Rendimento fino al 18,44% annuo con il certificate sui colossi bancari di Piazza Affari

Comunicazione Pubblicitaria Certificati
17/11/2025 08:45
Rendimento fino al 18,44% annuo con il certificate sui colossi bancari di Piazza Affari

Il Certificate firmato Vontobel con Isin DE000VH3LSZ5 si compra sotto la pari a 985 euro ed è strutturato su quattro big bank italiane con tre su quattro che si trovano sopra il livello iniziale: Bper Banca +14,6%, Banca MPS +11,3%, Banco BPM +7,3% e solo UniCredit perde il -2,5% dal valore iniziale.

Ogni mese il prodotto stacca premi con memoria di 14,62 euro, condizionati da una barriera cedolare che parte dal 100% del livello iniziale dei sottostanti per scendere dell'1% al mese, con un gradino finale più ampio, al 60%. Il rendimento potenziale annuo può raggiungere il 18,44% (calcolato sul prezzo attuale e sulla restante vita del prodotto).

Possibilità di rimborso anticipato dopo nove mesi di vita a partire da giugno 2026. A scadenza (settembre 2028), tra meno di tre anni, protezione del capitale fino a ribassi del 40% dal livello iniziale dei sottostanti. Acquistando il certificate oggi, la somma di tutti i premi offre un rendimento potenziale del 52% a scadenza.

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Prezzo sotto la pari e barriere finali profonde

Rendimento elevato, barriere finali più profonde e quattro grandi istituti di credito italiani, che promettono un 2025 con numeri record. Sono questi i punti di forza del certificate di Vontobel con Isin DE000VH3LSZ5 dotato di una struttura molto efficiente che migliora con il passare del tempo grazie a barriera discendente nel tempo, aumentando così la probabilità che il prodotto stacchi tutti i premi mensili con memoria di 14,62 euro.

Passiamo ora ad analizzare i pregi e i difetti di questo certificato. Per poter offrire un rendimento così alto, Vontobel mette in campo una struttura molto efficiente: una barriera cedolare che parte da livelli alti, pari al livello iniziale dei sottostanti, per scendere velocemente al 60%, con un gradino finale più ampio. Cosa succede dunque se uniamo una barriera cedolare molto bassa a scadenza con l’effetto memoria? Alla data di valutazione finale l’investitore può incassare tutte le cedole del certificate come se la barriera fosse sempre stata al 60%.

Lanciato sul mercato il 15 settembre a un valore nominale di 1.000 euro, il certificate oggi si compra sotto la pari a 985 euro con tre su quattro sottostanti oltre il livello iniziale: Bper Banca +14,6%, Banca MPS +11,3%, Banco BPM +7,3% e solo UniCredit perde il -2,5% dal valore iniziale. Questo cosa comporta? Il rischio maggiore si concentra solamente su un solo sottostante e non su tre o quattro titoli come accade in molti altri certificate di questa tipologia.

A condizione che la barriera cedolare venga rispettata alla scadenza, l’investitore potrà ottenere 34 premi mensili (in totale 497,08 euro, 52%), per un potenziale rendimento annuo del 18,44% (tenendo conto dell’acquisto a 985 euro oggi e anche della restante vita del certificate inferiore a tre anni).

Il conto è immediato: 497,08 euro di premi (14,62 euro per 34 cedole mensili totali) più 15 euro di capital gain (differenza tra 1.000 euro di rimborso e il prezzo attuale di 985 euro), il risultato è 512,08 euro. Dividiamo questo numero per il prezzo di acquisto (usiamo quello attuale) di 985 euro e arriviamo a un rendimento da qui alla scadenza (11 settembre 2028) del 52%. Ora annualizziamo il rendimento per capire, all'anno, quanto rende il certificate e confrontarlo con gli altri prodotti sul mercato della stessa tipologia: dividiamo 52% per 2,82 (anni di vita residui del prodotto) e arriviamo a un ritorno del 18,44% annualizzato.

