Quali effetti sui mercati emergenti avrà il ciclo di taglio tassi della Fed?

02/10/2025 06:15
Quali effetti sui mercati emergenti avrà il ciclo di taglio tassi della Fed?

Il taglio di 25 bps dei tassi deciso dalla Fed a settembre con ogni probabilità ha segnato l’inizio di una nuova fase di allentamento che dovrebbe protrarsi fino al 2026. Per gli investitori nei mercati emergenti (EM), i cambiamenti di orientamento della politica della Fed hanno storicamente avuto implicazioni significative per le azioni

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Richieste di sussidi settimanali USA alla disoccupazione in uscita oggi alle 14:30 (stima 229k contro 218k della scorsa settimana).

PMI manifatturiero dell’Europa di settembre, pari a 49,8 punti, minore delle attese di 49,5 punti e in calo rispetto ai 50,7 punti di agosto. In crescita al +2,2% l’inflazione di settembre (+2% in agosto). Situazione quindi in cui la manifattura oscilla tra crescita e recessione ma con prezzi crescenti e in attesa del pieno dispiegarsi degli effetti dell’aumento delle tariffe. Come argomentavamo nel Commento di ieri, la sola politica monetaria non crediamo possa rimettere in moto l’economia reale. Occorre uno sforzo importante anche da parte della politica fiscale che a nostro giudizio necessita però di tempi più lunghi.

Forte peggioramento degli occupati ADP USA in settembre (-32.000 da -3.000 di agosto) e dato nettamente peggiore delle attese, pari a +52.000. Come noto, il rapporto ADP, basato sui dati relativi alle retribuzioni di oltre 26 milioni di dipendenti statunitensi, arriva in un momento in cui gli Stati Uniti hanno registrato una crescita del PIL superiore alle previsioni nel secondo trimestre. Questo è l'ultimo dato che segnala un rallentamento piuttosto marcato dello slancio del mercato del lavoro, mentre le aziende riducono in modo aggressivo le assunzioni. Il dato assume inoltre rilievo perché il dato relativo al tasso di disoccupazione atteso venerdì prossimo, potrebbe slittare a causa dello shut down.

PMI manifatturiero di settembre, pari a 52 punti, in linea con le attese e in flessione rispetto ai 53 punti di luglio, ma che si mantiene sopra la soglia dei 50 punti che indica recessione. Sostanzialmente in linea con le attese anche l’ISM manifatturiero di settembre (49,1 punti contro 49 atteso), ma in crescita rispetto ai 48,7 punti di agosto.

Il taglio di 25 bps dei tassi deciso dalla Fed a settembre con ogni probabilità ha segnato l’inizio di una nuova fase di allentamento che dovrebbe protrarsi fino al 2026. Per gli investitori nei mercati emergenti (EM), i cambiamenti di orientamento della politica della Fed hanno storicamente avuto implicazioni significative per i rendimenti azionari. Nelle decadi passate, irrigidimenti della politica monetaria statunitense della portata vista nel 2022 e nel 2023 hanno in genere comportato maggiori tensioni finanziarie e spesso periodi di crisi nelle economie emergenti. Al contrario, i periodi di allentamento monetario negli Stati Uniti sono stati tipicamente associati a sovraperformance delle azioni dei mercati emergenti. Le crisi della metà e fine anni Novanta (in Messico, nel Sud‑Est asiatico e in Russia) che seguirono il ciclo di strette del 1994‑1995 mettono chiaramente in evidenza l’impatto negativo che l’inasprimento della Fed ha avuto in passato sui rendimenti dei mercati emergenti. Allo stesso tempo, le forti sovraperformance delle azioni EM alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta e poi di nuovo nei primi‑medi anni Duemila, sono avvenute all’indomani di periodi di allentamento monetario da parte della Fed.

Negli anni successivi alla crisi finanziaria globale del 2008/2009 tuttavia, il legame tra le decisioni della Fed e i rendimenti degli EM sembra essersi indebolito, con le azioni dei mercati emergenti che si sono dimostrate meno sensibili alla direzione dei tassi statunitensi. Il massimo accomodamento della Fed e i successivi cicli di quantitative easing nel periodo successivo al ciclo di tagli dei tassi del 2007‑2008 sono coincisi con una marcata sottoperformance delle azioni EM nella prima metà degli anni 2010.

E nelle fasi iniziali dell’attuale ciclo economico, i rendimenti EM si sono mostrati relativamente resilienti di fronte alla stretta sui tassi più aggressiva da parte della Fed dagli anni Novanta e hanno in generale tenuto il passo con i loro omologhi dei mercati sviluppati (esclusi gli Stati Uniti) dall’aumento dei tassi del 2022 in poi. Questo relativo distacco dalla politica della Fed negli anni più recenti suggerisce un potenziale cambiamento nell’interazione tra i tassi USA e la performance dei mercati emergenti e quindi un allontanamento dalla relazione tipica sperimentata in passato.

