Rame, prezzo in rialzo sui timori di una riduzione dell'offerta

La sospensione delle attività al giacimento indonesiano di Grasberg ha acceso i riflettori sul mercato del rame, spingendo i prezzi verso nuovi massimi e alimentando aspettative di forte volatilità. Dietro si celano dinamiche complesse che intrecciano problemi dal lato dell'offerta, domanda cinese e serrata speculazione sui mercati statunitensi.
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Chiusura forzata a Grasberg e impatto sui prezzi
La dichiarazione di force majeure da parte di Freeport Indonesia sul giacimento di Grasberg, avvenuta a settembre, ha rappresentato l’innesco di un rally del rame che ha portato i prezzi oltre la fascia di 8.800-10.000 dollari a tonnellata mantenuta per oltre un anno. Come si legge in un report a cura della divisione Market360 di BNP Paribas, da quel momento le quotazioni si sono assestate in un intervallo compreso tra 10.250 e 10.500 dollari, con la prospettiva di picchi fino a 11.000 dollari nell’ultimo trimestre 2025.
Tuttavia, spiega gli esperti di BNP Paribas, dietro la corsa dei prezzi non vi sono segnali convincenti di scarsità fisica. I contratti forward, in particolare sul CME, mostrano curve in contango piuttosto profondo, a dimostrazione che le preoccupazioni sull’offerta di rame raffinato non sono generalizzate. L’analisi di Market360 evidenzia come il mercato fosse in avanzo significativo nel 2024 e nella prima metà del 2025, con accumuli di scorte sia in Cina che negli Stati Uniti.
Il grafico sottostante illustra chiaramente come le curve future non scontino tensioni immediate sull’offerta.
Produzione mineraria e resilienza delle forniture
Nonostante le perdite registrate in alcuni grandi impianti come Kamoa-Kakula, El Teniente e Constancia, la produzione mineraria globale di rame ha mostrato una crescita robusta: +4,6% nella prima metà del 2025, il ritmo più elevato dal 2016. Questo incremento, evidenzia Market360 di BNP Paribas, è stato sufficiente a compensare parte delle difficoltà operative.
Il caso Grasberg resta centrale: già prima della sospensione, le previsioni di produzione erano state ridimensionate a 732mila tonnellate di concentrato per il 2025, rispetto alle 836mila del 2024. Con la chiusura forzata, la produzione stimata per l’intero anno è ora di circa 520mila tonnellate. Le sezioni Big Gossan e Deep MLZ, non colpite dall’incidente, potrebbero ripartire entro fine anno, mentre per il blocco GBC il riavvio è previsto solo nella prima metà del 2026.
Il grafico qui sotto mostra come, nonostante Grasberg, le perdite complessive restino inferiori alla media decennale del 4%.
Cina tra espansione della capacità e pressioni sui margini
Sul fronte della domanda, la Cina continua a rappresentare l’ago della bilancia. La capacità di fusione e raffinazione, si legge nel report di BNP Paribas, è cresciuta in modo significativo, spingendo la produzione di rame raffinato a un +9% nei primi otto mesi del 2025. Contestualmente, le esportazioni di rame raffinato hanno toccato livelli record, spinte da un differenziale di prezzo negativo che rende competitivo l’export verso i mercati internazionali.
Tuttavia, spiegano gli analisti di BNP Paribas, la produzione di semilavorati in rame (+15,4% da inizio anno) appare ben superiore alla domanda finale interna. Già nel 2024, in occasione del rally speculativo di aprile-maggio, i trasformatori ridussero drasticamente gli acquisti, attingendo a scorte accumulate. Lo stesso fenomeno sembra ripetersi oggi, con un calo dei premi fisici sul mercato cinese, segnale che i margini sono sotto pressione e la disponibilità a pagare prezzi elevati è limitata.
Il grafico sottostante evidenzia il crescente divario tra i prezzi interni cinesi e quelli di riferimento globali.
Distorsioni del mercato Usa e prospettive globali
Negli Stati Uniti, si legge nel report di BNP Paribas, il timore di tariffe dirette sulle importazioni di rame ha determinato un forte afflusso di metallo. Nel solo periodo gennaio–agosto 2025 le importazioni sono cresciute dell’89% a 1,37 milioni di tonnellate, gonfiando le scorte del CME a livelli record. Eppure, nonostante l’abbondanza di metallo, i prezzi del rame sul CME hanno mostrato un premio di circa 3.000 dollari rispetto al LME nella fase estiva.
BNP Paribas interpreta questo squilibrio non come segnale di domanda reale, ma come effetto di attività speculativa. Le difficoltà del settore automobilistico (-10% nella produzione domestica) e del comparto edilizio (-6,5% negli avvii di nuove costruzioni) non supportano un boom dei consumi. Piuttosto, l’interesse dei fondi a usare il rame come copertura contro il dollaro sembra il principale driver della distorsione.
Guardando al 2026, la chiusura di Grasberg rischiava di trasformare un surplus previsto di 41mila tonnellate in un deficit di oltre 200mila. Tuttavia, come precisa BNP Paribas, includendo nei modelli un tasso di perdita produttiva più alto (5,5% rispetto al 4% medio storico), lo scenario resta sostanzialmente bilanciato, evitando una carenza strutturale.
La figura qui sotto mostra l’impatto della sospensione di Grasberg sulle previsioni di bilancio del mercato 2026.
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