Da non dimenticare che dopo nove mesi di vita l’investitore può approfittare del rimborso anticipato su base mensile che andrebbe ad aumentare il rendimento annuo. Il meccanismo di autocall scatterà dalla prima finestra utile dell’11 giugno 2026, quando il certificate potrà essere liquidato a 1.000 euro se la quotazione di tutti i sottostanti risulterà almeno pari al rispettivo livello iniziale. A quel punto, l’investitore riceverebbe anche sette cedole da 14,62 euro e 15 euro di capital gain (acquistando il certificate oggi a 985 euro), portando l'incasso complessivo a 1.117,34 euro. Il rendimento al momento dell'autocall sarebbe dell'11,91% (117,34 euro tra premi e capital gain su 985 euro di acquisto), per un ritorno annualizzato che balzerebbe così al 21% considerando il breve orizzonte temporale di 6,80 mesi (periodo da oggi all'11 giugno 2026).

A scadenza, il capitale è protetto da una barriera posta al 60% del livello iniziale del sottostante, all’interno del paniere, con la performance peggiore. La prossima data di valutazione mensile è fissata il prossimo 11 dicembre. Di seguito la tabella che mostra i principali livelli di riferimento del certificate:

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Se rendimento elevato, barriere decrescenti, sottostanti solidi e possibile autocall possono rappresentare i pregi, il prezzo da pagare per avere un potenziale ritorno annuo del 18,44% è dato dal rischio di vedere un sottostante scendere più velocemente della barriera, quindi perdere oltre il 40% dal livello iniziale senza mai recuperare. In questo caso, i premi potrebbero rimanere tutti in pancia al prodotto. A compensare questo scenario, il possibile stacco di più cedole tutte insieme grazie all'effetto memoria potrebbe avvicinare il prezzo del certificate ai 1.000 euro di valore nominale. Basterà quindi trovare i sottostanti sopra la barriera cedolare (60% a scadenza) in una data di valutazione mensile, per recuperare tutti i premi non distribuiti in precedenza anche quando la barriera dei premi era posizionata su livelli più alti.

Premio mensile con memoria di 14,62 euro

Il flusso cedolare rappresenta il principale punto di forza del certificato con Isin DE000VH3LSZ5. Ogni mese l’investitore può incassare un premio con memoria dell’1,462% del nominale (1.000 euro), pari a 175,44 euro in un anno, se nessuno dei sottostanti si troverà sotto la barriera che è discendente nel tempo. Infatti, parte dal 100% del valore iniziale dei sottostanti e si abbassa dell’1% al mese per arrivare fino al 60% (lo scalino è maggiore e pari a 6 punti percentuali all’ultima data di valutazione dell’11 settembre 2028), rendendo più probabile il pagamento del premio mensile. Le cedole verranno quindi pagate anche in caso di ribassi dei sottostanti, basta che alle date di osservazione mensili il calo dal valore iniziale del titolo peggiore non superi il rispettivo livello barriera.

Un ruolo importante lo ricopre l’effetto memoria: un premio non pagato non è definitivamente perduto ma rimane in pancia al prodotto. Nelle successive date di osservazione, qualora si verifichino le condizioni che danno diritto al pagamento, i premi non pagati in precedenza vengono distribuiti tutti insieme compresa la cedola relativa a quel periodo di osservazione.

L'obiettivo di questo certificate è quello di aumentare le possibilità di stacco di tutti i premi, grazie a una barriera finale al 60% del livello iniziale unita all’effetto memoria. Grazie a questa struttura innovativa, per chiudere l’investimento in bellezza e portare a casa tutti i 34 premi previsti, nessuno dei sottostanti dovrà crollare del 40% dal livello iniziale all’ultima data di osservazione, ovvero l’11 settembre 2028. A quel punto l’investitore avrà portato a casa un flusso di cedole pari a 497,08 euro e 15 euro di capital gain, arrivando a un rendimento da qui alla scadenza (tra 2,82 anni) del 52% al prezzo di oggi di 985 euro (18,44% annualizzato).

