Nvidia e Changan rilanciano la Cina, chip e auto nel nuovo ordine globale

La Cina ruba la scena con due notizie clamorose: da un lato l’improvviso ritorno di Nvidia sul mercato cinese con una maxi-commessa di chip H20, dall’altro la strategica promozione di Changan Automotive Group a impresa statale centrale. Due episodi distinti che convergono in una stessa direzione: il rafforzamento dell’influenza tecnologica e industriale cinese sullo scenario globale, in un contesto dove la dipendenza reciproca tra economie si conferma più attuale che mai.
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La Cina torna protagonista sui mercati globali
In una settimana già fitta di appuntamenti macroeconomici, trimestrali societarie e sviluppi diplomatici, la vera protagonista non è stata né la Federal Reserve né la Banca Centrale Europea, bensì la Cina. Come evidenziato da Gabriel Debach, market analyst di eToro, due eventi in particolare hanno polarizzato l’attenzione degli investitori internazionali: la mossa inattesa di Nvidia sul mercato cinese e la decisione di Pechino di trasformare Changan Automotive Group in un colosso industriale di Stato.
Partendo da Nvidia, secondo indiscrezioni riportate da più fonti, il colosso dei semiconduttori avrebbe ordinato ben 300.000 chip H20 al fornitore TSMC. Una notizia che a prima vista potrebbe sembrare un semplice dettaglio logistico, ma che invece sposta l’asse della strategia globale della tecnologia. L’ordine appare infatti in netta contraddizione con quanto dichiarato da Nvidia nei mesi precedenti. Solo a giugno, il CEO Jensen Huang aveva dichiarato ufficialmente conclusa ogni relazione commerciale con la Cina per quanto riguarda la linea Hopper, a seguito del divieto imposto dagli Stati Uniti nell’aprile scorso. “La nostra attività data center in Cina è finita”, aveva affermato. Le guidance finanziarie dell’azienda indicavano una perdita di circa 8 miliardi di dollari nei ricavi stimati per il secondo trimestre dell’anno fiscale 2026, con oneri pari a 4,5 miliardi derivanti da scorte ormai inutilizzabili. I portavoce di Nvidia avevano inoltre dichiarato che la domanda per il chip H20 era “evaporata”.
Tuttavia, si legge nel report di eToro, l’attuale ordine da 300.000 unità cambia radicalmente lo scenario. Una cifra di tale portata rivela non solo che la domanda cinese esiste, ma che è esplosa, spingendo Nvidia a rientrare in un mercato da oltre 50 miliardi di dollari, considerato dalla stessa azienda “essenziale per il successo globale”. Il chip H20, sebbene descritto come “25 volte meno potente” rispetto alla nuova linea Blackwell, resta di fatto l’unica opzione disponibile per il mercato cinese. Per Nvidia, rappresenta anche l’ultima porta d’accesso a una piazza ancora strategica e redditizia, in barba alle dichiarazioni precedenti.
Il settore dei chip beneficia del clima distensivo tra Usa e UE
L’onda lunga dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea ha rafforzato ulteriormente il comparto tecnologico. Nella giornata di ieri, il settore dei semiconduttori ha brillato sia in Europa che negli Stati Uniti. Sul versante europeo, le azioni di ASML, ASM, BESI e STMicroelectronics hanno guidato un rally significativo, sospinte dalla notizia dell’intesa tra Washington e Bruxelles.
Il punto cruciale dell’accordo, secondo Debach, riguarda l’introduzione di un dazio del 15% sulle esportazioni di semiconduttori, una soglia considerata “gestibile” dagli operatori e molto più bassa rispetto al 30% temuto in caso di mancato compromesso. Alcune apparecchiature ad alto contenuto tecnologico potrebbero addirittura essere esentate o beneficiare di quote agevolate, offrendo così ai gruppi europei più tempo per adattarsi e meno pressione competitiva immediata.
Negli Stati Uniti, il clima si è rasserenato in modo speculare: titoli come Super Micro Computer, AMD e la stessa Nvidia hanno registrato performance positive, allontanando lo spettro di una nuova guerra commerciale tra alleati storici. Secondo Debach, il segnale lanciato dai mercati è chiaro: l’accordo rappresenta una tregua utile e un’opportunità per riallineare le filiere globali, evitando fratture che avrebbero danneggiato entrambe le sponde dell’Atlantico.
L'auto cinese si ricompone attorno a Changan
Il secondo capitolo della settimana cinese riguarda l’automotive. Pechino ha annunciato la promozione di Changan Automotive Group a impresa statale centrale, trasformando il gruppo in un perno industriale di rilievo allineato direttamente agli obiettivi strategici del Partito Comunista.
Come spiega Debach, non si tratta di una nuova nascita, ma di una profonda trasformazione strutturale. Changan esiste già, con 14 impianti produttivi e una rete globale, ma esce ora dalla sfera della China South Industries per essere integrato tra le imprese chiave del sistema centrale. Una scelta che, in apparenza, potrebbe sembrare contraddittoria: il settore auto cinese è già sovraccarico, competitivo fino all’eccesso e vittima di una guerra dei prezzi che ha eroso margini e valore. Perché allora potenziare un ulteriore attore?
La risposta è nelle logiche del consolidamento. Come sottolinea Debach, la promozione di Changan non mira a moltiplicare la concorrenza, ma a ridurre la frammentazione. Decine di produttori locali, spesso sostenuti da sussidi regionali, operano in un mercato disordinato e inefficiente. Changan, in questo contesto, diventa lo strumento per razionalizzare e guidare il settore verso obiettivi di scala, efficienza e innovazione. Non è una politica difensiva, ma l’embrione di un campione nazionale per l’auto elettrica e intelligente.
La Cina intende così rafforzare il dominio tecnologico, puntando su intelligenza artificiale, batterie allo stato solido e guida autonoma, riducendo la dipendenza da sussidi e spingendo sugli investimenti strutturali. Meno guerre di prezzo e più visione industriale, per un’espansione che guarda ai mercati internazionali.
Reazione prudente degli altri produttori cinesi di auto
I listini, però, mostrano un atteggiamento più prudente nel breve termine. Le azioni dei principali produttori cinesi di auto elettriche hanno registrato leggere correzioni, a testimonianza di un realismo tattico: Nio ha perso il 2,6%, Xiaomi è rimasta sotto del 3,3% nonostante i 23 nuovi massimi storici toccati quest’anno, BYD è rimasta sostanzialmente stabile, mentre Li Auto ha guadagnato un modesto 2,8%.
Questi movimenti, però, non cambiano la tendenza di fondo. XPeng, BYD, Nio e Li Auto restano tra i migliori titoli dell’anno, con vendite interne in crescita e un’accelerazione evidente dell’export. Come si legge nel report di eToro, l’integrazione tra intelligenza artificiale, design e autonomia di guida è già una realtà concreta nei loro modelli. In un contesto in cui Tesla mostra segni di affaticamento e gruppi come Stellantis e Volkswagen navigano a vista, la Cina si conferma leader non solo nell’offerta, ma anche nell’innovazione applicata.
Come sottolineato da Debach, questa settimana la traiettoria dei mercati parte da Pechino, passa per Taipei, si ferma a Bruxelles e arriva fino a Wall Street. Un percorso che ricorda come la globalizzazione abbia forse perso slancio, ma l’interdipendenza tra economie sia ancora centrale. La Cina, con le sue mosse su chip e automotive, si riposiziona al centro del sistema.
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