Petrolio ostaggio della Russia ma il sì ai tagli potrebbe non bastare

Si attende per oggi la posizione della Russia sul taglio alla produzione dei paesi Opec decisa ieri ma gli analisti prevedono che la riduzione di 1,5 milioni di barili potrebbe non sostenere il prezzo del petrolio
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L’Opec annuncia il taglio alla produzione in attesa della Russia
La riunione di ieri dei Ministri dell’Energia dei paesi appartenenti all’Opec ha portato alla decisione di ridurre la produzione di petrolio di 1,5 milioni di barili, con lo scopo di sostenere i prezzi a fronte dell’emergenza coronavirus.
La notizia, però, non ha avuto l’impatto sperato, in quanto oggi il WTI resta intorno ai 45 dollari, vicino ai minimi del dicembre 2018, seguito dal Brent, sceso sotto i 49 dollari al barile.
Il Cartello dei produttori aveva inserito una clausola indispensabile per rendere effettivi i tagli proposti: l’approvazione da parte della Russia, componente esterno dell’Opec.
Diverse fonti stanno riferendo che la Russia si sarebbe già espressa contro tale decisione, e il Ministro dell’Energia, Aleksander Novak, avrebbe addirittura abbandonato la riunione prima della conclusione del vertice. Il Presidente Vladimir Putin, inoltre, avrebbe già definito “adeguato” il livello attuale dell’offerta di petrolio.
La posizione della Russia prevederebbe l’estensione dell’attuale produzione, in quanto è sicura che il calo della domanda di greggio a causa del coronavirus non arriverà sopra i 200 mila barili al giorno. Nel corso della giornata di oggi arriverà la comunicazione ufficiale.
Un taglio che potrebbe non essere sufficiente
Anche nel caso che la Russia approvasse il taglio, secondo gli esperti di Equita questo potrebbe non permettere il riequilibrio del mercato petrolifero, "poiché l'effetto del coronavirus sulla domanda di petrolio può essere più forte di 2 milioni di barili nel primo semestre di quest'anno, quindi il taglio potrebbe essere insufficiente nel breve periodo".
L’esito del taglio, sempre nel caso che fosse ratificato dalla Russia, potrebbe “stabilizzare il Brent nell'intervallo di 50-60 dollari al barile nel primo semestre di quest'anno", prevedono gli esperti dell’istituto, ma “potrebbe anche non essere sufficiente a prevenire completamente un surplus del mercato petrolifero mondiale nel primo semestre, né prezzi sequenzialmente deboli nei prossimi mesi”.
Secondo Banca Imi, inoltre, “il mercato ha bisogno di un segnale forte e di un taglio alla produzione di ‘almeno’ 1,5 milioni di barili al giorno, in quanto quota 1 milione è già stata prezzata”. Tuttavia, “nessun accordo potrebbe portare il prezzo del greggio al minimo degli ultimi 5 anni a 30 dollari al barile", concludono questi esperti.
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