Non va dimenticata l’efficienza fiscale dei certificate. I premi di questo prodotto sono considerati dal Fisco “redditi diversi”, e in quanto tali possono compensare le eventuali minusvalenze presenti nello zainetto fiscale dell’investitore. Con questo sistema è possibile recuperare il credito fiscale derivante dalle perdite registrate entro i successivi quattro anni dalla loro realizzazione.

Due scenari possibile alla scadenza finale

L’obiettivo del certificate è quello di arrivare a scadenza, offrendo un rendimento elevato distribuendo tutte le cedole sfruttando l’effetto memoria. La barriera a capitale, osservata solo alla scadenza (11 settembre 2028), è fissata al 60%, proteggendo il capitale investito da discese fino a -40% dal valore iniziale dei sottostanti. In caso di mancato evento di autocall, alla data di valutazione finale saranno due i possibili scenari:

  1. Se tutti e quattro i sottostanti quoteranno sopra, o allo stesso livello, della barriera il certificate verrà rimborsato al valore di emissione di 1.000 euro più l’ultima cedola e i premi eventualmente non pagati trattenuti in memoria (in totale 497,08 euro di premi). Considerato il prezzo di acquisto attuale di 985 euro, il rendimento complessivo a scadenza raggiungerebbe il 52% (18,44% annualizzato).
  2. Se invece alla scadenza anche solo uno dei sottostanti dovesse quotare sotto il 60% dal valore iniziale, il certificate verrà rimborsato in proporzione alla performance del titolo peggiore all’interno del paniere. A questo valore dobbiamo aggiungere le eventuali cedole staccate durante la vita del certificate, che andrebbero così a compensare (in parte o tutta) la perdita sul capitale. Per fare il calcolo esatto, ad oggi impossibile, dovremmo sapere l'ammontare dei premi distribuito.

Ipotizziamo che il prodotto valga 1.000 euro e che il worst of accusi un ribasso del 45% dal valore iniziale: il certificate verrà rimborsato a 550 euro (50% del valore iniziale). A questo valore dobbiamo aggiungerci le eventuali cedole staccate. Ad esempio, se dovesse staccare 453,22 euro (31 premi su 36) saremmo praticamente in pari sul nominale. Con un worst of al 40% del valore nominale (-60% di performance) e un rimborso a 400 euro è più facile aspettarsi una perdita.

Attualmente, i sottostanti si trovano ben distanti dalla barriera sul capitale: Bper Banca dista il 47,7%, Banca MPS il 46,1%, Banco BPM il +44,1%, e UniCredit il 38,5%, rafforzando le probabilità di uno scenario favorevole a scadenza.

Altro aspetto, ogni volta che il certificate si porterà sotto la pari il rendimento sale. Oggi il certificate passa di mano a 985 euro, per un ritorno annualizzato del 18,44%. Per flussi cedolari bassi lo si avverte poco, ma con flussi cedolari elevati la differenza è sostanziale. Ad esempio, acquistando il certificate a 900 euro, il rendimento annuo salirebbe al 23,53% e quello finale al 66,34% nei 2,82 anni rimanenti di vita del prodotto.

Trimestrali solide e le mosse del risiko

Il terzo trimestre segna una serie di risultati solidi per le principali banche italiane che si apprestano a chiudere un anno da record. Un 2025 che si conferma l’anno del risiko bancario in Italia e anche in Europa, con colossi come Bper Banca, Banca MPS, Banco BPM e UniCredit pronti a giocare partite decisive che potrebbero ridisegnare gli equilibri del mercato del credito del Vecchio Continente.

