Obbligazioni a tasso negativo, sfondata quota 12mila miliardi

Investire in titoli con tassi d’interesse inferiore allo zero può sembrare un suicidio finanziario. Eppure era dal 2016 che quest titoli non riscuotevano un simile successo.
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Un titolo che non rende
Partiamo con un esempio: avete 100 euro da investire. Dove li mettete? Il mercato azionario contempla rischi non indifferenti con prospettive di guadagno più significative rispetto a quello obbligazionario, che però ha dalla sua investimenti più sicuri. Il comune denominatore è comunque lo stesso: qualunque sia la vostra propensione al rischio, nessuno sarebbe disposto a mettere i propri risparmi su un titolo che già in partenza promette di non rendere.
Niente di più sbagliato: sono circa 12mila i miliardi di dollari attualmente investiti in obbligazioni con tassi d’interesse negativi. Impressionante se si pensa che a settembre il controvalore di queste obbligazioni era a 6mila miliardi. Oggi invece un‘obbligazione su cinque ha tassi d’interesse sotto lo zero.
Un paradosso per cui il creditore finirebbe con il pagare il debitore. Perché dunque scegliere questa strada? Fatta la dovuta premessa che più gli interessi di un’obbligazione sono bassi e più il titolo riscuote fiducia sul mercato, la risposta è meno complicata di quanto possa sembrare.
Beni rifugio
Titoli di stato come i Treasury americani o i Bund tedeschi sono ormai considerati beni rifugio e, in quanto tali, vengono acquistati più facilmente quando l’economia globale dà qualche segno di cedimento. A tal punto che i loro prezzi salgono e i tassi d’interesse scendono. Anche sotto lo zero, al punto da essere scambiati come ‘risk-free’, privi di rischio.
Politica monetaria
Tra i fattori scatenanti, anche la politica monetaria accomodante delle banche centrali, che hanno reagito alla crisi finanziaria del 2008 con iniezioni di liquidità, attraverso l’acquisto di bond sul mercato o l’adozione di tassi negativi. Le politiche monetarie accomodanti successive hanno aiutato ulteriormente la discesa dei tassi.
Prima del 2009, infatti, titoli con rendimenti negativi, sia governativi che corporate, non esistevano. Oggi non solo sono all’ordine del giorno, ma riscuotono un notevole successo. Era dal 2016, quando si superò la quota di 12.168 miliardi in titoli ‘sottozero’, che non ci si avvicinava così tanto.
Fonte di guadagno
Questo però non spiega del tutto la grande cavalcata dei bond a tasso negativo.
Va infatti considerato che con questo genere di titoli è anche possibile guadagnare. Se si scommette contro l’economia globale o si vuole salvaguardare il proprio potere d’acquisto, il tutto accompagnato da una scarsa propensione al rischio, un tasso negativo può essere una prospettiva interessante.
È infatti possibile rivendere il titolo prima della scadenza a un prezzo più alto a seconda dell’andamento del mercato, oppure è possibile giocare sui cambi di valuta: un investitore non dell’Eurozona potrebbe acquistare Bund tedeschi se ritenesse che, entro la scadenza, l’euro si apprezzi nei confronti della valuta del proprio Paese in misura tale da compensare le eventuali perdite derivanti dal calo delle quotazioni.
E l’Italia?
Non solo Treasury americani e Bund tedeschi. La tendenza al ribasso degli interessi ha coinvolto anche i titoli di Paesi meno solidi delle due potenze, come Spagna e Portogallo, entrambi sotto lo 0,7%.
L’Italia resta uno dei Paesi europei a pagare tassi tra i più alti, costantemente sopra il 2%, anche se il trend generale mostra segni di miglioramento e siamo lontani dalle vette toccate lo scorso novembre, quando gli interessi erano stabilmente sopra il 3%, con punte sopra ai 3,5 punti percentuali.
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