Oro e azioni ai massimi, due rally paralleli che raccontano lo stesso ciclo

Il 2025 vede oro e azionario correre insieme come raramente accaduto in passato. Un’apparente contraddizione che riflette in realtà la convergenza di fattori ciclici, geopolitici e valutari. Se da un lato le borse celebrano la prospettiva di un atterraggio morbido, dall’altro il metallo giallo consolida il suo ruolo strategico come riserva contro fragilità sistemiche.
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Un rally che sfida le etichette
Ottimismo alle stelle e oro sui massimi. Sembra un paradosso solo per chi pensa per etichette: l’oro, tradizionalmente considerato bene rifugio, e le azioni, simbolo di rischio e crescita, si muovono oggi nella stessa direzione. Secondo Gabriel Debach, market analyst di eToro, Non si tratta di un paradosso, ma del riflesso di un rally generalizzato alimentato dalla Federal Reserve (Fed), pronta a inaugurare un nuovo ciclo di tagli dei tassi.
Solo pochi mesi fa dominava la paura, con gli indici in calo di quasi il 20% e la narrativa dell’eccezionalismo americano incrinata. Oggi lo scenario appare radicalmente ribaltato: l’oro ha già messo a segno ventotto nuovi massimi nel 2025, dopo i due registrati nel 2023 e i quarantasei del 2024. Dal 2023 a oggi il metallo giallo ha guadagnato oltre il 90%, superando argento, S&P 500, MSCI ACWI e obbligazionario globale (IAGG, AGG, TIP). Attualmente è in rialzo da cinque sedute consecutive e punta al record di otto chiusure positive di fila, toccato lo scorso marzo.
I cinque motori del rialzo
Debach individua cinque forze trainanti alla base della corsa congiunta di azioni e oro. La prima è ciclica: i mercati prezzano con probabilità vicina al 90% un taglio dei tassi già a settembre. Rendimenti reali più bassi sostengono contemporaneamente le borse e l’oro.
La seconda è politica: la pressione della Casa Bianca sulla Fed ha riacceso i dubbi sull’indipendenza della banca centrale, mentre tariffe e dispute commerciali alimentano instabilità. A livello geopolitico, le strette di mano tra Putin, Modi e Xi Jinping delineano un asse sempre più distante da Washington, mentre in Europa pesa il rischio fiscale francese.
La terza forza è valutaria: un dollaro più debole rende l’oro più conveniente. La quarta è istituzionale: le banche centrali, da Pechino a Nuova Delhi fino ad Ankara e Varsavia, continuano ad accumulare riserve auree, rafforzando il ruolo del metallo come asset strategico. Infine, la quinta è comportamentale: gli investitori cavalcano da un lato il ciclo economico e la crescita legata all’intelligenza artificiale, dall’altro cercano protezione da fragilità sistemiche accumulando oro.
Il risultato è tangibile: oro a 3.555 dollari, ventottesimo massimo dell’anno, mentre l’S&P 500 ha già registrato venti chiusure record nel 2025. Due rally paralleli, ma sorretti da logiche diverse.
L’evoluzione del ruolo dell’oro nei portafogli
Se un tempo l’oro era visto solo come coperta contro l’imprevisto, oggi si consolida come linguaggio del rischio sistemico nei portafogli globali. La sua funzione di hedge contro l’inflazione, osserva Debach, è stata spesso sopravvalutata. Più rilevante è invece la trasformazione in asset strategico di riserva, capace di rafforzarsi trimestre dopo trimestre.
A confermare questa dinamica arrivano anche i flussi: la survey di Bank of America mostra liquidità al 3,9%, minimo dal 2021, con i trade più affollati concentrati su Magnificent Seven, oro e short dollaro. Un segnale che il capitale è tornato a lavorare, scommettendo su un soft landing pur in un contesto di valutazioni elevate.
Dal punto di vista di portafoglio, la correlazione storica prossima allo zero con l’azionario rende l’oro un pilastro nei modelli difensivi, dal Permanent Portfolio di Harry Browne all’All Weather di Ray Dalio. È questa combinazione a spiegare la nuova centralità del metallo giallo nei portafogli multi-asset.
Due rally, due motori, un equilibrio fragile
Debach descrive l’attuale fase come un equilibrio potente ma precario. Le azioni corrono grazie alla narrativa di un soft landing, sostenute dalla tecnologia e dal calo dei tassi reali. L’oro sale perché prezza rischi sistemici, dall’indipendenza delle banche centrali alle fratture geopolitiche, fino al processo di diversificazione dalle riserve in dollari.
Si tratta di due motori che spingono insieme, ma per ragioni diverse. Finché il carburante resta abbondante, il volo può proseguire. Ma basta una turbolenza a costringere uno dei due a rallentare. Per questo oggi l’oro è meno un grido di paura e sempre più una scelta strategica: protezione, riserva e architettura di portafoglio.
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