Le crisi storiche nelle economie emergenti innescate dai rialzi dei tassi della Fed sono state di solito caratterizzate da fughe di capitali, deleveraging e calo dei valori degli assets. L’aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti attira capitali lontano dai Paesi emergenti più rischiosi (in particolare quelli con ampi disavanzi delle partite correnti) e riduce il supporto ai prezzi degli asset locali dei mercati emergenti e ai tassi di cambio. La contestuale forza del dollaro statunitense ha rappresentato tipicamente un ulteriore ostacolo. Per quelle economie emergenti con tassi di cambio fissi, una perdita di competitività delle esportazioni rispetto al resto del mondo indebolisce ulteriormente le posizioni delle partite correnti, costringendo le banche centrali a intaccare le riserve in valuta estera. Laddove invece i tassi di cambio sono flessibili, i debiti in valuta estera aumentano in termini di valuta locale, con conseguenti diffusi default, declassamenti del debito, recessioni e ulteriore deprezzamento valutario. I cicli di taglio dei tassi da parte della Fed hanno visto questo processo operare al contrario, fornendo una spinta ai valori degli asset dei mercati emergenti.

Ma a partire dagli anni successivi alla crisi finanziaria asiatica del 1997/1998 e proseguendo nel periodo successivo alla crisi finanziaria globale, i fondamentali in gran parte dell’universo EM sono nettamente migliorati (insieme ad una maggiore concentrazione di mercato nella regione Asia‑Pacifico). I regimi di cambio fisso sono stati in gran parte abbandonati. Le riserve in valuta estera dei mercati emergenti sono quasi raddoppiate in rapporto al PIL rispetto agli anni di crisi degli anni Novanta. E, tra 18 grandi economie emergenti incluse nell’indice MSCI Emerging Markets, la quota di debito EM denominato in dollari USA si è all’incirca dimezzata nell’ultimo decennio, trainata dal settore privato tra famiglie e imprese. Di conseguenza, i mercati emergenti sono diventati strutturalmente più isolati dalla direzione dei tassi ufficiali della Fed.

L’impatto della politica monetaria della Fed è stato ulteriormente attenuato nell’attuale ciclo grazie a posizioni delle partite correnti più equilibrate nel mondo emergente. Un altro motivo chiave per cui le azioni EM hanno tenuto relativamente bene durante la fase iniziale di irrigidimento è che i disavanzi delle partite correnti si sono ridotti o sono scomparsi del tutto per la maggior parte dei Paesi.

Quasi il 70% della capitalizzazione di mercato dell’indice MSCI è ora rappresentato da Paesi con un surplus delle partite correnti, in aumento di oltre 10 punti percentuali rispetto al periodo del “taper tantrum” di un decennio fa. E aggiungendo i Paesi con soli disavanzi moderati (inferiori al 3% del PIL) si cattura praticamente l’intera capitalizzazione di mercato dell’indice. Il risultato è che i mercati emergenti sono diventati meno dipendenti dai finanziamenti esterni negli ultimi anni, il che ha anche limitato la necessità di competere per i flussi di capitale globali.

La Fed ha aumentato i tassi di 525 pb nel corso della sua campagna di inasprimento tra il 2022 e il 2023. Ma nello stesso periodo, solo tre grandi mercati emergenti (Egitto, Turchia e Colombia) sono stati costretti a effettuare rialzi maggiori. Ciò contrasta con i ripidi aumenti dei tassi d’interesse richiesti alle autorità monetarie del mondo emergente nei cicli passati, soprattutto nei decenni di crisi degli anni Ottanta e Novanta. Il risultato è stata una relativa insensibilità dei rendimenti EM alla direzione della politica della Fed nell’attuale contesto rispetto agli anni precedenti.

Guardando avanti, ciò implica che le azioni dei mercati emergenti potrebbero non ricevere lo stesso impulso dai tagli dei tassi della Fed che hanno avuto in passato. I fattori domestici dovrebbero quindi essere più importanti per le prospettive degli EM nel periodo a venire. E, dalla volatilità indotta dai dazi della scorsa primavera in poi, l’esposizione alla crescita del settore dell’Information Technology ha favorito diversi mercati di grande peso nella regione Asia‑Pacifico, come Corea, Taiwan e Cina, mentre i tagli dei tassi d’interesse interni in vari grandi mercati, tra cui Cina, India, Corea, Messico e Sudafrica, hanno rappresentato un’ulteriore fonte di supporto. La politica monetaria della Fed sarà probabilmente più favorevole per i paesi in deficit del mondo emergente, oltre che per quelli con tassi di cambio ancora ancorati al dollaro statunitense i cui responsabili di politica monetaria seguono la Fed (ossia gli stati del Golfo, quali Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar). Questi mercati potrebbero beneficiare di condizioni finanziarie domestiche più accomodanti. Tuttavia, nel loro insieme questi componenti rappresentano solo circa il 10% della capitalizzazione di mercato dell’indice MSCI Emerging Markets.

Il quadro più ampio, entrando nell’ultimo trimestre del 2025 e guardando al prossimo anno, è che l’attuale ciclo di tagli dei tassi della Fed risulterà probabilmente meno rilevante per i mercati azionari EM rispetto ai tagli precedenti. I forti rialzi dei tassi del 2022‑2023 non hanno provocato una diffusa debolezza economica, instabilità finanziaria o una significativa sottoperformance del mercato. Allo stesso modo, ci aspettiamo un impatto limitato del nuovo ciclo di allentamento sulla maggior parte dell’universo EM.

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