L’oro sopra i 3.000 dollari? Ecco perché è molto probabile


Per quanto aggressiva sia la politica monetaria della Fed, i tassi di interesse reali continueranno a lungo a essere negativi, e quindi chi investe in bond non riesce a difendere il valore del capitale. Il parallelo con gli Anni ’70 del secolo scorso.


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Dall’inizio dell’anno l’oro è salito del 2,8% e in più c’è il rialzo del dollaro.

L’inflazione Usa non scende come gli economisti avevano previsto, di conseguenza non ci sono possibilità che la Fed rallenti il passo sulla strada annunciata del rialzo dei tassi. Mentre le Borse scendono e le criptovalute precipitano, l’oro mantiene intatto il suo appeal di bene rifugio.

In America l’incremento dei prezzi ad aprile è rimasto sui massimi degli ultimi 40 anni all’8,3%, solo in lieve calo dall’8,5% di marzo. Le previsioni, deluse, erano per un calo più marcato all’8,1%.

E’ vero, il valore nominale del metallo prezioso è sceso dell’11% dal massimo storico di 2.080 dollari all’oncia segnato lo scorso febbraio, ma per un investitore in euro il calo è fortemente compensato dal rafforzamento del dollaro. Dall’inizio dell’anno la quotazione nominale dell’oro, oggi a 1.851 dollari all’oncia, ha guadagnato il 2,8%.

L’importanza dei tassi reali, come si calcolano.

La tenuta dell’oro può apparire sorprendente in uno scenario di tassi in rialzo, perché il metallo prezioso non dà nessun rendimento e altri asset, in particolare i bond, possono sembrare più attraenti. In realtà, in uno scenario di alta inflazione per l’investitore quelli che contano sono i tassi reali, quelli che si calcolano sottraendo l’inflazione dai tassi nominali. Per l’investitore americano che si confronta con il tasso dei Fed Funds, oggi compreso fra 0,75% e 1%, e un tasso di inflazione in aprile dell’8,3%, i tassi reali restano fortemente negativi. Quindi, se l’inflazione supera il rendimento, l’investimento in bond e titoli di Stato non difende il valore del capitale. Il discorso è identico per un investitore europeo che ha come parametri un’inflazione nella zona euro a marzo al 7,4% e un tasso di riferimento della Bce allo zero per cento.

In gioco la credibilità della Fed nella lotta all’inflazione.

In questo scenario ha buon gioco Will Rhind, Ceo della società GraniteShares che gestisce l’ETF GraniteShares Gold Trust, a sottolineare il vantaggio dell’oro nei confronti della liquidità e dei bond: “L’oro non perde valore”, dice in un’intervista a Barron’s. Secondo Rhind, la recente discesa delle quotazioni del metallo si spiega con il graduale venire meno del premio sull’oro che si era creato al momento dell’invasione dell’Ucraina e con la conferma di una incisiva manovra della Fed per alzare i tassi. Le parole che contano per gli investitori sono quelle pronunciate la settimana scorsa dal presidente della Fed, Jerome Powell, che ha detto che nelle prossime riunioni della banca centrale Usa la decisione sul tavolo saranno nuovi incrementi dei tassi da 50 punti percentuali.

Questa dichiarazione ha innescato una brusca discesa dei mercati azionari, ma ha confermato uno scenario positivo per l’oro. Come spiega Adrian Day, Ceo dell’americana Adrian Day Asset Management, a questo ritmo i tassi di riferimento in America arriveranno al 3% -3,25% nel marzo 2023, e quindi continueranno a restare più bassi dei tassi reali. La sua tesi è questa: “Oggi le proiezioni più aggressive indicano che fra 12 mesi la Fed potrebbe avere portato i tassi ufficiali al 3,4%, ma l’inflazione resterà sopra l’8%. Quindi, dopo un anno di stretta monetaria, la prossima primavera ci potremmo trovare per quanto riguarda i tassi reali in una situazione addirittura peggiore di dove eravamo nel 1975-1976, all’inizio della grande inflazione degli Anni 70”. In sintesi, Day non crede che l’inflazione americana a fine anno sarà scesa al 4%, come previsto dalla Fed.

La corsa all’acquisto degli ETF, frena l’industria orafa.

Il prezzo dell’oro è salito nel primo trimestre 2022 nonostante il forte incremento dell’offerta di metallo. Secondo i dati del World Gold Council, la produzione mineraria è cresciuta del 3% sullo stesso periodo dell’anno scorso, contemporaneamente la domanda dell’industria orafa è scesa del 7% a causa del rallentamento degli acquisti di gioielli in Cina e in India, i due principali mercati del gioiello in oro. Addirittura, gli acquisti delle banche centrali sono scesi del 29% sullo stesso periodo del 2021. A fare la differenza è la domanda da investimento guidata dagli ETF, salita del 203% a 551 tonnellate dalle 182 tonnellate del primo trimestre 2021. Secondo Rhind, di tutte le componenti della domanda di oro, quella da investimento è quella con il maggiore impatto sulle quotazioni.

Come confrontarsi con il picco degli Anni ’70.

Per l’andamento futuro del prezzo dell’oro quello che conta maggiormente, quindi, è se gli sforzi della Fed avranno successo nel frenare l’inflazione. Se, come negli Anni ’70, si dovesse diffondere la percezione di un aumento non controllato dei prezzi, il metallo giallo potrebbe salire notevolmente.

In un recente articolo di Barron’s si legge che alcuni esperti del mercato prevedono per l’oro una quotazione di 3.000 dollari all’oncia fra due anni. Questo prezzo, per quanto ci sembri altissimo, se aggiustato per l’inflazione degli ultimi 40 anni sarebbe comunque inferiore al picco di 875 dollari segnato nel 1980. Per raggiungerlo, l’oro dovrebbe arrivare a 3.200 dollari l’oncia.

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