Bper Banca

Il terzo trimestre di Bper Banca conferma una crescita degli utili: l’utile netto è salito di circa il 20% a 575,09 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo le evidenze disponibili (circa €1,5 miliardi stimati). La banca ha aggiornato la guidance per il 2025: i ricavi totali stimati sono stati portati da circa 5,4 miliardi a 5,5 miliardi, segnalando fiducia nella ripresa post-integrazione della Banca Popolare di Sondrio.

L’Ops (Offerta Pubblica di Scambio) lanciata da Bper Banca su Banca Popolare di Sondrio si è conclusa il 25 luglio scorso con l’80,695% del capitale sociale. L'operazione prevedeva uno scambio di 1,45 azioni Bper e 1 euro in contanti per ogni azione di BP Sondrio.

Non è stata raggiunta la soglia necessaria per il delisting, ma, dal momento che Bper possiede oltre il 66,67% del capitale di Sondrio, l'istituto modenese dispone dei diritti di voto sufficienti per approvare le delibere nell'assemblea straordinaria dell'emittente, inclusa la fusione.

"Il successo di questa operazione rappresenta una tappa significativa per Bper e un importante riconoscimento della validità del nostro progetto da parte del mercato e degli azionisti" commenta in una nota Gianni Franco Papa, ad di Bper.

"Con l'ingresso di BP Sondrio nel gruppo si rafforza il nostro posizionamento tra i principali player del settore in Italia. Crescere: più forti, insieme. Questo era il nostro invito e oggi insieme siamo più grandi, più solidi e ancora più radicati nel tessuto economico e sociale del Paese, assistendo oltre 6 milioni di clienti, con più di 2.000 filiali distribuite capillarmente e gestendo circa 400 miliardi di asset finanziari”, proseguiva il manager.

“Diamo inizio ad un nuovo percorso di crescita che accelererà significativamente il raggiungimento degli obiettivi del nostro piano industriale, pronti a conoscere e lavorare con i nuovi colleghi con i quali condividiamo valori, passione e senso di responsabilità verso famiglie, imprese e comunità in cui operiamo", concludeva Papa.

Banca MPS

Per Banca MPS il terzo trimestre 2025 ha evidenziato un utile netto pari a 474 milioni di euro, in aumento di circa il 16,5% anno su anno. La banca senese ha confermato la strategia di rafforzamento della profittabilità operativa e della generazione di ricavi di qualità.

Il 24 gennaio, Banca MPS ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) su Mediobanca, provocando un terremoto ai vertici della finanza italiana. Operazione gradita dal governo che ha già fatto sapere che non eserciterà il golden power. L'8 settembre è terminata l'Ops di MPS sulle azioni ordinarie Mediobanca, iniziata il 14 luglio (in origine Ops, si è trasformata in Opas a seguito della decisione della banca senese di aggiungere a quanto messo già sul piatto una componente cash, in contanti, di 0,90 per azione).

Il risultato ha stracciato le previsioni più ottimistiche, consentendo a Banca MPS di conquistare l’86,3% circa del capitale di Mediobanca e riducendo le quote dei maggiori azionisti di MPS. Delfin si ritrova con il 18%, Caltagirone con l'11%, il MEF con il 5% e Banco BPM con il 2%. Ma soprattutto la valanga di adesione all'offerta di acquisto e scambio rende più vicino il delisting di Mediobanca dalla Borsa e in parallelo la fusione fra le due banche. Probabile poi che le attività verranno riorganizzate secondo le specializzazioni di entrambi gli istituti di credito conservando entrambi i marchi.

Al centro del progetto c’è l’idea di replicare, anche se in versione “premium”, il modello di FinecoBank: una banca-piattaforma dove concorrono tecnologia, consulenza e automazione. Secondo fonti vicine al dossier, infatti, l’obiettivo è integrare Banca Widiba (che fa parte di MPS) all’interno della rete di Mediobanca Premier/Private, valorizzando il brand Mediobanca Premier e quello Widiba. Il gruppo stesso indica che lo sviluppo della divisione wealth è "la priorità" del piano strategico 2023-26.

