Perché i mercati sono negativi proprio quando l’inflazione scende?


Nonostante le notizie generalmente positive sul fronte dell’inflazione, gli investitori sono sempre più preoccupati per la resilienza dell’economia in futuro.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Produzione industriale della Francia MoM di agosto in uscita oggi alle 8:45 (stima -0,6% contro +0,8% di luglio). Richiesta settimanale di sussidi alla disoccupazione USA (stima 210k contro 204k della scorsa settimana) alle 14:30.

Ieri il PMI composito dell’Europa di settembre è risultato leggermente migliore delle aspettative (47,2 punti contro 47,1 stimato) e migliore rispetto a dato di 46,7 punti di agosto. Gli occupati ADP di settembre (settore privato) USA, sono risultati decisamente minori rispetto alle attese (89k contro 153k stimati e 180k di agosto). PMI composito USA di settembre leggermente migliore delle stime (50,2 punti contro 50,1 atteso) e in linea con il dato di agosto. PMI servizi di settembre leggermente inferiore alle stime (50,1 punti contro 50,2 atteso) e al dato di agosto, pari a 50,5. ISM non manifatturiero in linea con le stime (53,6 punti), ma inferiore al dato di agosto, pari a 54,5 punti.

Perché i mercati sono negativi proprio quando l’inflazione comincia a scendere sotto i colpi di una politica monetaria fortemente restrittiva? Aggiungiamo inoltre che, per quanto riguarda l’Europa, la Lagarde ha ribadito ieri nel corso di una conferenza che i tassi di interesse di riferimento della BCE hanno raggiunto un livello che, mantenuto per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale per un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% (significa la fine del rialzo?).

La risposta, come si può facilmente immaginare, non è univoca ne facile. Nonostante le notizie generalmente positive sul fronte dell’inflazione, gli investitori sono infatti sempre più preoccupati per la resilienza dell’economia in futuro. In effetti, l’indice delle spese per consumi personali (PCE) pubblicato la scorsa settimana dal Bureau of Economic Analysis ha mostrato che il Core PCE, che come noto esclude la volatilità dei prezzi alimentari ed energetici, è aumentato solo dello 0,1% nel mese e ora si attesta al 3,9% su base annua, in calo rispetto al livello precedente. Il valore di luglio è stato pari al 4,3%, il livello più basso da maggio 2021.

Sebbene gli ultimi dati sull’inflazione continuino secondo la tendenza prevista, anche se con minore forza rispetto alle attese a causa delle pressioni legate ai risparmi dovuti alla pandemia, riteniamo che i membri della FED siano sempre più preoccupati per la minaccia di un’inflazione futura derivante da livelli ancora elevati dei guadagni salariali.

L’apprensione è legata storicamente alle lezioni apprese durante gli anni di stagflazione del 1966-1982, quando gli aumenti salariali consentirono ai consumatori di pagare prezzi sempre crescenti e fecero sì che l’elevata inflazione diventasse una caratteristica radicata dell’economia. Gli aumenti salariali durante lo scorso anno e le continue aspettative da parte dei dipendenti sindacalizzati e non di aumenti salariali significativi in tutta l’economia probabilmente non fanno altro che esacerbare le preoccupazioni della FED.

Powell ha fatto allusione a quel periodo anche durante la conferenza stampa successiva all'ultima riunione della FED, quando ha detto che la cosa peggiore che la FED possa fare è non riuscire a ripristinare la stabilità dei prezzi. Se questo dovesse accadere, l’inflazione ritornerebbe più forte di prima e si potrebbe aprire un lungo periodo di incertezza economica che influenzerebbe la crescita. Ma dall’altra parte si rende perfettamente conto che ai livelli attuali di tassi, i rischi di ulteriori rialzi (soprattutto per il sistema bancario) sono maggiori dei benefici che questi possono portare. Soprattutto se l’inflazione è da offerta (leggi prezzo dell’energia) più che da domanda.

Considerata la convinzione della FED che l’attuale tasso di crescita salariale sia probabilmente incompatibile con l’obiettivo dichiarato di un tasso di inflazione annuo di circa il 2%, riteniamo che la questa non sarà disposta ad allentare la pressione al ribasso che ha esercitato sull’economia attraverso tassi di interesse più elevati e drenando la liquidità in eccesso, rallentando il reinvestimento dei proventi dei titoli del Tesoro in scadenza acquistati durante il periodo covid.

Ci aspettiamo quindi che la FED lasci in vigore l’attuale laccio emostatico di liquidità fino al calo dei salari, cosa che a nostro avviso avverrà molto probabilmente a causa dell’economia sempre più vacillante. Del resto, non si può pensare che l’economia non arriverà a soffrire di tassi alti più a lungo. Ma la soluzione potrebbe essere proprio quella prospettata di mantenere i tassi meno elevati rispetto al picco che l’ultimo miglio che ci separa dall’obiettivo di inflazione imporrebbe, ma per un tempo maggiore. Sempre pronti ovviamente a ridurli nel momento in cui l’economia dovesse soffrire più delle attese.

Per quanto riguarda la spesa di consumatori, gli ultimi dati del Bureau of Economic Analysis mostrano che la spesa corretta per l’inflazione è stata poco brillante ad agosto, con una spesa totale in aumento dello 0,4% ma inferiore allo 0,1% se corretta per gli aumenti dei prezzi. Anche la spesa per i servizi, precedentemente resiliente, si sta raffreddando (l’aumento è stato solo dello 0,2% nel mese). Su base annua corretta per l'inflazione, la spesa totale è aumentata del 2,3%, con gli acquisti di beni in aumento del 2,1% mentre i servizi hanno registrato un aumento del 2,4%. Ricordiamo che la spesa per beni è stata negativa per gran parte del 2022 e quindi l’aumento attuale si colloca su un livello di base statisticamente inferiore.

La fiducia dei consumatori si sta indebolendo a causa delle preoccupazioni sull’aumento dei prezzi e le deboli aspettative per l’economia. L’indice della fiducia dei consumatori del Conference Board è sceso a 103 a settembre, in calo rispetto al valore rivisto al rialzo del mese precedente di 108,7.

L’indice delle aspettative, che misura le prospettive a breve termine dei consumatori per quanto riguarda reddito, affari e condizioni del mercato del lavoro, è sceso a settembre a 73,7 punti dall’ 83,3. Osserviamo che valori inferiori a 80 dell’indice delle aspettative hanno generalmente coinciso con l’arrivo di una recessione nei successivi 12 mesi. Mentre le aspettative sono diminuite, le opinioni dei consumatori sulle attuali condizioni economiche sono invece rimaste pressochè invariate. Ma come sappiamo queste tendono a segnalare il cattivo tempo con ritardo.

Last but not least, il mercato del lavoro. Il Conference Board misura quanto sia facile o difficile per gli intervistati trovare un lavoro. A settembre, coloro che affermavano che è difficile trovare un lavoro sono saliti al 13,6, in aumento rispetto al 13,2 di agosto. Nel frattempo, anche coloro che hanno risposto che ottenere un lavoro era più facile sono saliti a 40,9. Il divario tra coloro che trovano difficile o facile trovare un lavoro è, come noto, il differenziale occupazionale, dato monitorato dalla FED. Il differenziale occupazionale di settembre si è attestato a 27,3, in lieve aumento rispetto al 26,7 di agosto. Questa misura è considerata un indicatore anticipatore del mercato del lavoro. Pertanto, vale la pena notare che il differenziale era pari a 40,7 nel febbraio di quest’anno e a 47,1 nel marzo 2022, suggerendo che il mercato del lavoro si sta raffreddando.

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