Oggi Pmi, PhillyFed e occupazione Usa

21/08/2025 06:30
Oggi Pmi, PhillyFed e occupazione Usa

Crescono le prove che i dazi stanno iniziando ad esercitare una pressione al rialzo sull'inflazione, anche se il PPI suggerisce che una parte degli aumenti di costi viene assorbita dalle aziende che riducono così i margini di profitto

I consumatori si aspettano nei prossimi mesi maggiore disoccupazione e inflazione e questo mette a rischio il duplice mandato della Fed

L’elevata aliquota tariffaria media (la più alta dal 1933) crea incertezza nella previsione dei potenziali risultati, motivo questo che ci spinge ad indicare in un portafoglio diversificato e focalizzato sul lungo termine la strada migliore da seguire per ridurre i rischi.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Raffica di dati macro oggi tra Pmi, PhillyFed e disoccupazione Usa

Serie di PMI dell’Europa di agosto in uscita oggi alle 10:00: Manifatturiero (stima 49.6 punti da 49.8 di luglio) e Servizi (stima 50.8 punti da 51 di luglio). Dati attesi in contrazione con gli effetti dei dazi che non hanno ancora cominciato a manifestarsi.

A cominciare dalle 14:30 sono attesi una serie importante di dati statunitensi: le richieste settimanali alla disoccupazione (stima 227k da 224k della scorsa settimana) e il PhillyFed di agosto (stima 5.9 punti da 15.9 di luglio). Alle 15:45 sono invece attesi i PMI di agosto: Manifatturiero (stima 49.9 punti da 49.8 di luglio) e Servizi (stima 53.3 punti da 55.7 di luglio). Come si nota, i dati statunitensi appaiono più resilienti rispetto a quelli dell’Europa, ma segnalano comunque una debolezza strisciante a cominciare dalla forte discesa attesa del PhillyFed.

Nessuna sorpresa dalla lettura finale dell’inflazione anno su anno di luglio dell’Europa, in linea con il +2% della lettura flash. La crescita dei prezzi sembra quindi essersi stabilizzata nell’intorno dell’obiettivo. Mancano però all’appello gli effetti che i dazi potrebbero avere sia sulla già debole crescita economica, sia sull’inflazione.

Mercati sui top ma resta lo spettro inflazione Usa

Nonostante alcune turbolenze, i mercati continuano a salire. Tuttavia, vi sono crescenti prove che i dazi stiano iniziando a esercitare una pressione al rialzo sull'inflazione. L'ultimo indice dei prezzi al consumo (CPI) del Bureau of Labor Statistics (BLS) mostra che l'inflazione di fondo, che esclude i costi volatili di cibo ed energia, è aumentata al ritmo annuo più rapido degli ultimi cinque mesi. L'inflazione dei beni è stata dello 0.2%, mentre quella dei servizi dello 0.36%, evidenziando il rischio che questa possa infiltrarsi in questo segmento più ampio dell'economia (quasi il 70% del PIL statunitense).

Inoltre, i recenti dati dei prezzi alla produzione (PPI) suggeriscono che una parte dell'inflazione viene assorbita dalle aziende prima di raggiungere i consumatori. I prezzi all'ingrosso sono aumentati dello 0.9% a luglio, il maggiore aumento mensile degli ultimi tre anni. Tale aumento è stato trainato sia dall'aumento del costo dei servizi, cresciuto dell'1.1%, sia da quello dei beni, cresciuto dello 0.7%. Per il momento quindi le imprese stanno comprimendo i margini di profitto.

La domanda è se questi costi più elevati saranno alla fine trasferiti ai consumatori e, in questo caso, se gli aumenti dei prezzi saranno un evento una tantum o diventeranno un rischio inflazionistico più persistente.

La posizione della Fed

Continuano anche le speculazioni sulla possibilità che la Fed tagli i tassi di interesse il 17 settembre prossimo, fornendo potenzialmente una spinta all'economia statunitense che di recente ha mostrato segni di debolezza, in particolare nel mercato del lavoro. Finora quest'anno, la Fed ha rimandato la riduzione dei tassi a causa dei timori per l'aumento dell'inflazione. Dopo le revisioni al ribasso dei dati sull'occupazione della scorsa settimana, i mercati scontavano una probabilità del 97% di un taglio dei tassi di 25 bps il 17 settembre. Qualora i dati anticipatori dovessero confermare la debolezza dell’economia e del mercato del lavoro, crediamo che la Fed sia pronta a tagliare i tassi. Ovviamente, molto dipenderà anche dal rapporto sull'occupazione di agosto (pur sapendo che questi sono in ritardo rispetto al ciclo) e dal fatto che il recente rallentamento del mercato del lavoro continui o peggiori. Se questa tendenza persiste, i tagli dei tassi sono più probabili.

La tensione tra l'indebolimento della crescita del mercato del lavoro e il potenziale aumento dell'inflazione è stata evidenziata dai recenti dati. Il sentiment dei consumatori è calato ad agosto per la prima volta in quattro mesi, secondo i risultati di un sondaggio dell'Università del Michigan. Il sondaggio ha mostrato che i consumatori si aspettano un aumento della disoccupazione in futuro, mentre le aspettative di inflazione sia per il prossimo anno che per i prossimi cinque-dieci anni sono aumentate bruscamente dopo il calo di luglio.

Ciò mette a rischio entrambi i lati del duplice mandato della Fed di piena occupazione e prezzi stabili e complica ulteriormente il processo decisionale in futuro. Gli investitori ascolteranno attentamente Powell al Simposio Economico di Jackson Hole domani, per cercare di cogliere indizi sulle idee della Fed su come bilanciare queste pressioni.

Nel frattempo, secondo gli ultimi dati della National Federation of Independent Business, molti piccoli imprenditori continuano a registrare vendite e utili in calo. Nonostante questi numeri, i proprietari sono ottimisti, forse scommettendo che l'effetto stimolante dei recenti cambiamenti politici supererà il potenziale impatto negativo sull'economia causato dai dazi.

Diversificare il portafoglio

Come abbiamo affermato in precedenti commenti, riteniamo però che l'effetto dei dazi dell'amministrazione sia ancora ampiamente da valutare, per due motivi principali: sono in vigore solo da poco tempo e importatori, consumatori e aziende li hanno pianificati in anticipo. Secondo il Penn Wharton Budget Model, l'aliquota tariffaria media è salita al 9.14% a giugno 2025, rispetto al 2.2% di gennaio, con il Budget Lab di Yale che calcola che l'aliquota tariffaria effettiva salirà al 18.6% se tutti i dazi annunciati al 6 agosto saranno emanati. Mica poco anche per un’economia da 30 trilioni di dollari e ampiamente diversificata come quella degli Stati Uniti.

È quindi importante ribadire che, per quanto riguarda i dazi, ci troviamo in un territorio inesplorato. Nel complesso, i dazi non sono mai storicamente stati così elevati dal 1933, quando l'economia globale era però molto diversa da quella attuale. Riteniamo che ciò crei incertezza nella previsione dei potenziali risultati e continuiamo a indicare in un portafoglio diversificato e focalizzato sul lungo termine la strada migliore da seguire per ridurre i rischi.

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