Oro, stop agli acquisti della Banca centrale russa

In Russia si fermano dopo dieci anni gli acquisti di oro col fine di raccogliere risorse da impiegare contro il coronavirus a fronte del calo del prezzo del petrolio
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Terminati gli acquisti di oro dalla Russia
Termina il programma di acquisti di oro da parte dalla Russia, dopo che per oltre dieci anni Mosca era stata un importante motore della domanda di materia prima gialla, arrivando a possedere 2.300 tonnellate a partire dal 2007.
La Banca centrale russa, infatti, ha annunciato l'interruzione degli acquisti di oro a partire dal primo aprile e potrebbe addirittura aumentarne le vendite. Secondo l'agenzia russa Interfax, è stato presentato presso la Duma un disegno di legge che punta ad autorizzare vendite di oro senza vincoli, con l'obiettivo di accumulare risorse per affrontare le conseguenze del coronavirus sull'economia.
Inoltre, l'istituto centrale russo aveva accumulato nei suoi caveau 2.279,2 tonnellate di lingotti corrispondenti ad un valore di 119,7 miliardi di dollari, calcolato dal Fondo Monetario Internazionale secondo il prezzo del primo marzo scorso. L’oro rappresenta ormai un quinto delle riserve russe ed è il terzo asset, dopo il biglietto verde e l’euro.
A questo punto, la banca centrale non è obbligata a vendere, ma lo stop agli acquisti libererà ingenti quantità di oro sui mercati, incidendo sul prezzo. Il prezzo dell'oro, intanto, tenta un recupero dopo che il calo dei giorni scorsi lo aveva portato sotto la quota di 1.600 dollari l'oncia
La vendita di oro come rifugio dal calo del petrolio
Nelle parole del ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, l'oro rappresenta per la Russia un polizza d'assicurazione non solo per il coronavirus, ma anche davanti al calo del prezzo del petrolio, con Mosca tra i principali produttori al mondo.
“Anche se il prezzo del petrolio dovesse scendere a 30 dollari al barile, o a 20 dollari, saremo in grado di onorare i nostri impegni per tre anni, senza alcuno shock o difficoltà”, in quanto “abbiamo accumulato riserve auree pari al 7% del Pil”, spiegava Siluanov alla Cnbc.
Il prezzo del greggio, infatti, attualmente resta appena sopra i 20 dollari, mentre l'Ural, ovvero il petrolio di riferimento russo, vale 22 dollari al barile, ovvero la metà rispetto a quanto necessario per far quadrare il bilancio dello Stato.
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