Petrolio, il maxi taglio accende lo scontro tra USA e Opec+


Ieri l’Organizzazione dei produttori di petrolio e i suoi alleati hanno deciso una riduzione dell’output di petrolio pari a 2 milioni di barili al giorno, la maggiore dallo scoppio della pandemia, provocando la reazione della Casa Bianca che ha definito la scelta “miope” e “non necessaria”, in quanto inserita in un contesto di forte inflazione e di rischio recessivo.


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Il taglio record

Tensione tra Stati Uniti e Organizzazione dei paesi produttori di petrolio con i suoi alleati (Opec+) nelle ore in cui è stato deciso una mega riduzione dell’output, pari a due milioni di barili al giorno a partire da novembre 2022, rispetto ai livelli di produzione richiesti ad agosto 2022 ai paesi.

La decisione è stata presa “alla luce dell’incertezza che circonda le prospettive dell’economia globale e del mercato petrolifero”, scrivono i produttori nel comunicato, sottolineando anche “la necessità di migliorare la guidance a lungo termine”.

Dall’Opec+, però, hanno specificato che la produzione di alcuni paesi aderenti al cartello risulta inferiore ai livelli di target, pertanto il taglio effettivo sarebbe inferiore ai 2 milioni di barili al giorno concordata nell’incontro di ieri svoltosi a Vienna.

Alla luce di queste difficoltà, il Ministro dell’Energia saudita, Abdulaziz bin Salman, ha dichiarato che il taglio reale sarà di circa 1 milione/1,1 milioni di bpd, sottolineando che la decisione è stata presa in “risposta all’aumento dei tassi di interesse in Occidente e all’indebolimento dell’economia globale”.

La reazione USA

La decisione dell’Opec+ ha sostenuto il prezzo del petrolio, balzato di 2 dollari per quanto riguarda il Brent (93 dollari), con il greggio WTI che toccava un picco di 88,3 dollari barile, mentre entrambi i benchmark questa mattina risultano in leggero calo, dopo aver toccato ieri i massimi da metà settembre.

Il taglio della produzione si inserisce in un mercato già ristretto, aumentando i rischi inflazionistici negli Stati Uniti e nel resto del mondo, con i prezzi già a livelli considerati troppo alti.

In questo contesto, la reazione del governo USA non si è fatta attendere e dalla Casa Bianca, criticando il cartello e accusando l’Arabia Saudita di schierarsi con i russi.

Il presidente Joe Biden, esprimendo delusione e criticando la decisione dell'Opec+ come scelta “miope”, ha parlato di taglio “non necessario”.

Pertanto, il presidente ha dichiarato che valuterà ulteriori rilasci di scorte strategiche di petrolio per ridurre i prezzi, oltre a consultarsi con il Congresso su ulteriori percorsi per ridurre il controllo dell’Opec e dei suoi alleati sui prezzi dell’energia, in un apparente riferimento alla legislazione che potrebbe esporre i membri del gruppo a cause antitrust. La riduzione dell’output mostra la scelta di “un allineamento dell’Opec con la Russia”, attaccava il portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, nel corso di un incontro con la stampa a bordo dell’Air Force One diretto in Florida.

La view degli analisti

Più della metà del taglio della fornitura di 1 milione di bpd dovrebbe provenire dal principale esportatore mondiale, l’Arabia Saudita, rimarcano gli analisti di RBC Capital.

Il taglio dell’Opec+ di ieri rappresenta “il più ampio che il gruppo abbia mai effettuato dallo scoppio della pandemia di Covid-19 nel 2020”, sottolinea Will Rhind, CEO e fondatore di GraniteShares, e influirà sui consumatori “già costretti a doversi adattare ai costi dell’energia più elevati che abbiano mai dovuto affrontare”.

“Anche le tempistiche della decisione non sono particolarmente favorevoli, visto che sta arrivando l’inverno nell’emisfero nord, dove la fornitura di energia e i costi che ne derivano stanno già devastando i mercati e la politica del governo”, aggiungeva l’esperto.

Dal fronte politico, Rhind evidenzia come la questione avrà “sicuramente un impatto negativo sul consenso del presidente Biden e di tutto il Partito Democratico, il che riduce le loro possibilità di successo alle elezioni di midterm previste per questo novembre. In particolare, si prevede che subiranno pressioni da parte degli elettori locali, preoccupati per l’ascesa dei prezzi della benzina e dell’energia”.

In conclusione, prevede Rhind, “il tema della sicurezza energetica continuerà a influenzare fortemente le intenzioni di voto”.

Previsioni

Per il futuro, se “il prezzo del petrolio aveva registrato una flessione negli ultimi mesi rispetto al picco registrato dopo lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia”, Rhind ritiene “molto probabile un’impennata dei mercati delle commodity e, più in generale, degli investimenti in commodity, considerando anche che adesso gli investitori si aspetteranno un’inflazione energetica più alta e per un arco temporale più lungo”.

Da Citigroup prevedono che “l’impatto finale sul mercato dipenderà dalla durata dell'accordo, in quanto l’Opec+ ha deciso di estendere la sua Dichiarazione di Cooperazione fino alla fine del 2023”, aggiungendo che i tagli all’offerta manterranno le scorte globali basse più a lungo e renderanno i mercati più rigidi nel 2023.

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