Oggi tocca alla BCE non alzare i tassi


Tognoli ritiene che oggi non ci sarà un ulteriore rialzo della BCE, per diversi motivi.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Serie di dati USA importanti per i mercati in uscita oggi alle 14:30: PIL del 3Q23 (stima 4,1% contro 2,1% del 2Q23), ordini di beni durevoli MoM di settembre (stima 0,6% contro 0,1% di agosto), richiesta settimanale di sussidi alla disoccupazione (stima 209k contro 198k della scorsa settimana).

Ieri l’indice IFO di ottobre è risultato migliore delle aspettative (86,9 punti contro 85,9 atteso e 85,8 punti di settembre). La vendita di nuove abitazioni USA di settembre è risultata decisamente più elevata del previsto (759k contro 680k atteso e 676 di agosto).

Oggi è il giorno dalla BCE. Non crediamo che la stessa procederà ad un nuovo aumento dei tassi di interesse. E questo, oltre che per i motivi che ricordavano nei giorni scorsi, anche per i dati economici.

L’attività economica ha infatti sostanzialmente ristagnato nei primi nove mesi dell’anno ed è probabile che rimanga modesta anche nei prossimi mesi. La debole domanda estera (ci sono due guerre) e le rigide condizioni finanziarie stanno frenando la crescita, soprattutto nel settore manifatturiero. Anche il settore dei servizi, che finora si è dimostrato resiliente, sta ora iniziando a ridurre la propria forza propulsiva.

Il mercato del lavoro rimane resiliente nonostante il rallentamento dell’attività, con il tasso di disoccupazione che si è attestato al minimo storico del 6,4% in agosto. Tuttavia, ci sono segnali che lo slancio sta rallentando a causa dell’indebolimento dell’economia. L’indice dei responsabili degli acquisti per l’occupazione è diminuito significativamente tra il secondo e il terzo trimestre del 2023, nonostante un leggero aumento a settembre. Anche il settore dei servizi, che è stato uno dei principali motori della crescita dell’occupazione dalla metà del 2022, sta ora creando meno posti di lavoro.

A settembre la BCE ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del PIL, in particolare per il 2023 e il 2024, a causa di un maggiore effetto di contrazione derivante dall’inasprimento delle condizioni di finanziamento e dall’indebolimento del contesto commerciale internazionale. Al di là del breve termine, la BCE prevede una ripresa della crescita negli anni successivi al 2024, grazie anche al reddito reale disponibile più elevato grazie all’aumento dei salari e al calo dell’inflazione, destinati a sostenere la spesa. Queste le ultime previsioni del PIL della BCE per l’area Euro: 0,7% nel 2023, che diventa 1,0% nel 2024 e 1,5% nel 2025.

L’inflazione è scesa notevolmente rispetto al picco a due cifre dello scorso ottobre, con il tasso principale sceso al 4,3% a settembre. Nei prossimi mesi, i forti aumenti registrati nell’autunno del 2022 verranno meno sui tassi annuali, fornendo ulteriore supporto alla decelerazione dell’inflazione. Allo stesso tempo, le pressioni di fondo sui prezzi rimangono comunque forti, anche se la maggior parte delle misure dell’inflazione hanno iniziato ad allentarsi grazie al maggiore allineamento della domanda e dell’offerta aggregata e al calo dei prezzi dell’energia negli ultimi mesi che si sta gradualmente trasferendo ad altri settori dell’economia.

Siamo convinti che nonostante l’inflazione continui a diminuire, rimarrà superiore al 2% almeno per tutto il 2024. La BCE appare determinata a garantire che l’inflazione ritorni al 2% nel modo più tempestivo possibile e per rafforzare i progressi verso l’obiettivo, la ha deciso, come noto, di aumentare di ulteriori 25 bp i tassi lo scorso settembre, portando gli aumenti complessivi a 450 bp in poco più di dodici mesi. Ora la BCE ritiene che i tassi di interesse di riferimento abbiano ormai raggiunto livelli che, se mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, daranno un contributo sostanziale al tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo.

Non abbiamo dubbi sul fatto che l’inasprimento della politica monetaria si stia trasmettendo con forza ai mercati finanziari e all’economia reale. Ma siamo incerti sulla velocità e la portata della trasmissione. Ciò è in parte dovuto al contesto economico ancora molto fluido in cui stiamo navigando, con le prospettive per l’inflazione e l’attività economica rese particolarmente incerte a causa sia degli effetti legacy degli shock precedenti che dei rinnovati rischi. Inoltre, non possiamo sottovalutare come l’attuale ciclo di rialzi sia di fatto unico, con dinamiche di rialzi dei tassi che ha viaggiato a velocità senza precedenti.

In una prospettiva di più lungo termine, crediamo che i cambiamenti strutturali nelle interazioni economiche potrebbero anche esercitare pressioni al rialzo sull’inflazione in modo più fondamentale. A livello globale, i cambiamenti nei modelli commerciali e nei mercati energetici, l’aumento dei rischi legati al clima e l’impegno a decarbonizzare l’economia, così come i rischi geopolitici, potrebbero avere implicazioni di più lunga durata, che potrebbero porre maggiori sfide alla stabilità dei prezzi.

Per questi motivi, qualsiasi analisi basata su confronti con regolarità storiche e stime basate su modelli econometrici dovrebbe essere integrata da un monitoraggio in tempo reale della trasmissione alle condizioni finanziarie ed economiche. Sebbene vi siano segnali di forza della prima fase della trasmissione, crediamo che una quota sostanziale della trasmissione dalle condizioni di finanziamento all’economia reale sia ancora in fase di elaborazione e soggetta a ritardi più lunghi. Ciò rafforza la necessità di un approccio dipendente dai dati della BCE per determinare il livello dei tassi di interesse e la durata appropriati della politica monetaria.

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