Più energia per crescere, il nucleare torna al centro del dibattito

I costi dell’energia sono tornati al centro dell’attenzione, spinti da una combinazione di fattori strutturali che stanno ridefinendo il rapporto tra crescita economica, tecnologia e sostenibilità. L’espansione dell’intelligenza artificiale, con la sua domanda energetica in rapida ascesa, riapre il dibattito sulle fonti in grado di garantire sicurezza degli approvvigionamenti, continuità produttiva e impatto ambientale contenuto. Il nucleare torna così a imporsi come una possibile leva strategica per sostenere lo sviluppo di lungo periodo.
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Crescita economica e consumo energetico
La relazione tra sviluppo economico e consumo di energia rappresenta un punto di partenza essenziale per comprendere il dibattito attuale. Negli Stati Uniti, negli ultimi due secoli, il consumo energetico pro capite e il Pil pro capite hanno mostrato un andamento sorprendentemente parallelo, a conferma di come il progresso umano sia storicamente associato a un utilizzo crescente di risorse energetiche. Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel, osserva come fare di più, produrre di più e migliorare gli standard di vita abbia sempre richiesto più energia, rendendo illusoria l’idea di una crescita sostenibile basata su una riduzione strutturale dei consumi.
A partire dagli anni Duemila, questo legame si è però indebolito. Il consumo energetico pro capite negli Stati Uniti ha raggiunto una fase di stallo, accompagnata da un rallentamento della crescita economica rispetto ai trend storici. Nonostante i progressi in termini di efficienza energetica, l’assenza di miglioramenti significativi negli ultimi decenni contribuisce, secondo Cleveland, alla percezione diffusa di stagnazione che ha caratterizzato parte del dibattito economico recente. In questo contesto, la crescente domanda di elettricità legata all’intelligenza artificiale non rappresenta un’anomalia, ma una prosecuzione di una dinamica storica, che solleva interrogativi su come soddisfarla senza comprimere le prospettive di crescita.
Sicurezza, ambiente e densità energetica
Uno degli ostacoli principali alla diffusione del nucleare resta la percezione del rischio, fortemente influenzata dalla sua origine militare e da alcuni incidenti storici che hanno segnato l’opinione pubblica. Cleveland osserva che molte di queste criticità sono state il risultato di errori gestionali o eventi naturali estremi, più che di limiti intrinseci della tecnologia. Tuttavia, l’impatto emotivo di questi episodi ha contribuito a rallentare per decenni la costruzione di nuove centrali.
Se si adotta un approccio comparativo, il quadro appare diverso. Secondo Payden & Rygel, l’energia nucleare è tra le fonti più sicure disponibili, anche rispetto a tecnologie comunemente considerate “verdi”. Durante la produzione di elettricità non genera emissioni di anidride carbonica e presenta un’impronta ambientale relativamente contenuta. Le scorie occupano volumi limitati e alcune tecnologie consentono il riutilizzo del combustibile, mentre anche altre fonti rinnovabili producono rifiuti complessi da gestire, inclusi materiali potenzialmente inquinanti.
Dal punto di vista dell’utilizzo del suolo, il nucleare emerge come estremamente efficiente. Un impianto tipico richiede circa un miglio quadrato, mentre per ottenere la stessa quantità di energia l’eolico necessita di superfici 260-360 volte superiori e il solare di aree 45-75 volte più ampie. Questo aspetto consente di liberare spazio per altri usi strategici, come infrastrutture digitali o impianti di riciclaggio, rafforzando la competitività complessiva del sistema economico.
Continuità produttiva e affidabilità del sistema
Un altro elemento chiave è la continuità della produzione energetica. Nel 2023, le centrali nucleari rappresentavano circa l’8% della capacità elettrica installata negli Stati Uniti, ma hanno fornito circa il 18% dell’elettricità totale prodotta. Questo divario riflette fattori di capacità superiori al 90%, nettamente più elevati rispetto a quelli dell’eolico, mediamente compresi tra il 25% e il 35%, e del solare, tra il 20% e il 25%, fortemente dipendenti dalle condizioni meteorologiche.
Jeffrey Cleveland evidenzia come questa affidabilità renda il nucleare una fonte di base fondamentale in un sistema energetico sempre più sollecitato da carichi variabili, come quelli legati ai data center e alle applicazioni di intelligenza artificiale. In un contesto di crescente elettrificazione dell’economia, la capacità di garantire produzione costante assume un valore strategico che va oltre il semplice confronto dei costi iniziali.
Costi, tempi e nuove tecnologie
Le critiche al nucleare si concentrano spesso sugli elevati costi iniziali e sui lunghi tempi di realizzazione. Attualmente, il costo livellato dell’energia nucleare negli Stati Uniti è stimato tra due e cinque volte quello delle centrali a gas naturale e circa il doppio rispetto a solare ed eolico. I tempi di costruzione variano in media tra cinque e dieci anni, a cui si aggiungono procedure autorizzative complesse.
Nel lungo periodo, tuttavia, emergono segnali incoraggianti. Cleveland sottolinea come i costi del combustibile nucleare per megawattora siano diminuiti di oltre il 40% tra il 2012 e il 2023, mostrando al contempo una volatilità nettamente inferiore rispetto a petrolio e gas. L’esperienza dimostra inoltre che la standardizzazione e la costruzione su larga scala consentono economie significative, con impianti multi-unità o realizzati in prossimità tra loro decisamente più efficienti dal punto di vista dei costi.
Tecnologie emergenti, come i piccoli reattori modulari, promettono ulteriori riduzioni degli investimenti iniziali. L’esempio della Cina è particolarmente significativo: negli ultimi dieci anni Pechino ha costruito oltre 50 reattori e oggi il costo di costruzione per watt è stimato circa un ottavo rispetto a impianti analoghi negli Stati Uniti, dimostrando l’impatto di programmi estesi e continuativi.
Geopolitica dell’energia e domanda futura
L’attuale assetto energetico globale resta fragile e fortemente dipendente da un numero limitato di risorse petrolifere concentrate in poche aree del mondo. In questo contesto, secondo Payden & Rygel, il nucleare potrebbe favorire un riequilibrio geopolitico, riducendo la dipendenza dal petrolio e aumentando l’autonomia energetica dei Paesi che investono in questa tecnologia. Gli Stati Uniti mantengono la maggiore capacità nucleare installata e restano all’avanguardia nella ricerca, potendo contare su un mercato dei capitali profondo in grado di sostenere nuovi investimenti, a condizione di un quadro normativo favorevole.
Guardando avanti, la crescita dell’intelligenza artificiale è destinata ad aumentare in modo significativo la domanda globale di energia, una dinamica ancora sottovalutata. Le stime indicano un possibile incremento fino all’80% entro il 2050, mentre le riserve di combustibili fossili potrebbero rivelarsi insufficienti nel lungo periodo. In questo scenario, il nucleare si distingue come una delle fonti più abbondanti e scalabili, con una densità energetica tale da consentire a una singola centrale di sostituire milioni di pannelli solari o centinaia di turbine eoliche.
I numeri mostrano come l’energia nucleare sia in grado di sostenere una domanda in crescita con un uso più efficiente delle risorse e un impatto ambientale contenuto. Come conclude Cleveland, gli ostacoli principali alla sua diffusione sembrano risiedere più nelle percezioni e nelle resistenze culturali che nei limiti concreti della tecnologia, in un momento storico in cui la disponibilità di energia affidabile torna a essere una condizione essenziale per la crescita economica.
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