Oro, c’è già chi dice 4 mila dollari

Gli acquisti delle banche centrali e le mosse di Donald Trump continuano a sostenere i prezzi della materia prima gialla e alcuni analisti ritengono che la corsa possa proseguire.
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I prezzi dell’oro oggi
Tornano positive le quotazioni dell’oro dopo le perdite di ieri arrivate a seguito dei dati sulle buste paga non agricole degli Stati Uniti, risultati superiori alle attese.
I prezzi della materia prima gialla mantenevano il loro tono positivo per tutta la mattinata europea di oggi, anche se al di sotto del massimo settimanale toccato ieri: il future con scadenza ad agosto scambia a 3.344 dollari l’oncia e il prezzo spot resta a 3.334 dollari.
Il dollaro segna il passo dopo il rally di ieri post dati NFP, intimorito delle preoccupazioni che l’approvazione del ‘Big Beautiful Bill’ del Presidente Donald Trump possa peggiorare la situazione fiscale del Paese, che si aggiungono al persistere delle incertezze commerciali, fattore chiave a sostegno della domanda del metallo giallo.
Nel frattempo, i trader hanno ridimensionato le aspettative di un taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve (Fed) a luglio, a seguito della pubblicazione di un rapporto sull'occupazione negli Stati Uniti migliore del previsto. Questo, a sua volta, è visto come un vento favorevole per l'USD.
Oltre a ciò, un tono di rischio generalmente positivo impedisce ai rialzisti di piazzare scommesse aggressive. Nonostante questo, il prezzo dell'oro rimane sulla buona strada per chiudere in positivo per la prima volta in tre settimane.
La domanda delle banche centrali
Sull’oro continuano ad influire i massicci acquisti delle banche centrali a cui si aggiunge la minore fiducia nei confronti del dollaro statunitense.
Questi elementi potrebbero portare i prezzi dell’oro a 4 mila dollari nel 2025 secondo gli analisti di Yardeni Research, i quali ritengono che questo traguardo non sia una questione di ‘se’, ma di ‘quando’.
Un ampio gruppo di nazioni, tra cui Cina, India, Turchia e Stati del Golfo, ha accelerato gli acquisti di oro in risposta a quello che considerano un dollaro sempre più politicizzato. Queste mosse sono aumentate dopo che gli Stati Uniti hanno congelato le riserve estere della Russia nel 2022, innescando una tendenza più ampia verso la de-dollarizzazione.
"Il presidente Trump ha contribuito a questo movimento con la sua politica fiscale che sfida il debito e gli attacchi all'indipendenza della Fed", scrivono da Yardeni Research.
I Paesi emergenti
L'accumulo di oro da parte di banche centrali come la Banca Popolare Cinese (PBOC) dimostra l'urgenza di ridurre la dipendenza dal dollaro.
La PBOC ha aumentato le sue riserve auree per sette mesi consecutivi, nonostante i prezzi siano aumentati del 27% quest'anno. La quota di riserve auree di Pechino rimane bassa rispetto ai suoi omologhi, il che implica un margine per un ulteriore accumulo.
Anche il blocco Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) sta intensificando gli sforzi per costruire un'alternativa al dollaro. Collettivamente, detengono il 42% delle riserve delle banche centrali globali, ma l'oro rappresenta solo il 10% del loro totale, lasciando spazio a ulteriori acquisti.
"L'Arabia Saudita sta valutando l'adesione ai Brics", osserva Edward Yardeni, Presidente dell’omonimo istituto di ricerca, e “potrebbe spostare il prezzo del petrolio verso lo yuan cinese, potenzialmente minando il consolidato sistema del petrodollaro”.
Le mosse di Trump
Le pressioni politiche e fiscali negli Stati Uniti stanno ulteriormente contribuendo all'aumento del prezzo dell'oro. Gli attacchi di Trump alla Federal Reserve e l'aumento dei livelli di debito stanno alimentando la preoccupazione tra i gestori delle riserve globali.
Sebbene il dollaro continui a dominare, con il 58% delle riserve globali, Yardeni suggerisce che gli Stati Uniti dovrebbero procedere con cautela. "Se Trump cercasse di licenziare Powell, potrebbe accelerare l'impennata dell'oro", avverte.
Diversificazione dei portafogli
Ma la forte domanda di metallo prezioso non si limita alle banche centrali. Yardeni sottolinea le dichiarazioni di Joni Teves di UBS, secondo cui "la persistente incertezza accresce la necessità di diversificare i portafogli, a vantaggio dell'oro".
"Tuttavia, se le autorità monetarie continuano a reclamare l'oro, gli economisti del futuro potrebbero considerare il "privilegio esorbitante" che Washington trae dal predominio del dollaro come una "reliquia a sé stante", conclude Yardeni.
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