Oro, UBS alza il suo target price: domanda forte anche nel 2026

Gli analisti della banca citano la forte richiesta di ETF sulla materia prima, i persistenti rischi macroeconomici statunitensi, le tendenze alla de-dollarizzazione, la rigidità dell'inflazione statunitense, la crescita economica inferiore al trend e la continua debolezza del dollaro, elementi che potrebbero spingere ancora più in alto i prezzi.
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I prezzi dell’oro oggi
Quotazione dell’oro sottotono questa mattina dopo che i verbali della riunione di luglio della Federal Reserve hanno mostrato l’insistenza dei membri dell’istituto centrale nel procedere con un approccio attendista nella sua politica monetaria, senza schierarsi apertamente per un prossimo taglio dei tassi di interesse.
Questa mattina il future sulla materia prima gialla con scadenza a dicembre scende leggermente (-0,20%), a 3.382 dollari e il prezzo spot scivola a 3.340 dollari l’oncia.
L'oro, che finora non ha mai smesso di essere un bene rifugio, ha guadagnato il 28% quest'anno, diventando una delle principali classi di attività con le migliori performance: ha raggiunto 27 nuovi massimi storici tra gennaio e giugno 2025 sui mercati globali.
Si riducono le previsioni sul taglio dei tassi
Dopo i verbali della Fed, i trader hanno diminuito le oro scommesse su una riduzione del costo del denaro a settembre: i future sui fondi Fed indicano ora una probabilità del 78,4% che l'istituto taglierà i tassi di 25 punti base a settembre, in calo sostanziale rispetto alla probabilità quasi del 100% vista all’inizio di agosto, secondo quanto indicato dal FedWatch tool di CME Group.
Tassi più alti per un periodo più lungo non sono favorevoli per attività non fruttifere come l’oro, dato che aumentano il costo opportunità dell’investimento in tali attività. Tuttavia, il metallo giallo ha mantenuto gran parte dei guadagni realizzati finora nel 2025, poiché la domanda di beni rifugio è rimasta sostenuta dalle preoccupazioni per il rallentamento della crescita economica e l’incertezza geopolitica.
Ora l’attenzione si rivolgerà al Wyoming, dove oggi inizierà il Simposio di Jackson Hole che domani vedrà protagonista assoluto Jerome Powell, presidente della Fed.
“Da un lato, la debolezza del dollaro statunitense e segnali di rallentamento dell’inflazione creano un contesto favorevole a un apprezzamento del metallo giallo”, spiega Daniela Sabin Hathorn, analista di Capital.com. Se Powell dovesse aprire le porte a “un orientamento più ‘dovish’” rafforzerebbe “questa dinamica e potrebbe spingere ulteriormente l’oro al rialzo”.
La spinta degli ETF
A sostenere la quotazione della materia prima gialla è anche la domanda di investimento, in particolare gli afflussi verso gli ETF sull’oro, che, secondo il World Gold Council, hanno registrato il miglior semestre dalla crisi finanziaria del 2010, confermando così il rinnovato interesse degli investitori istituzionali e retail verso il bene rifugio per eccellenza.
Secondo gli analisti di UBS, le posizioni nette speculative e le consistenze complessive degli ETF restano ancora lontane dai massimi storici, suggerendo che ci sia ulteriore spazio di crescita. Per questo la banca ha rivisto al rialzo le stime di domanda da ETF a 600 tonnellate per l’intero 2025, oltre un terzo in più rispetto alle previsioni precedenti.
Il sostegno arriva anche dalle banche centrali, che da anni hanno intrapreso un percorso di graduale ma costante de-dollarizzazione delle riserve: un sondaggio condotto dal World Gold Council rivela che la quasi totalità degli istituti monetari intende mantenere o aumentare le proprie detenzioni di oro. Un trend che, insieme alla domanda privata, porterà il fabbisogno globale a crescere del 3% fino a 4.760 tonnellate, il livello più alto dal 2011.
UBS alza il target price
Proprio UBS ha appena alzato di 100 dollari il target price sull’oro spot per il primo trimestre del 2026, portandolo a 3.600 dollari l'oncia. Il colosso bancario svizzero prevede ora che il 2025 registrerà la domanda di lingotti più forte dal 2011.
La posizione bullish di UBS viene mantenuta anche per il secondo trimestre del 2026, quando l’oro è previsto dai suoi analisti arrivare fino a 3.700 dollari, obiettivo confermato anche per il terzo periodo dello stesso anno.
Oltre alla forte domanda di ETF, gli esperti citano i persistenti rischi macroeconomici statunitensi, le tendenze alla de-dollarizzazione, la rigidità dell'inflazione statunitense, la crescita economica inferiore al trend e la continua debolezza del dollaro.
"Vediamo rischi macroeconomici statunitensi, dubbi sull'indipendenza della Fed, preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale e fattori geopolitici alla base delle tendenze alla de-dollarizzazione e dei maggiori acquisti da parte delle banche centrali", hanno scritto, ritenendo che “questi fattori spingeranno i prezzi dell'oro ancora più in alto".
"Gli acquisti da parte delle banche centrali dovrebbero rimanere sostenuti, sebbene leggermente al di sotto degli acquisti quasi record dello scorso anno", hanno scritto.
Il 15 luglio, UBS ha dichiarato che, pur ritenendo che l'escalation dei dazi della Casa Bianca sia una tattica negoziale e che i numeri alla fine torneranno a scendere, raccomanda comunque l'acquisto di oro come copertura contro il rischio politico.
Il loro scenario di base prevede che i dazi doganali effettivi statunitensi si dovrebbero stabilizzare intorno al 15%, meno della metà dei dazi del 30-35% annunciati all'epoca, il che sosterrà i continui guadagni dell'S&P 500.
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