Piazza Affari, perché il Ftse Mib è sempre più bancocentrico

Il rally di quest'anno ha trasformato la struttura del Ftse Mib: performance ampie, leadership sempre più concentrata e un peso crescente delle banche che ridefinisce la fisionomia dell’indice. L’equilibrio tra settori si è incrinato, mentre il mercato italiano supera la Francia, accelera oltre lo Stoxx 600 e si conferma uno degli epicentri della finanza europea.
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Un listino in crescita ma con una nuova identità
L’indice italiano Ftse Mib ha messo a segno un progresso del 27% da inizio anno, avvicinandosi al massimo sopra i 45.000 punti toccato il 12 novembre prima di stabilizzarsi intorno ai 43.600 all’inizio di dicembre. In questo quadro, il commento di Gabriel Debach, market analyst di eToro, descrive un mercato sostenuto da una partecipazione ampia: la versione equal weight dell’indice è cresciuta del 31%, segnale che il rialzo non è stato guidato da poche storie isolate ma da una partecipazione ampia e diversificata.
All’interno di questa ampiezza, però, la concentrazione è aumentata. come si legge nel report di eToro, i primi dieci titoli mantengono un peso intorno al 70%, mentre la quota dei primi tre è passata dal 34,5% di inizio anno al 39,5%, con un picco oltre il 40% ad agosto. Anche i primi due titoli hanno rafforzato la loro centralità, salendo dal 23,9% al 28,3%. La Borsa guadagna in profondità, ma si muove con un’ossatura più verticale.
Il duopolio delle grandi banche
Il cuore della trasformazione, secondo Debach, è nel settore bancario. Il duopolio, formato da UniCredit e Intesa Sanpaolo, ha ridefinito la struttura del listino. UniCredit, primo titolo per capitalizzazione ma secondo per incidenza, ha segnato il 16,6% in agosto per poi restare sopra il 14% a fine novembre. Intesa Sanpaolo ha consolidato una crescita più lineare, passando dal 12% di fine 2024 a oltre il 14,2% in autunno.
Il contributo alla performance è ancora più significativo, osserva Debach. UniCredit spiega circa il 28% del rialzo annuale del Ftse Mib grazie a un +71% YTD, mentre Intesa contribuisce per un altro 15% con un +48%. Insieme, le due banche rappresentano il 43% della performance complessiva dell’indice. Quando si muovono, Milano segue.
Un rally esteso, non una corsa di pochi titoli
Nonostante l’impatto delle prime due banche, il rialzo non è stato circoscritto a una manciata di nomi. Telecom Italia e Iveco, spiega Debach, hanno raddoppiato la capitalizzazione, mentre Banca Popolare di Sondrio, Leonardo, Italgas e BPER Banca mostrano progressi tra il 71% e l’86%. Accanto a UniCredit brillano Lottomatica, Banca Mediolanum, Unipol e Banco BPM, tutte con incrementi tra il 55% e il 69%.
Molti titoli di peso, puntualizza Deabch, da Poste Italiane a Prysmian, da Snam a Eni, da Generali a Fineco, hanno registrato avanzamenti compresi tra il 18% e il 48%. Dodici società restano in territorio negativo, un gruppo che incrocia comparti come lusso, farmaceutico, auto e servizi di pagamento, con nomi che includono Tenaris, Saipem, Recordati, Campari, STMicroelectronics, Brunello Cucinelli, Ferrari, Stellantis, Inwit, Nexi, Diasorin e Amplifon. Il fatto che la versione equal weight dell’indice superi il Ftse Mib tradizionale conferma numericamente che la concentrazione non sostituisce il contributo del resto del listino.
Il nuovo equilibrio settoriale
La trasformazione del mercato milanese, secondo Debach, emerge con chiarezza nella ripartizione settoriale. Il comparto bancario è passato da 159 a 238 miliardi di capitalizzazione, aumentando il suo peso dal 31,5% al 38,7%. Le banche hanno generato 79 miliardi dei 111 miliardi creati dall’intero indice, il 71% del valore aggiunto del 2025. Industria, energia e utilities restano rilevanti, ma l’equilibrio che esisteva a inizio anno risulta compromesso.
Le utilities salgono al 15,36%, aggiungendo 21 miliardi di market cap, mentre il blocco industriale cresce di 15 miliardi. Il settore energia avanza solo di 3 miliardi. Il comparto automotive vive la fase più difficile: scende da 76,6 miliardi a meno di 60, con un peso che dal 15,1% si riduce al 9,7%. La fine della presenza di Pirelli nel listino principale, la concorrenza globale e le trasformazioni legate alla mobilità elettrica amplificano il ridimensionamento.
Telecom Italia resta marginale con un’incidenza intorno al 2%, nonostante il rialzo straordinario del titolo. Il sanitario subisce un indebolimento visibile, scendendo all’1,37% del totale. Food, materiali e consumi restano comparti satellitari. Il segmento viaggi e tempo libero mostra una crescita vivace, ma la dimensione resta troppo contenuta per influenzare l’indice in modo significativo.
Una Borsa più finanziarizzata e meno industriale
La Borsa italiana presenta oggi una concentrazione senza precedenti. Quasi il 40% della performance dell’indice, spiega Debach, dipende da tre aziende, due delle quali sono banche e una è una utility regolata. Questo assetto rende Milano particolarmente sensibile allo spread, alla politica monetaria della Bce e ai movimenti dei rendimenti sovrani, riducendo la rappresentatività del listino rispetto alla struttura manifatturiera del Paese.
Il 2025, secondo Debach, diventa così l’anno della finanziarizzazione di Piazza Affari. L’economia reale, dall’automotive all’industria, arretra nella gerarchia dei pesi, mentre il mercato valorizza la stabilità dei flussi di cassa generati da credito, servizi regolati e infrastrutture. Nonostante questo riequilibrio interno, il Ftse Mib sovraperforma lo Stoxx Europe 600 con un +27% contro +14% YTD e beneficia di uno spread sotto controllo e dei numerosi upgrade ricevuti dalle principali agenzie di rating.
Milano, in questo quadro descritto da Debach, non appare solo una Borsa bancaria. Diventa una specificità. Un valore che il mercato sta riscoprendo.
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