Occorre ricordare che, per opporsi alla scalata di MPS, Mediobanca aveva messo sul piatto una controffensiva con l’acquisizione di Banca Generali per 6,3 miliardi di euro, finanziata cedendo la propria quota in Generali. L’operazione, presentata come una spinta verso una “partnership industriale”, è stata però fermata dall’assemblea degli azionisti: solo il 35% dei votanti ha votato a favore, con 10% contrari e un’amazzonia di astensioni (32%), incluse quelle di Delfin e Caltagirone. Questo rifiuto ha compromesso la difesa strategica di Alberto Nagel, che aveva puntato su Banca Generali per rafforzare il gruppo e neutralizzare l’offensiva di MPS.

Banco BPM

Banco BPM ha superato le attese degli analisti nel terzo trimestre 2025: l’utile netto del trimestre si è attestato a circa 450,3 milioni di euro, migliore del consenso (circa 398 milioni) nonostante un calo del margine di interesse di circa il 12% e una forte crescita delle commissioni. Piazza Meda ha confermato la guidance per il 2025 già comunicata in precedenza, segnalando stabilità e coerenza rispetto al piano strategico.

Sembra non essersi fermato il risiko bancario italiano dopo l’acquisizione di Mediobanca da parte di Banca MPS e, questa volta, protagonista principale di nuove operazioni potrebbe essere Crédit Agricole con Banco PM nel mirino. I francesi hanno appena arruolato due nuovi advisor di grande notorietà nel mondo finanziario, ovvero il banchiere d'affari francese Matthieu Pigasse e l'italiano Claudio Costamagna, e avrebbe già avviato le trattative con il governo italiano.

Secondo l’agenzia Reuters, la riunione si sarebbe svolta nelle ultime settimane con all’ordine del giorno una possibile integrazione tra la filiale italiana della banca francese e l’istituto guidato da Giuseppe Castagna. L’incontro è stato organizzato dopo che Crédit Agricole aveva utilizzato contratti derivati per aumentare la propria partecipazione a poco più del 20% di Banco BPM, per poi chiedere alla Banca centrale europea l’autorizzazione per detenere fino al 29,9%. Fonti dell’agenzia rivelano che il governo ha comunicato ai francesi le proprie condizioni per l’operazione: l’esecutivo avrebbe richiesto garanzie sulla continuazione del credito alle piccole imprese, ovvero i principali clienti di Banco BPM. A questo si aggiungono garanzie su Anima Holding con il fine di proteggere il risparmio nazionale.

Crédit Agricole ha rassicurato il governo che sarebbe pronta a fornire le garanzie che Roma riterrà necessarie per consentire l'integrazione. La scorsa settimana il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato di non avere "obiezioni politiche" all'accordo tra Banco BPM e Crédit Agricole, ma che il suo ministero avrebbe applicato la golden power, se l'accordo andasse in porto.

Da un report di Scope Ratings emerge che Banco BPM potrebbe assumere “un ruolo più attivo nell’ondata di consolidamento bancario in Italia, trainata da fattori finanziari, strategici e politici”. Secondo l'agenzia di rating europea, una fusione tra Piazza Meda e Crédit Agricole Italia darebbe vita a un gruppo forte con un modello di business ben diversificato, dimensioni significative (attivo totale superiore a 300 miliardi di euro e quota di mercato dei prestiti vicina a quella di UniCredit) e una presenza geografica concentrata nelle regioni più ricche d'Italia.

Molteplici i fattori a sostegno dell'operazione, a cominciare dal fatto che il portafoglio prestiti dell'istituto di Piazza Meda è orientato verso la clientela aziendale, mentre quello di Crédit Agricole Italia è più orientato verso la clientela retail. Infatti, a differenza dell'operazione Banca MPS-Mediobanca, entrambi i gruppi operano come banche universali, offrendo servizi completi e complementari nei settori bancario, della gestione patrimoniale e assicurativo. Le reti di filiali di Banco BPM e Crédit Agricole Italia si sovrappongono in Lombardia, Veneto, Toscana e Sicilia, offrendo un potenziale di riduzione dei costi, anche se entrambe le banche hanno già razionalizzato la loro presenza fisica: -38% per Banco BPM, -30% per Crédit Agricole tra il 2017 e il 2024.

