Oro ai massimi, i sintomi della nuova febbre del metallo giallo

Da tre anni in crescita costante, l’oro è tornato protagonista assoluto dei mercati globali. Con 45 nuovi record nel 2025 e una performance che supera quella dei principali indici azionari, il metallo giallo si conferma come bene rifugio per eccellenza in un contesto dominato da tensioni geopolitiche, sfiducia nelle banche centrali e rischi sistemici. L’oro emerge come “polizza di indipendenza” contro la fragilità del sistema monetario e il potere discrezionale delle politiche economiche.
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La corsa dell’oro tra record e ritorno di fiducia
Tre anni di rialzi, tre mesi consecutivi di progressi e quattro trimestri positivi di fila: è la fotografia di un mercato in pieno fermento. Se non fosse per il lieve calo dello 0,4% nel terzo trimestre 2024, l’oro avrebbe inanellato nove trimestri consecutivi di crescita, confermando un trend rialzista che dura da sette semestri. Nove settimane consecutive di guadagni, a un passo dalla soglia storica delle dieci, e sei sedute di fila in positivo raccontano la forza di un movimento che non conosce tregua. Ma più dei numeri colpisce un primato simbolico: 45 nuovi massimi storici da inizio anno, contro i 33 dell’S&P 500, i 31 del Nasdaq 100, i 18 dello Stoxx 600 e i 34 del DAX. Persino Bitcoin si ferma a 13 record e Nvidia a 26, mentre nessun titolo industriale europeo, da Leonardo a Rheinmetall, riesce a tenere il passo.
Come evidenzia Gabriel Debach, market analyst di eToro, l’oro non solo brilla, ma lo fa con una costanza che rasenta l’eccezione statistica. È un ribaltamento completo rispetto al passato: tra il 2011 e il 2019, il metallo prezioso era stato dimenticato, senza un nuovo massimo per quasi dieci anni e con un drawdown del 44%. All’epoca, secondo Bank of America, i consulenti raccomandavano di non destinarvi più dell’1% del portafoglio.
Oggi lo scenario è radicalmente cambiato: nel sondaggio mensile di ottobre del BofA Global Fund Manager Survey, la posizione “long Gold” (43%) è diventata il trade più affollato al mondo, superando la popolarità delle “Magnifiche 7” (39%). Già nella primavera 2025 l’oro aveva dominato la classifica con un 58%, salvo poi cedere temporaneamente il primato al “short dollar”. Ora però è tornato protagonista assoluto, in quella che Debach definisce “la nuova febbre dell’oro”.
Un campione anomalo che sfugge ai modelli tradizionali
L’oro viene spesso definito un “bene rifugio”, ma la sua natura è più complessa. Come spiega Debach, nelle fasi peggiori della sua storia il metallo giallo ha perso più dell’S&P 500. Eppure oggi aggiorna record su record non perché venga consumato, ma perché viene accumulato come simbolo di fiducia. È un asset che sfugge alle logiche di domanda e offerta tradizionali e risponde invece a dinamiche psicologiche e geopolitiche.
Negli ultimi due anni ha segnato oltre 80 nuovi massimi, un ritmo che richiama gli anni Settanta e il periodo 2008-2011. L’oro, puntualizza Debach, si comporta come un’opzione convessa: non reagisce sempre, ma quando lo fa diventa dominante, per poi attraversare lunghi deserti di rendimento. Oggi è di nuovo al centro del sistema, sostenuto da una combinazione di fattori che vanno dalla sfiducia monetaria alla geopolitica, passando per il ritorno dell’inflazione e l’espansione della spesa pubblica.
Le tre forze che muovono il metallo giallo
L’oro si muove sotto la spinta di tre grandi forze: la domanda strategica delle banche centrali, quella finanziaria degli investitori e quella tattica degli speculatori. Oggi, si legge nel report di eToro, tutte e tre agiscono nella stessa direzione, alimentando un momentum senza precedenti.
La domanda strategica delle banche centrali è la prima componente. Dal 2022 gli istituti monetari di tutto il mondo comprano oro a ritmo sostenuto. Il congelamento delle riserve russe ha mostrato che il rischio non è più solo economico ma anche geopolitico: accumularlo equivale a proteggersi dalla “weaponization” del dollaro e dalle sanzioni occidentali. Paesi come Cina, Turchia, Qatar e Singapore stanno incrementando le riserve auree per ridurre la dipendenza dal dollaro e rafforzare la propria autonomia finanziaria. L’oro, sottolinea Debach, "non è un investimento, è una polizza di indipendenza”.
La domanda finanziaria arriva dagli investitori e dagli ETF, che riscoprono il metallo come alternativa ai bond in un contesto di rendimenti reali in calo e tassi decennali americani sotto il 4%. L’oro, più che una scommessa sui tassi, diventa una scommessa sulla fiducia. Da inizio anno, la sua performance supera di cinque volte quella dell’S&P 500 e quasi raddoppia quella del bull market partito nell’ottobre 2022. È un segnale di sfiducia nelle banche centrali e nelle loro capacità di difendere il valore della moneta.
Infine, c’è la domanda tattica degli speculatori, che seguono il momentum del mercato. Con lo shutdown federale che blocca i dati macro, i timori sulle banche regionali americane e i Treasury sotto il 4%, il denaro affluisce verso gli asset più sicuri. Ogni notizia su svalutazioni, rischi sistemici o nuove tensioni tra Trump, la Cina e l’intelligenza artificiale innesca un nuovo flusso verso l’oro, che sale non malgrado la volatilità, ma grazie ad essa.
Oro e azioni, una relazione non lineare
Come ricorda Debach, è pericoloso credere che esista una correlazione stabile tra oro e mercati azionari. Nel lungo periodo, i due seguono regimi alterni, influenzati più dalla fiducia che dai fondamentali. Guardando agli ultimi 54 anni:
- Entrambi positivi (25 anni): è la fase più comune, quella della liquidità abbondante e dei flussi geopolitici.
- Oro su, azioni giù (7 anni): è la crisi di fiducia pura, come negli anni Settanta, nel 2001, nel 2008 o nel 2011.
- Entrambi giù (7 anni): è la fase del dollaro forte e delle politiche restrittive.
- Oro giù, azioni su (15 anni): è l’era dei grandi bull market azionari, quando l’euforia dissolve la paura.
Oggi si osserva un paradosso quasi unico: mercati azionari in euforia, obbligazionari in rally e oro ai massimi. Tutti e tre non possono avere ragione contemporaneamente. “L’oro è la bussola morale della finanza”, scrive Debach. Cresce quando la moneta si indebolisce, esplode quando la politica monetaria si piega al consenso, brilla quando la fiducia si sposta dagli strumenti finanziari agli asset reali. È un referendum sulla credibilità del sistema, più che un semplice bene rifugio. Ma anche qui, l’analista di eToro avverte: cavalcare il trend sì, ma con consapevolezza, perché anche l’oro, come la fiducia, non brilla per sempre.
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