Recovery Fund e Bad Bank europea, il comparto bancario può essere la sorpresa di settembre


Estrarre rendimento dalle banche anche senza dividendi si può. Il certificate di Vontobel con Isin DE000VP6DXK7 e sottostanti Banco BPM, Intesa Sanpaolo e UniCredit, quota sotto la pari a 980 euro e stacca premi trimestrali del 2,639% (10,55% annualizzato) se i tre sottostanti non avranno perso oltre il 30% dal livello iniziale. Barriera sul capitale al 70% valida solo a scadenza. Il rendimento annuo e il possibile ritiro anticipato lo rendono interessante per gli investitori.


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Il settore bancario potrebbe essere la sorpresa di fine estate!

Prima il Recovery Fund, per l’Italia stiamo parlando di 208 miliardi di euro e adesso la bad bank europea.

Secondo le indiscrezioni, il prossimo 25 settembre, il tema sarà al centro di una tavola rotonda organizzata direttamente dalla Commissione europea. A  partecipare saranno le prime linee della Bce dal vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, alla presidente della commissione Econ, Irene Tinagli, al capo del dg Fisma, Klaus Wiedner, oltre a funzionari di Bce, Ssm ed Eba.

Il passaggio è fondamentale per il settore. Primo perché è stata la stessa Bce a bloccare il pagamento dei dividendi per le banche con l’obiettivo di mettere fieno in cascina in vista di probabili crediti deteriorati che non sarebbero mai stati pagati, i famosi Npl, non performing loans. Secondo perché si tratta di cifre da capogiro quelle che hanno giustificato una pessima performance del settore, peggior comparto in Europa come mostra il grafico sottostante.

Perché la bad bank è fondamentale per il settore?

L’ipotesi del varo di una bad bank europea circola da anni, già  nel lontano 2008 per risolvere i problemi legati alla crisi subprime. Da allora alcuni meccanismi automatici per la creazione di un fondo di salvataggio sul modello francese sono stati introdotti.

Ma la Bad Bank europea rappresenta molto di più perché permetterebbe di ripulire i bilanci delle banche dai crediti deteriorati, e in particolare di quelli generati dalla pandemia, sembra tornare d’attualità.

Se non a livello comunitario, quanto meno a livello nazionale. Lo scorso aprile erano circolate indiscrezioni di stampa secondo cui alcuni funzionari della Bce avevano discusso con la Commissione europea di un’ipotesi di una bad bank unica. All’epoca però erano stati gli stessi rappresentanti dell’Ue a smentire l’ipotesi, come del resto ribadito oggi dal portavoce Ue. Oggi un portavoce della Commissione Ue, che ha ribadito come Bruxelles stia «mettendo a punto una strategia completa sui crediti in sofferenza».

Togliere le castagne dal fuoco alle banche, ovvero valutare a prezzi di mercato i crediti deteriorati, senza costringere gli istituti a cederli a forte sconto, permetterebbe alle banche di non dover registrare  importanti perdite (derivanti dalla cessione dei crediti a prezzi scontati), e lasciare i rubinetti aperti per nuovo credito a famiglie e imprese.

Solo nel primo semestre dell’anno del resto in Europa le grandi banche hanno accantonato circa 60 miliardi sulle future perdite sui prestiti.

A fine marzo, segnalava l’Eba, il rapporto tra Npl e crediti totali si attestava in Ue ancora a un rassicurante 3% ma le prospettive sono preoccupanti.

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