Quattro motivi per rimanere cauti in questo momento


La riduzione del rischio sistematico ha fatto salire i mercati. Tuttavia, Tognoli individua almeno quattro temi che dovrebbero spingere a maggior cautela in questo momento.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Produzione industriale MoM di maggio dell’Europa in uscita oggi alle 11:00 (stima +0,3% contro +1% di aprile), prezzi alla produzione USA MoM di giugno (stima +0,2% contro -0,3% di maggio) e richiesta di sussidi settimanali alla disoccupazione alle 14:30 (stima 255k contro 253k della scorsa settimana).

Ieri l’inflazione USA di giugno è risultata più bassa delle stime (3% contro 3,1% atteso) e in decisa contrazione rispetto al 4% di maggio. Il rallentamento è in parte dovuto a un effetto base elevato rispetto allo scorso anno, quando un'impennata dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari ha spinto il tasso di inflazione complessiva ai massimi del 1981, pari al 9,1%. A giugno di quest'anno, il costo dell'energia è crollato del 16,7% (rispetto al -11,7% di maggio), con prezzi in calo del 36,6% per l'olio combustibile, del 26,5% per la benzina e del 18,6% per il servizio gas. I prezzi dell'energia elettrica sono aumentati del 5,4%. Nel frattempo, l'inflazione alimentare è stata del 5,7%, inferiore al 6,7% a maggio e anche i prezzi delle case sono aumentati a un ritmo più contenuto (7,8% contro 8%). Incrementi di prezzo minori sono stati registrati anche per i nuovi veicoli (4,1% vs 4,7%), l'abbigliamento (3,1% vs 35%) ei servizi di trasporto (8,2% vs 10,2%). Il costo dei servizi medici è sceso dello 0.8% e i prezzi di auto e camion usati sono diminuiti del 5,2%. Il tasso di inflazione core è sceso al 4,8%, il più basso dall'ottobre del 2021.

Nello stesso periodo i redditi reali mensili sono aumentati in modo maggiore rispetto alle attese (0,5% contro -0,1% stimato e il dato di maggio). Riteniamo comunque che la FED non voglia lasciare il lavoro a metà e aumenti i tassi di 0,25 bp il prossimo 26 luglio.

Diverse sono state le ragioni che hanno portato i mercati azionari a contenere il rischio sistematico e quindi a mettere a segno performance positive. Ragioni che hanno riguardato in particolare i mercati di riferimento nel mondo (quelli USA). Dall’accordo sul tetto del debito, alle attese (tutte di mercato) di una FED colomba che riduca i tassi già a partire dal 2023 per effetto della decelerazione economica.

Ci sono tuttavia almeno quattro temi che ci spingono ad essere cauti in questo momento.

Il primo. Visti i dati non ancora del tutto in linea con un raffreddamento dell’economia compatibile con l’inflazione obiettivo, non crediamo che la FED possa tagliare i tassi nel 2023. Anche alla luce dell’incertezza che l’inflazione risulti definitivamente sotto controllo. Sicuramente i tassi verranno tagliati, ma non prima del secondo semestre del 2024, mantenendoli elevati e in squilibrio a lungo (questo è quello che ha sempre detto Powell).

Il secondo. E’ vero che l'economia USA è ancora forte, ma si sta raffreddando sotto i colpi di 500 bp di rialzi dei tassi in 15 mesi. Il PIL ha già cominciato a rallentare nel 1Q23 (+2% contro 2,6% del 4Q22), ma dovrebbe farlo in modo ancora più visibile del 2Q23, man mano che la politica monetaria restrittiva farà vedere i suoi effetti. La resilienza del consumatore USA, più che il tasso di disoccupazione, è la variabile chiave da tenere d'occhio.

Terzo. La spinta dovuta alla riapertura dei mercati cinesi si sta esaurendo. La strada non è lineare, ma viceversa molto tortuosa e sembra che la Cina sia prossima ad entrare in deflazione. Il rimbalzo economico degli ultimi 12 mesi è stato orientato verso la domanda interna, i settori manifatturieri si stanno velocemente indebolendo e aumenta l'incertezza sui dati immobiliari.

Quarto. I mercati ci sembrano un po’ troppo compiacenti e tendono ad ignorare il muro dei rischi. Si sono infatti aperti importanti segnali di gap tra i prezzi di mercato delle imprese ed i valori fondamentali delle stesse, in molte aziende USA, soprattutto nel settore tecnologico che poi è quello che ha di fatto trainato gli indici negli ultimi mesi.

Crediamo quindi che gli investitori dovrebbero agire in modo prudente. In particolare:

per quanto riguarda le azioni, riteniamo che le stime degli analisti sugli utili delle imprese non tengano ancora conto del rischio di una recessione economica (in Europa ci siamo già dentro, mentre negli USA si sta spostando in avanti, ma sembra sempre più un problema di quando e non di se). Siamo difensivi sugli USA e in particolare sulle grandi mega cap. Così come siamo difensivi sull’Europa che ha beneficiato del calo dei costi energetici e della riapertura della Cina, effetti che però si stanno esaurendo velocemente;

per quanto riguarda le obbligazioni, visto che la bilancia si sta inclinando quanto meno verso un’economia più debole, in questo momento preferiamo non allungare la duration media del portafoglio. Nelle corporate previlegiamo l’investment grade con attenzione ovviamente all’evoluzione dei fondamentali societari. Da non sottovalutare che il calo degli utili potrebbe influire sulla capacità di accedere ai mercati dei capitali per molte aziende.

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