Petrolio, “crollo a 45 dollari” in caso di recessione secondo Citigroup

Le previsioni degli analisti di Citi indicano un calo del prezzo del petrolio fino a 65 dollari entro quest’anno e a 45 dollari nel 2023, anche se escludono uno scenario da recessione negli Stati Uniti.
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Le previsioni di Citi
Tornano a salire i prezzi del petrolio dopo i cali di ieri. Il future sul WTI oggi guadagna oltre l’1% e torna sopra quota 110 dollari, mentre il Brent sfiora quota 114 dollari al barile.
I timori di una recessione, da molti prevista a causa della virata ‘hawskish’ delle politiche monetarie delle banche centrali, hanno spinto gli analisti di Citigroup a prevedere un possibile crollo dei prezzi del greggio per il prossimo futuro.
In particolare, un rapporto degli analisti Francesco Martoccia e Ed Morse prevede che una recessione spingerebbe in basso i prezzi dell’oro nero fino a 65 dollari entro la fine di quest’anno.
Il calo, però, potrebbe proseguire per tutto il 2023 e la recessione porterebbe il greggio a 45 dollari, sempre secondo quanto previsto da Citi.
Scenario da anni ‘70
Le previsioni di un andamento ribassista dei prezzi del petrolio si basa sulla prospettiva recessiva dell’economia, in cui i produttori Opec+ non intervengano sui loro livelli di output e gli investimenti petroliferi risultino in calo.
Si tratta di uno scenario simile alla crisi degli anni ’70, spiegano da Citigroup, anche se gli economisti dell’istituto non si attendono una recessione negli Stati Uniti.
“Per quanto riguarda il petrolio, l'evidenza storica suggerisce che la domanda di petrolio diventa negativa solo nelle peggiori recessioni globali”, sottolineavano da Citi, per poi aggiungere che “i prezzi del petrolio scendono in tutte le recessioni fino a raggiungere più o meno il costo marginale”.
Sciopero in Norvegia
A mettere ulteriore pressione sui prezzi è lo sciopero dei lavoratori delle piattaforme offshore in Norvegia iniziato ieri, possibile causa di uno shortage di offerta di petrolio e gas.
Secondo Equinor, la compagnia petrolifera statale norvegese, la produzione di petrolio e gas sarà ridotta di 89 mila barili equivalente al giorno (boepd), di cui l’output di gas equivale a 27.500 boepd.
La riduzione della produzione ha provocato ieri un aumento del prezzo del gas, ieri schizzato del 10% a 162 euro per mwh, ai massimi da quattro mesi.
Fonti vicine alla vicenda parlano di un taglio alla produzione di gas per domani fino ad un totale di 292 mila barili di petrolio equivalente al giorno, corrispondente al 13% della produzione, mentre quella di greggio sarà ridotta di 130 mila barili al giorno (6,5% circa dell’output).
Le rivendicazioni dei lavoratori comprendono aumenti salariali per compensare l’aumento dell’inflazione, ma dal Ministero del Lavoro norvegese affermano di poter fermare lo sciopero in circostanze eccezionali, e ribadiscono che stanno seguendo “da vicino” l’evoluzione della vicenda.
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