Oggi parla la FED: FOMC sempre più diviso

Gli occhi dei mercati sono puntati sul meeting della Fed di oggi: economisti e investitori scommettono che ci sarà il primo di una serie di tagli ai tassi di interesse, in un contesto di indebolimento del mercato del lavoro
A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM
Ci siamo, oggi tocca alla Fed stabilire la traiettoria dei tassi di interesse: secondo il FedWatch Tool il 96% dei trader si aspetta una riduzione di 25 bps. Oltre ai tassi, oggi la Fed rilascerà anche l’aggiornamento delle stime economiche. Sarà inoltre importante seguire il discorso di Powell per cercare di capire quale possa essere l’equilibrio tra i due mandati della Fed.
A livello di dati, alle 11:00 è attesa la seconda lettura dell’inflazione YoY di agosto dell’Europa che non dovrebbe scostarsi in modo significativo dal +2.1% della lettura flash.
Crescono in modo inaspettato dello 0.6% (+0.2% le attese) le vendite al dettaglio US MoM di agosto e portato il tendenziale annuo al +5% (da +4.1% di luglio). In crescita pure i prezzi alle importazioni (+0.3% contro -0.2% atteso e +0.2% di luglio). In crescita anche la produzione industriale MoM di agosto (+0.1% contro -0.1% attesa e -0.4% di luglio). I dati mostrano un’economia che sta si rallentando, ma probabilmente ad un ritmo inferiore rispetto a quello atteso. Occorre comunque considerare che i dati sono fermi ad agosto.
Gli occhi dei mercati sono puntati sul meeting della Fed di oggi: economisti e investitori scommettono che ci sarà il primo di una serie di tagli ai tassi di interesse, in un contesto di indebolimento del mercato del lavoro. I futures sui fondi federali a trenta giorni stanno scontando appieno la possibilità di tre tagli dei tassi quest'anno. Nel frattempo, un sondaggio tra gli economisti condotto da Bloomberg News ha riportato che la mediana degli intervistati prevede due tagli entro la fine del 2025 (siamo d’accordo e il secondo taglio potrebbe essere nel meeting del 10 dicembre), mentre oltre il 40% degli economisti intervistati prevede tre riduzioni.
È interessante notare che il sondaggio ha anche rilevato che il 90% degli intervistati si aspetta la Fed ponga maggior enfasi proprio sui rischi del mercato del lavoro. Ciò rispecchia quello che sosteniamo da tempo: l'indebolimento del mercato del lavoro potrebbe costringere la Fed a dare priorità all'occupazione rispetto al controllo dell'inflazione, anche se ciò rischia di aumentare l'inflazione futura. Per Powell il compito di bilanciare il duplice mandato di massima occupazione e stabilità dei prezzi è diventato più delicato che mai, poiché una serie di recenti dati economici hanno fatto pendere la bilancia del rischio verso il mercato del lavoro.
Ecco alcuni dati. L'economia statunitense ha creato 911.000 posti di lavoro in meno nei 12 mesi terminati a marzo rispetto a quanto inizialmente riportato dal Bureau of Labor Statistics (BLS), suggerendo che la crescita occupazionale era già in calo prima degli aggressivi dazi sulle importazioni di Trump. Il BLS ha affermato di aver probabilmente sovrastimato il numero totale di posti di lavoro creati dagli Stati Uniti da marzo 2024 di quasi 1 milione, pari a una riduzione di circa lo 0.6%, la più grande revisione stimata nella storia. Ciò porta l'aumento medio mensile a circa 73.000 posti di lavoro al mese invece dei 149.000 inizialmente riportati.
Nel frattempo, l'ultimo rapporto Challenger mostra 85.979 tagli di posti di lavoro ad agosto, in aumento del 39% rispetto ai 62.075 annunciati a luglio. Escludendo la pandemia di COVID-19, i licenziamenti sono stati i maggiori registrati dal 2008, durante la Grande Recessione. Inoltre, le richieste iniziali di sussidio di disoccupazione sono aumentate di 27.000 unità, raggiungendo quota 263.000 nella settimana conclusasi il 4 settembre, il livello più alto da ottobre 2021.
I recenti dati sui prezzi indicano un'inflazione persistente che ha smorzato le speranze degli investitori per una ripresa della disinflazione, dopo che i rapporti governativi avevano evidenziato un trend di raffreddamento dei prezzi al consumo e alla produzione all'inizio del 2025. L'inflazione di fondo, uno degli indicatori preferiti dalla Fed che esclude i costi più volatili di cibo ed energia, è aumentata dello 0.34%, spingendo il tasso di inflazione annuo al 3.1%, decisamente al di sopra dell'obiettivo del 2% della Fed. Nonostante i segnali di un'inflazione vischiosa, gli operatori di mercato si aspettano che oggi la Fed tagli i tassi, considerata la sua attenzione sulla potenziale debolezza del mercato del lavoro. Anche i future sui Fed fund scontano una probabilità quasi del 100% di tagli dei tassi a ottobre e dicembre, il che suggerisce che molti investitori si aspettano ancora una Fed accomodante nei prossimi mesi, nonostante l'inflazione vischiosa.
In futuro siamo convinti che Powell eviterà di prendere decisioni drastiche e affrettate, poiché la minaccia della stagflazione (elevata inflazione, lenta crescita economica e crescente disoccupazione) grava su ogni mossa di politica monetaria della Fed. Il recente aumento dei prezzi al consumo e delle richieste di sussidi di disoccupazione è un classico indicatore di un potenziale contesto di stagflazione, rendendo il filo del rasoio del rischio della Fed più precario che mai.
Questo delicato equilibrio metterà alla prova anche le divisioni tra i membri del FOMC. La Commissione Bancaria del Senato ha recentemente approvato la nomina di Stephen Miran, da parte del Presidente Trump, per ricoprire un posto vacante nel Consiglio dei Governatori della Fed. Attualmente presidente del Consiglio dei Consulenti Economici della Casa Bianca, Miran dovrebbe è stato ieri confermato dal Senato e parteciperà al meeting di oggi per la definizione dei tassi. Separatamente, una corte federale ha bloccato il tentativo di Trump di licenziare Lisa Cook dal consiglio della Fed prima delle prossime riunioni. L'amministrazione ha presentato ricorso contro la sentenza e il caso potrebbe potenzialmente arrivare alla Corte Suprema.
Sebbene l'inflazione attuale sia stata considerevolmente meno grave in termini di entità e durata rispetto a quella del periodo della "Grande Inflazione" dal 1966 al 1982, la storia offre ancora preziosi insegnamenti. Le aspettative di inflazione disancorate negli anni '70 hanno portato a una "spirale prezzi-salari", in cui prezzi più elevati hanno alimentato la domanda di salari più elevati, che a sua volta ha causato un'impennata dell'inflazione. Inoltre, l'errata convinzione che la banca centrale statunitense potesse tollerare un'inflazione più elevata a fronte di una minore disoccupazione si è rivelata controproducente, poiché un'inflazione elevata ha creato le condizioni economiche per il proliferare di un'elevata disoccupazione.
Guardando al futuro, la Fed deve continuare a dare priorità alla stabilità dei prezzi, anche se per il momento la sua attenzione si sposta sul mercato del lavoro, continuando a gestire le aspettative di inflazione. In definitiva, la strategia della Fed dovrà essere flessibile e altamente reattiva ai dati in arrivo, mentre si muove tra questi segnali economici complessi e a volte contraddittori di rallentamento della crescita occupazionale, aumento della disoccupazione e inflazione persistente.
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