiunge pressione alla dinamica dei prezzi.

Per smorzare gli effetti negativi sui prezzi, occorre che le misure di sostegno fiscale siano temporanee, selettive e mirate ai gruppi più vulnerabili della società: sussidi trasversali per tutti non sono infatti molto utili. Alla fine potrebbero infatti rivelarsi un ostacolo per esempio alla transizione verde, perché i prezzi devono riflettere la realtà del mercato. I sussidi generali e a pioggia creano opacità sui “corretti incentivi” e generano segnali di prezzo per ridurre la domanda. I prezzi dell'energia stanno diminuendo ovunque e quindi i sussidi dovrebbero adeguarsi a questo calo.

Un problema di non facile gestione sono inoltre i rapporti di debito pubblico in Europa, aumentati notevolmente dall'inizio della pandemia. La risposta della politica fiscale alla pandemia è stata corretta e non avrebbe potuto essere diversa, ma ci ritroviamo oggi con rapporti di debito pubblico più elevati e disavanzi pubblici strutturali più elevati. Da questo punto di vista, le regole fiscali dell’UE sono in discussione, ma occorrerebbe disinnescare da subito la clausola di salvaguardia.

Ragioniamo sempre di banche. Ma negli ultimi anni sono aumentati anche i soggetti non bancari, i quali hanno assunto rischi anche elevati, durante il periodo di tassi molto bassi. Si tratta di rischi di liquidità, durata, credito e leva finanziaria. Il violento cambiamento della politica monetaria potrebbe far emergere criticità anche in questi soggetti, in realtà non controllati direttamente dalla BCE o dalle banche nazionali. Sicuramente gli strumenti per un controllo sia pure indiretto sono già tutti attivi (FSB, FMI, G20, ESRB, ESMA), ma non possiamo escludere a priori che qualche soggetto non bancario non possa essere fonte di problemi per l’intero sistema finanziario.

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