L’agenzia evidenzia poi che le due realtà hanno una joint venture nel settore delle assicurazioni danni e del credito al consumo e Crédit Agricole detiene oltre il 60% in entrambi i casi. Infine, un altro punto di forza riguarda il fatto che l'accordo potrebbe essere strutturato come una fusione amichevole, il che ridurrebbe (ma non eliminerebbe) il rischio di esecuzione.

UniCredit

UniCredit ha diffuso risultati record nel terzo trimestre 2025 con un utile netto di 2,6 miliardi di euro, in crescita del 4,7% anno su anno, e un EPS pari a 1,71 euro (+8,6%). I ricavi complessivi sono cresciuti dell’1,2% a circa 6,1 miliardi, mentre il margine di interesse è sceso del 5,4% a circa 3,4 miliardi. La banca di Piazza Gae Aulenti ha confermato la guidance per il 2025: un utile netto di circa 10,5 miliardi, con la distribuzione agli azionisti stimata in almeno 9,5 miliardi. Nel medio termine resta confermato l’obiettivo di un utile netto superiore a 11 miliardi nel 2027 e un RoTE oltre il 20%.

Un’idea che sarebbe in una “fase più che avanzata”. Con queste parole, La Repubblica racconta di una discussione fatta ieri tra i manager di UniCredit su un possibile appello da presentare al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar sul golden power che aveva stoppato la scalata della banca milanese a Banco Bpm. Addirittura, sul tema si sarebbe svolto un consiglio di amministrazione, anche se non sono arrivate confermate da Piazza Gae Aulenti.

Con quella sentenza, arrivata lo scorso 12 luglio, i giudici accolsero solo parzialmente il ricorso presentato da UniCredit contro le prescrizioni imposte dal governo, annullandone solo due su quattro. Quelle accolte riguardavano l’arco temporale di 5 anni del divieto di ridurre il rapporto tra finanziamenti e depositi praticato da Banco BPM e UniCredit in Italia, mentre la seconda si riferiva all’obbligo di mantenere il livello del portafoglio di project finance.

Il ricorso, secondo il quotidiano, dovrebbe concentrarsi su una delle due non accolte, ovvero l’uscita dalla Russia, con l’obiettivo di rimuovere questo vincolo in linea con la posizione che la banca sostiene da mesi ossia che solo il Cremlino può decidere tempi e modi di uscita dalla Russia. Per il governo, conclude La Repubblica, si aprirebbe così un altro fronte, in quanto la Commissione europea dovrebbe decidere a giorni sugli eccessi del golden power dell’esecutivo nei confronti di UniCredit.

In Germania, intanto, la scalata silenziosa di UniCredit in Commerzbank è arrivata a un nuovo punto di svolta: il gruppo guidato da Andrea Orcel detiene oggi circa il 26% dei diritti di voto nella banca tedesca, dopo aver convertito una parte consistente delle posizioni derivate in azioni fisiche. L’obiettivo dichiarato è spingersi fino al 29% circa, restando sotto la soglia del 30% che obbligherebbe a un’offerta pubblica d’acquisto.

Sul fronte regolamentare, UniCredit ha ottenuto via libera dalla Bce e dalle autorità tedesche della concorrenza, ma lo scenario resta tutt’altro che lineare. Il governo di Berlino ha ribadito la sua opposizione, definendo “sconnesso e ostile” l’approccio del gruppo italiano e chiarendo che non intende cedere ulteriori quote della banca simbolo del credito tedesco. Il management della banca tedesca ha ribadito la difesa dell’indipendenza e anche i sindacati di Commerzbank hanno espresso forte preoccupazione a Bruxelles, paventando rischi occupazionali e dubbi sulla reale sostenibilità industriale di un’eventuale fusione.

