Petrolio, torna la paura del Covid in Cina mentre si attendono i colloqui di pace

Le quotazioni dell’oro nero tornano a scendere dopo i massimi delle scorse settimane, mentre si moltiplicano i nuovi casi di Covid nel gigante asiatico attirando nuove preoccupazioni sulla domanda di petrolio.
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Petrolio in calo
Inizio di settimana in calo per i prezzi del petrolio dopo i rialzi dei giorni scorsi. Questa mattina il greggio WTI è quotato a 104 dollari, segnando un ripiegamento del 4%, dopo aver raggiunto i livelli più alti dal 2008 all’inizio della settimana scorsa. Stesso andamento per il Brent, oggi venduto a 108 dollari al barile dopo il picco dei 139 dollari del 7 marzo.
Andamento che sta attirando vendite sul settore petrolifero di Piazza Affari, con Tenaris, Saipem e Eni in difficoltà nonostante lo sprint odierno del Ftse Mib (+1,80%) dopo circa due ore di contrattazioni.
Ripartono i colloqui di pace
I livelli odierni arrivano dopo “un movimento che rappresenta una leggera sorpresa visti gli sviluppi nel fine settimana relativi sia ai colloqui sul nucleare iraniano sia al conflitto Russia/Ucraina”, sottolineano da ING.
Le trattative di pace sono riprese questa mattina alle 9.30 italiane, creando aspettative di schiarimenti sul conflitto in Ucraina che si ripercuotono sui mercati, oggi positivi.
Inoltre, gli investitori sono in attesa di conoscere anche le decisioni dell’Europa sul nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, potenzialmente fonte di nuovi movimenti di prezzo sulle materie prime.
Torna il Covid in Cina
Secondo gli esperti di ING, ora “il mercato potrebbe concentrarsi maggiormente sugli ultimi sviluppi legati al Covid in Cina”, arrivati a oltre 3.300 nuovi casi nel corso del 12 marzo dopo aver superato la soglia di 1.000 per due giorni consecutivi, secondo quanto reso noto dalla Commissione sanitaria nazionale cinese.
“Il numero crescente di casi ha visto la città di Shenzhen entrare in lockdown”, sollevando “preoccupazione per il potenziale impatto sulla domanda. Ma anche, cosa importante, suggerisce che la Cina non è pronta ad abbandonare la sua politica zero-Covid", aggiungono da ING.
Il 2022 ha già visto oltre 9 mila casi nel paese, rispetto agli 8.378 del 2021, secondo i calcoli Reuters e “l’economia cinese potrebbe essere di nuovo colpita duramente”, scrivono da Nomura in una nota, sottolineando come la situazione Covid in Cina sia peggiorata ad un ritmo definito “allarmante” nell’ultima settimana, in quanto ha raggiunto quasi ogni zona con “significativa importanza a livello economico”.
Le autorità hanno sospeso i trasporti pubblici di Shenzhen, la Silicon Valley cinese, e chiesto alla popolazione di lavorare da casa mentre vengono effettuati test in tutta la città.
La situazione ha spinto Foxconn e Unimicron Technology, società fornitrici di Apple, a sospendere le operazioni nella città “fino a nuovo avviso”.
Stessa decisione per Toyota a Changchun, nel nord-est del Paese, città attualmente in lockdown, dove è stata sospesa la produzione della joint venture con la cinese Faw Group.
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