Petrolio, l’Opec+ spara a salve


Nonostante la decisione del cartello arrivata ieri di estendere i tagli alla produzione, i prezzi del greggio e del Brent restano intorno la parità, indeboliti da una domanda flebile e dalle incertezze sui tassi di interesse della Federal Reserve.


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Petrolio debole

Nessuno scossone ai prezzi del petrolio questa mattina nonostante l’estensione agli attuali tagli alla produzione dei paesi produttori e i suoi alleati (Opec+) decisa alla fine del meeting tenutosi nella giornata di ieri.

I future sul greggio WTI restano intorno ai 77 dollari e il Brent viene scambiato appena sopra quota 81 dollari al barile, entrambi i benchmark senza particolari movimenti di prezzo.

Se da inizio anno il bilancio del Brent resta positivo (+5%), il mese di maggio è risultato disastroso (-7%), indebolito dal contesto fragile della Cina, tra i principali consumatori di petrolio, e ai dubbi sul ritmo delle riduzioni dei tassi di interesse nelle principali economie industrializzate che possono influenzare la domanda.

“Il petrolio è sotto pressione a causa dei segnali di indebolimento della domanda cinese”, spiega Andy Lipow di Lipow Oil Associates. Debole anche la domanda negli Stati Uniti, dove un’inflazione rimasta al livello previsto del 2,7%, secondo l'indice Pce, rimane lontano dall'obiettivo del 2% che la banca centrale sta cercando di raggiungere. “Non ci aspettiamo alcun taglio dei tassi da parte della Fed quest'anno”, prevede Matt Smith di Kepler, e questo è uno dei motivi “per cui il petrolio è rimasto negativo venerdì”. Tassi di interesse più alti per un periodo più lungo probabilmente rallenteranno l'attività e la domanda di energia, elemento negativo per il mercato del greggio.

Le decisioni dell’Opec+

Il cartello ha dunque deciso di prolungare gli attuali tagli alla produzione fino alla fine del 2025 con l’obiettivo di sostenere i prezzi in un momento di grande incertezza economica e geopolitica, strategia avviata a fine 2022.

Le riduzioni dell’output ammontano a circa due milioni di barili al giorno e il gruppo ha inoltre deciso di aumentare l’obiettivo di produzione degli Emirati Arabi Uniti di 300 mila barili al giorno su richiesta dell’Arabia Saudita, aggiungendosi così a Russia, Algeria, Oman, Kazakistan, Kuwait e Iraq che quest’anno hanno incrementato la loro produzione, decisione che dovrebbe essere prolungata nel 2025, anche se non sono state fornite cifre visto che i Paesi generalmente le comunicano separatamente.

I membri stanno attualmente tagliando la produzione per un totale di 5,86 milioni di barili al giorno (bpd), ovvero circa il 5,7% della domanda globale, e il gruppo ridurrà la produzione di 5,86 milioni di bpd fino alla fine di settembre 2024 e aggiungerà gradualmente barili al mercato per raggiungere tagli di circa 3,66 milioni di bpd entro ottobre 2025.

Inoltre, l’Opec+ continua a mantenere le sue previsioni di domanda per il 2024 in un rapporto dopo l'altro, mentre l'Agenzia Internazionale dell'Energia (Aie) resta meno ottimista e ha rivisto al ribasso le sue stime.

Riunione ribassista

La riunione dell’Opec+ viene considerata “ribassista” dagli analisti di Goldman Sachs nonostante l’estensione dei tagli, i quali prevedono rischi al ribasso per la fascia di prezzo del Brent tra 75 e 90 dollari, a causa delle intenzioni di eliminare i tagli volontari aggiuntivi emerse da alcuni Paesi aderenti al cartello.

“Un piano sorprendentemente dettagliato per allentare i tagli aggiuntivi rende più difficile mantenere una bassa produzione se il mercato si rivela più debole rispetto alle aspettative rialziste dell'OPEC”, prevedono da Goldman Sachs in una nota pubblicata ieri.

La banca ritiene, inoltre, che la “previsione della domanda molto rialzista” dell’OPEC è ben al di sopra delle sue attese di 1,5 milioni di barili al giorno e prevede un moderato rischio al ribasso a causa della debolezza della domanda di diesel.

Sfida importante

Secondo Mukesh Sahdev, analista di Rystad Energy, l'Opec+ si trova di fronte a ‘una sfida importante’: i barili effettivamente immessi sul mercato sono “probabilmente superiori a quelli registrati” e questo potrebbe far deragliare la strategia del cartello che dall’ultima riunione di novembre è riuscito mantenere i prezzi del greggio abbastanza stabili, intorno agli 80 dollari di pbd sia per il Mare del Nord che per il WTI statunitense, senza riuscire a farli decollare.

L'Iraq e il Kazakistan hanno effettivamente superato le loro quote nel primo trimestre, mentre la Russia ha registrato una sovrapproduzione in aprile.

Nel terzo trimestre l’Opec+ dovrebbe “estendere i tagli alla produzione” e questo “non sarebbe una sorpresa e queste riduzioni dell’output venissero prolungati fino alla fine dell’anno”, secondo Lipow.

Per Matt Smith, i Paesi produttori “potrebbero dover proporre altre misure se vogliono ottenere l’aumento dei prezzi del petrolio sperato”.

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