Petrolio in netto calo, la rappresaglia di Israele evita gli impianti

Nel fine settimana l’Iran è stato preso di mira dagli attacchi israeliani che però hanno evitato i siti produttivi energetici, spingendo in basso il prezzo del greggio.
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Vendite sul petrolio
Continua il forte calo del prezzo del petrolio dopo che l’attacco di Israele all’Iran ha evitato i siti produttivi di greggio del Paese.
Il mercato si attendeva un attacco più incisivo e così questa mattina il Brent con scadenza a dicembre cede ancora il 4% e scende a 72,39 dollari, ai minimi dal primo di ottobre, mentre il greggio WTI è scambiato a 68,47 dollari al barile.
A Piazza Affari soffrono i titoli petroliferi come Saipem (-1,60%) ed Eni, tra le poche blu chip del FTSE MIB (+0,50%) che hanno aperto in negativo.
Attacchi limitati
Sabato scorso Israele ha attaccato le installazioni militari iraniane in tre province, rispondendo così al lancio di missili balistici contro Israele lanciato da Teheran lo scorso primo di ottobre. L’agenzia di stampa iraniana Tashnim ha definito “limitati” i danni causati dall’attacco in cui sono deceduti quattro soldati ma che ha risparmiato le infrastrutture petrolifere, nucleari e civili, attualmente ancora funzionanti “normalmente” senza interruzioni, secondo fonti locali. Sembra aver vinto, dunque, la linea del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il quale aveva chiesto a Israele di evitare proprio questo tipo di infrastrutture nella sua ritorsione militare.
Per settimane i mercati si erano preparati ad una rappresaglia israeliana, considerando che la produzione dell'Iran rappresenta circa il 4% delle forniture petrolifere globali (secondo la U.S. Energy Information Administration), facendo salire i prezzi del petrolio mentre le tensioni in Medio Oriente continuavano ad aumentare ad un anno dall’attentato di Hamas, sostenuta dall’Iran, il 7 ottobre 2023.
Previsioni sui prezzi del greggio
La "ritorsione di Israele di sabato è stata per lo più considerata deludente e proporzionata", spiega Harry Tchilinguirian, responsabile del gruppo di ricerca presso Onyx Capital Group. "La negativa situazione macroeconomica incentrata sulla Cina riprenderà il sopravvento sulla narrazione per spingere il prezzo del petrolio al ribasso", ha aggiunto l’esperto, mentre oggi il dato di settembre sui profitti industriali del Paese asiatico ha mostrato un crollo del 27,1% (-17,8% ad agosto): si tratta del calo maggiore dagli inizi della pandemia da Covid 19 (marzo 2020 era -34,9%).
“Con l'Iran che ha minimizzato la portata e l'efficacia dell'attacco, il premio per il rischio geopolitico che è stato prezzato nei mercati del petrolio dovrebbe ridursi significativamente nei prossimi giorni”, concordano gli analisti di ANZ.
"È improbabile che la recente azione militare di Israele venga vista dal mercato come un fattore che porta a un'escalation che influisce sulla fornitura di petrolio", secondo gli analisti di Citi, che hanno tagliato le previsioni del Brent a 70 dollari al barile nei prossimi tre mesi.
Ora i mercati petroliferi stanno valutando un eccesso di offerta. "Con Israele che deliberatamente, e forse con un po' di incoraggiamento americano, evita di prendere di mira gli impianti di petrolio greggio, il mercato del petrolio è tornato a guardare a un mercato in eccesso di offerta", secondo Andy Lipow, presidente di Lipow Oil Associates, che cita l’aumento di output non solo in paesi chiave come Stati Uniti, Canada e Brasile, ma anche tra attori più piccoli come Argentina e Senegal. "I prezzi del petrolio rimarranno sotto pressione per il resto dell'anno, potrebbe essere difficile vedere i prezzi del greggio Brent raggiungere gli 80 dollari nel prossimo futuro", prevede Lipow a CNBC via e-mail.
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