Il Ceo di Unicredit non ha escluso la possibilità di un’offerta pubblica di acquisto ostile, qualora lo scenario lo imponesse. “Abbiamo speso miliardi per costruire la nostra quota e questo ci conferisce diritti. Se le cose non vanno bene, bisogna agire per cambiarle”, ha spiegato Orcel, lasciando aperta l’ipotesi di chiedere un seggio nel consiglio di sorveglianza.

Rispondendo alle critiche della Ceo di Commerzbank, Bettina Orlopp, Orcel ha chiarito che la presenza di un rappresentante UniCredit nel board non configurerebbe un conflitto di interessi, grazie alle regole di governance vigenti in Germania.

L’integrazione di Commerzbank con la controllata bavarese HypoVereinsbank, controllata di UniCredit, resta lo scenario preferito da Orcel, che insiste sui possibili benefici occupazionali: “Se Commerzbank resterà indipendente, nei prossimi cinque-sette anni dovrà probabilmente tagliare più posti di lavoro rispetto a un’eventuale acquisizione”.

Il Ceo ha ribadito che l’operazione mira a rafforzare i ricavi più che a ridurre i costi, con l’intenzione di preservare e potenziare la rete territoriale della banca tedesca. Per ora, Unicredit è “esattamente dove vuole essere” e procede con calma. “Nessuno sa davvero quale sia il piano, ma questo non significa che non ci sia. Perché noi abbiamo un piano”, ha detto Orcel.

Cosa pensano gli analisti sulle quattro banche

La view degli analisti sui quattro titoli sottostanti si conferma complessivamente positiva, rafforzando ulteriormente le prospettive favorevoli per il prodotto.

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Bper Banca è monitorato da 13 analisti: sono 12 le raccomandazioni di acquisto (buy), 1 esperto dice di mantenere le azioni in portafoglio (hold) e nessuno consiglia di vendere (sell). Il target price medio è pari a 11,91 euro, che implica un potenziale upside del 14% rispetto alla quotazione attuale a Piazza Affari.

Situazione più neutrale per Banco BPM, che è seguito 18 analisti: 5 buy, 10 hold e 3 sell. Il prezzo obiettivo medio è di 13,05 euro, che implica una crescita potenziale del 1% rispetto al valore attuale a Piazza Affari.

Su Banca MPS, tra i 12 analisti che monitorano il titolo, 9 consigliano buy, 3 suggeriscono hold e nessuno sell. Il target price medio è di 9,60 euro, che implica un upside potenziale del 10% rispetto alla quotazione attuale a Piazza Affari.

Infine, UniCredit è seguito da 24 analisi: 14 consigliano buy, 7 suggeriscono hold e 3 sell. Il target price medio è di 71,35 euro, che implica un upside potenziale dell'11% rispetto ai valori correnti del titolo a Piazza Affari.

La combinazione tra distanza dalle barriere e prospettive positive degli analisti dovrebbe offrire una cornice di relativa tranquillità per gli investitori che valutano l'acquisto del certificate.

Attenzione: Il Certificate DE000VH3LSZ5 è soggetto ad un livello di rischio pari a 6 su una scala da 1 a 7.

Ricordiamo che investire in certificati espone l’investitore al rischio fallimento dell’emittente e a quello di azzeramento di un sottostante, casi che possono comportare la perdita dell’intero investimento.
Vontobel gode di un buon rating:

  • Aa3 da parte di Moody's

I potenziali rendimenti indicati sono sempre al lordo della tassazione.
Prima di ogni investimento leggere sempre tutti i documenti scaricabili dalla pagina del prodotto dell’emittente.

Fucina del Tag è un partner marketing di Vontobel

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