Picco dell'inflazione Usa e occupazione sui massimi


Un economista è qualcuno che vede qualcosa funzionare nella pratica e chiede se potrebbe funzionare in teoria (R. Reagan).

Nessun dato interessante per i mercati in uscita oggi. Le vendite al dettaglio della Germania sono risultate peggiori rispetto alle stime (-8,8% contro 8% atteso). In linea con le attese invece il PMI manifatturiero e il tasso di disoccupazione dell’Europa.


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Le date dei meeting delle banche centrali sono lontane (21 settembre) e i mercati si interrogano su quali saranno le loro prossime mosse. Come detto dai due presidenti, ulteriori rialzi dei tassi dipenderanno dai dati, soprattutto di inflazione e disoccupazione. Tanto è vero che Powell ha per esempio sospeso la guidance, segnalando appunto la crescente dipendenza della politica monetaria dai dati.

Le difficoltà per la FED sono note: PIL del 2° trimestre negativo per effetto di sorprese verso il basso dalla domanda finale domestica privata e inflazione in ulteriore accelerazione a ritmi intollerabili. Ma il dato da monitorare con attenzione nei prossimi mesi sarà quello del mercato del lavoro. Al 3.5% di disoccupazione attuale vuol dire che in USA tutti hanno un lavoro. Le richieste di sussidi di disoccupazione sono in calo e alla fine dello scorso aprile per esempio le posizioni lavorative aperte in USA erano di 11.4 milioni di posti di lavoro.

Storicamente non è mai verificata una recessione con il tasso di disoccupazione al 3.5%. Chiaro quindi che l’andamento del mercato del lavoro in primis e le variazioni mensili dei prezzi saranno la chiave per capire il ritmo dei rialzi dei tassi. Da oggi al 21 settembre ci saranno molte informazioni rilevanti su questi fronti: due CPI e due rapporti sul mercato del lavoro.

La frenata del PIL del primo semestre, poco dipendente dalla stretta monetaria che sarà più visibile a partire dall’autunno, non è stata tuttavia sufficiente a rallentare la crescita dei prezzi in linea con le attese della FED e quindi sembra necessario proseguire con il rialzo dei tassi arrivando in territorio restrittivo e pilotando il sistema economico al di sotto della crescita potenziale (qualora ce ne fosse bisogno). La manovra non è facile né tantomeno agevole e soprattutto non è affatto scontato che nella ripresa successiva l’inflazione non riprenda a correre. Vedremo.

Nel frattempo, le variazioni percentuali di alcune categorie di prodotti, risultate in flessione (benzina – 10%, grano – 37%, mais -27%, noli marittimi dall’Asia vero la California -11,4% ) suggeriscono che il picco di inflazione potrebbe già essere stato raggiunto, anche perché il 2,5 - 3% di inflazione si stima sia legata ai problemi delle catene di approvvigionamento, in via di rilassamento: il mercato monetario sconta infatti una riduzione dei tassi a partire dai primi due trimestri del 2023.

Strategia

Sul mercato, riteniamo corretta una strategia bottom up che privilegi i titoli di quelle società che producono cassa, siano market leader nel proprio settore di riferimento e vantino una redditività superiore e sostenibile rispetto a quella media del proprio settore. In altre parole i titoli di quelle società che sono in grado di aumentare i prezzi di vendita all’aumentare dei costi di produzione.

Antonio Tognoli

Responsabile Macro Analisi e Comunicazione

Corporate Family Office SIM S.p.A.

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