Opec+, possibile rifiuto di Mosca al taglio dell’output

Opec+, possibile rifiuto di Mosca al taglio dell’output

La riunione dei produttori prevista per oggi dovrebbe discutere una riduzione della produzione di petrolio, dopo che la scorsa settimana i paesi del G7 avevano deciso il price cap sul greggio.

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Divisioni all’Opec+

Si incrina il blocco dei produttori di petrolio aderenti all’Opec e i suoi alleati, in particolare la Russia.

Il Wall Street Journal riporta di un’opposizione di Mosca al taglio alla produzione, in discussione nel corso della riunione di oggi dell’Opec+, riduzione che secondo la Reuters potrebbe essere di 100 mila barili al giorno.

I timori della Russia sul taglio riguardano possibili segnali lanciati agli acquirenti di greggio circa un superamento dell’offerta sulla domanda globale, fattore che ridurrebbe la sua influenza sui paesi consumatori, i quali stanno ottenendo forti sconti dopo la decisione dei paesi occidentali di non acquistare l’oro nero da Mosca.

Secondo il WSJ, la Russia sarebbe più preoccupata di mantenere l’influenza nelle negoziazioni con gli acquirenti asiatici rispetto ad un eventuale vantaggio sui prezzi derivante dal taglio alla produzione.

La scorsa settimana l’Arabia Saudita aveva già ventilato l’ipotesi di una riduzione dell’output, mentre altri membri dell’Opec come la Repubblica del Congo, il Sudan e la Guinea Equatoriale si erano detti favorevoli, visto gli alti livelli della loro produzione e la discesa dei prezzi delle ultime settimane.

Sempre nei giorni scorsi, l’obiezione della Russia era emersa anche nel corso di una riunione interna del cartello, dopo che i dati sulle forniture avevano mostrato una fornitura mondiale superiore alla domanda di circa 900 mila barili al giorno quest’anno e per il prossimo.

I numeri, però, erano stati contestati dalla stessa Russia e da altri paesi in quanto presuppongono una fornitura al 100% di quanto accordato, ma negli ultimi mesi i membri del cartello hanno mancato di circa 3 milioni di barili al giorno gli obiettivi di produzione.

Il price cap sul petrolio

A far propendere i membri dell’Opec al taglio della produzione è stata anche la decisione dei ministri delle finanze del G7 di fissare un tetto al prezzo del petrolio russo arrivata venerdì scorso.

“Confermiamo la nostra comune intenzione politica di finalizzare e attuare un divieto globale di servizi che consentono il trasporto marittimo di petrolio russo e prodotti petroliferi a livello globale”, spiegavano in un comunicato i ministri.

Pertanto, la fornitura di tali servizi all’interno dell’area del G7 “sarà consentita solo se il petrolio sarà acquistato al prezzo fissato o al di sotto di tale prezzo (‘price cap’) determinato da un'ampia coalizione di Paesi che aderiscono al tetto e lo attuano”, proseguiva il comunicato.

Il tetto dovrebbe essere applicato a partire dal 5 dicembre, quando diverranno effettive le sanzioni UE sul petrolio russo, anche se per momento non è stato ancora fissato il massimo del price cap, che verrà determinato da input tecnici e “comunicato pubblicamente in modo chiaro e trasparente”.

Secondo il Commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, l'appoggio al G7 al tetto al prezzo del petrolio russo rappresenta “un passo importante verso due obiettivi: negare i ricavi della Russia per finanziare la brutale guerra di Putin contro l'Ucraina e far pressione al ribasso sui prezzi globali dell'energia” e “la Commissione farà pienamente la propria parte lavorando per raggiungere l'unanimità tra i nostri 27 stati membri per attuare questa misura nell'Ue”.

Il price cap secondo Equita

“Il 90% del business assicurativo mondiale sul trasporto di petrolio è in mano a compagnie di Paesi del G7”, ricordano da Equita Sim.

In attesa del prezzo ufficiale massimo stabilito, “sono emerse alcune indiscrezioni che indicavano il costo medio o marginale di produzione (potenzialmente $30-40 /bbl) da applicare a dicembre sul greggio e febbraio sui prodotti raffinati”, aggiungono questi esperti.

“L’applicabilità del price cap dipende dall’adesione al meccanismo di paesi quali India e Cina che hanno finora evitato di sostenere sanzioni aumentando gli acquisti di petrolio russo (l`India importa 1 mbg da quasi zero prima del conflitto)”, mentre “per la Ue è necessaria l’unanimità dei 27 Paesi membri (anche questo passaggio non è scontato) e il price cap è in aggiunta (e non in sostituzione) al pacchetto di sanzioni deciso dall’Unione che scatterà a dicembre”.

Sale il petrolio

“Non riteniamo che al momento il meccanismo proposto dal G7 possa avere implicazioni rilevanti per il prezzo del greggio in quanto l’adesione della maggioranza dei paesi importatori è tutt’altro che scontata”, prevedono da Equita.

“Più significative invece le decisioni dell’OPEC: un segnale circa una stretta potrebbero sostenere le quotazioni del greggio in un ambiente macro in peggioramento”, aggiungono dalla Sim.

Nel frattempo, dopo i recenti cali i prezzi del petrolio tornano a salire e aumentano del 2%, portando il future sul greggio WTI sopra gli 89 dollari e il Brent a 95 dollari al barile.

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