Petrolio tenta il recupero ma prosegue la 'guerra' tra i paesi dell'Opec+

I prezzi del petrolio tentano il rimbalzo ma Arabia Saudita e Russia non fermano i loro contrasti
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Il recupero dei prezzi dopo il sell-off di ieri
Tenta il recupero il prezzo del petrolio dopo il violento crollo di ieri, superiore sia al calo arrivato successivamente all'attentato dell'11 settembre che a quello relativo alla crisi finanziaria del 2008. Oggi il prezzo del WTI, infatti, cresce del 7% e sale a 33 dollari, mentre il Brent viene scambiato a 36 dollari al barile.
Il crollo era arrivato dopo il mancato accordo tra Opec e Russia, così come sottolineato anche dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in uno dei suoi soliti tweet. “I motivi della caduta del mercato sono l’Arabia Saudita e la Russia che litigano su prezzo e flussi del petrolio e le Fake News!”, scriveva Trump, aggiungendo tra le cause le notizie sulla diffusione del coronavirus negli USA.
Il calo dei prezzi dell'oro nero aveva anche spinto in basso le borse, in quello che è stato definito 'lunedì nero', con pesanti ribassi sui mercati di tutto il mondo. Perfino le società petrolifere più importanti erano state colpite dalle vendite.
Colossi di Stato come la russa Rosneft hanno visto cali a doppia cifra, la capitalizzazione di mercato si era ridotta ai minimi dal 1997, mentre altre società del settore hanno rischiato di vedere azzerato il loro valore: Occidental, Eof e Continental Resources perdevano oltre il 40% a Wall Street e soggetti più piccoli cedevano addirittura l'80%.
Prosegue la guerra Opec-Russia
I contrasti all'interno dell'Opec+, ovvero includendo il membro esterno Russia, non si sono fermati con il rifiuto alla riduzione dei tagli alla produzione da parte di Mosca.
Dalla Russia, infatti, hanno annunciato di essere pronti a bruciare le riserve valutarie del fondo sovrano e di essere pronti a resistere fino a dieci anni con il prezzo del greggio ai minimi. “I 150 miliardi di dollari in cassa al primo marzo sono sufficienti a coprire le entrate mancate se il prezzo del petrolio scende a 25-30 dollari al barile per 6-10 anni”, annunciavano da Mosca.
Come risposta, l'Arabia Saudita (che aveva proposto l'aumento dei tagli a 1,5 milioni di barili) avrebbe iniziato a predisporre misure per poter affrontare una discesa del petrolio a 12-20 dollari, mentre un altro scenario “estremo” contemplerebbe un prezzo inferiore ai 10 dollari. Inoltre, Riyad sarebbe pronta a accelerare la produzione di petrolio col fine di riconquistare le quote di mercato perse negli ultimi tre anni a causa dei tagli decisi dall'Opec che ricadevano principalmente sull'Arabia Saudita.
Sembra non essere ascoltato, quindi, l'appello del ministro algerino Mohamed Arkab, presidente di turno dell'Opec, il quale ha cercato di riportare l'unità tra le 'sorelle' produttrici. “Serve una rapida decisione per ribilanciare il mercato. Venerdì eravamo d’accordo sul fatto che l’assenza di decisioni sarebbe stata molto negativa per i produttori”. Con i prezzi attuali, stima Reuters, i Paesi Opec stanno perdendo oltre mezzo miliardo di dollari al giorno di potenziali entrate.
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